Siamo quelli che siamo. E’ vero ma non è vero. Siamo sopratutto quello che riusciamo a diventare. E non parlo di targhe sul proprio campanello come “dott.. arch.. ing.. ufficiale, etc.”. Parlo di modi di essere e qualità coltivate nelle quali non ci si nasce eccellenti ma per cui ci si arriva con fatica. Diventiamo meglio di quello che siamo. Portandoci appresso vizi e incapacità insormontabili, difetti, di sempre. Per far accorgere e sorprendere le persone che vogliono vedere il buono in noi. Sì, diventiamo. Come?
Partirei dal perché prima. E il desiderio di piacere ed essere apprezzati, fors’anche amati, può essere un incentivo. O forse perché davanti allo specchio della coscienza non ci piacciamo più. Questi perché portano al come. Sia per noi, che per altri, diventiamo già essendo: miglioriamo. Ecco la grande differenza tra chi è e chi diventa continuamente: essere in grado di mettersi in discussione con gli occhi degli altri, con le ferite ricevute dagli altri su parole dure dette per il nostro bene, o pensare che siamo così, in quel modo lì, e chi ci vuole ci deve accettare, o noi stessi dobbiamo farlo. Lo specchio della coscienza tacerà per sempre? Troveremo qualcuno disposto a passare sopra tutto quanto quello che siamo? Alcune cose sono molto profonde in noi da sradicare. Difficile a volte promettere, illudersi, o soltanto sperare che quelle radici salteranno fuori. Però è giusto aspettarsi che qualcosa del genere accada nella quantità, in un contesto ampio di rivalutazione di se stessi, come premio a fronte degli sforzi compiuti per diventare, già essendo, persone ancora migliori. Possibile che l’impossibile sia possibile? A onor del vero, no. Ma se sbagli nel giudicare una cosa che sembra impossibile, forse sì. A volte ci si rende tristi nel pensare ai propri limiti. Vizi, incapacità, sbagli ricorrenti. Difetti macroscopici. Eppure si può andare oltre, spingere i limiti oltre, e fare quello che ci stiamo chiedendo per crescere e maturare.