La crisi economica e, più in generale, quella della scuola e della cultura infligge un duro colpo all’ Università italiana. Gli iscritti calano annualmente; quest’anno abbiamo 78mila iscritti in meno ; tante sono le lettere che arrivano ai rettori dalle famiglie che non ce la fanno a sostenere la spesa: dato preoccupante, se si pensa che le borse di studio per i meno abbienti si sono visibilmente ridotte. Nonostante la riforma universitaria con il tre più due, l’università è in declino, non solo per il calo di iscritti, ma per la qualità dell’insegnamento. A questo si aggiunga che il numero chiuso è stato esteso a molte facoltà, e questo è un deterrente per quegli studenti (la maggioranza) che esce mal preparata dalle Superiori.
Una crisi profonda valoriale e culturale ci attraversa, e il mondo dei giovani volge sempre più prepotentemente verso una dimensione nichilista , come avverte il filosofo Galimberti, nel noto saggio L’ospite inquietante . Il nichilismo. Un saggio non solo per gli esperti di filosofia, ma per chiunque sia sensibile alle dinamiche giovanili. In primis, dovrebbero leggerlo gli insegnanti, perché, se decresce la fiducia nella cultura, la responsabilità è anche di chi dovrebbe esserne depositario. Vedremo nel testo di Galimberti insegnanti svogliati, nichilisti esse stessi, nel senso deteriore, poco motivati, insieme ad alunni ciondolanti per i corridoi delle scuole; ma quel che più mi pare grave nella scuola e nell’università è lo scollamento tra ideale e reale. Così sentiremo tuonare le aule del Classico del coraggio di Pelopida, del genio di Cesare, delle virtus di catone l’Uticense, sentiremo professori denigrare la codardia di don Abbondio o l’indolenza degli ignavi danteschi, mentre molti di loro sono pronti a salire sul carro del vincitore dimenticando un prerogativa della missione educativa , che consiste nella difesa del debole e del diverso. Senza troppo insistere in questa percezione che ho della scuola, in quanto docente, dico che, se l’Università non raccoglie più gli antichi consensi, questo avviene per responsabilità di una scuola assente sul piano umano e culturale.
Le responsabilità risalgono al Ministero che ha tagliuzzato la scuola, sottraendo ore importanti e formative, come quelle di Storia dell’Arte ed ora di Filosofia. Sfido poi io gli alunni a iscriversi all’Università, senza aver adeguatamente coltivato quella disciplina che più di tutte favorisce lo spirito critico, gettando un ponte tra i saperi e i linguaggi. Dove andremo a finire con uno Stato che bandisce i filosofi? I periodi più bui della storia sono quelli in cui la filosofia fu esiliata, e pensiamo alla debolezza della cultura romana prima dell’introduzione della filosofia nel II sec. a. C. Tant’è che si parla di rivoluzione culturale proprio con l’introduzione di questa discipline a Roma. Pensiamo invece alla grandezza della Grecia democratica che coincide con l’elogio della filosofia, di Platone in primis, il divino filosofo discepolo di Socrate , il Tafano di Atene. Se oggi c’è questo vistoso calo degli iscritti è perché alla crisi economica si aggiunge la sfiducia nel valore della preparazione culturale, e il Ministero avvalla tale tesi bandendo la disciplina della sophìa( sapienza). Domandone: che fine fanno tutti questi giovani che non si iscrivono all’Università? Considerata la crisi e l’alto tasso di disoccupazione mai raggiunto prima, è difficile che trovino un lavoro; se ne staranno a coltivare il loro nichilismo nei bar di mattina, nelle discoteche di notte, mettendo a repentaglio la loro vita.
Ecco perché l’ Università Bicocca si è messa a disposizione dei genitori preoccupati per il destino dei figli, sdraiati, come nel bellissimo libro di Michele Serra.