Dove le troviamo mani ferme per amare, occhi per capire il silenzio, occhi per spogliarci dell´orgoglio e vergogna, dove li poseremo i sogni scuciti a lungo cuciti nelle notti stellate d´Estate. Con che voce parleremo se mai ci incontreremo, e l´aria si fará un giro sui tuoi volant ancora di primavera e io con l´inverno nel cuore. Che strade faremo per scappare, ognuno con la sua mappa e la stessa paura di perdersi, che gente ci fermerá che indicazioni prenderemo, per quanto tempo staremo ad aspettare il colore giusto di un semaforo, l´approvazione di qualcuno, il buon auspicio, ad aspettare il momento giusto, che pensiamo sia giusto e solo la storia ci convincerá o ci dará smentite. E chi le prenderá quelle eccedenze, sai quando ti siedi e hai un bel sorriso che condividi con un accidenti di stanza vuota e poi chi si piegherá a quelle mancanze per tirarti su quando pensi che non meriti altro se non la solitudine. Chi li gestirá quegli esuberi improvvisi e il perdersi in un baleno, quella convinzione pronta a crollare davanti alle tue, pronta a patteggiare a ritirarsi a diventare una cosa unica.
Chi saremo quando ci scambieremo le notizie di vite giá fatte, consumate e egoisticamente proprie. A che posto metteremo i rimpianti, perché non é come posare la conserva nello scaffale, saranno vicini come monito, come inevitabile conseguenza di aver vissuto insieme, o lontani il tanto che serve per non soffrire?
Se si potesse poi incrociarsi senza ricordare, con la leggerezza della prima volta e l´importanza dell´ultima. Si potesse sentire fuori quello che abbiamo sepolto e calpestato e pigiato a lungo sulla polvere dentro mentre andavamo via. A chi crederemo quando il cuore e l´anima e la testa e le fotografie e la calligrafia e le mille altre cose cominceranno a parlare di te , di me. A cosa prendiamo il tempo per viverci, a che patti scenderemo pur di non bussarci piú alle porte del cuore. Cosa eviteremo come una corsa ad ostacoli pur di non non considerarci possibili, pur di non riprenderci piú. Indugeremo con lo sguardo come si fa nei musei con una bella opera che ti attrae da lontano, cosí gli occhi scivoleranno sui dettagli di destini incrociati, di storie consunte e troppo pesanti per volare, di strappi e porte sbattute, di noi non all´altezza dei nostri sogni. E saremo lí a guardarci da fuori, con lo sguardo di chi ha sbagliato, di chi ha chiesto scusa ma ha pagato lo stesso a guardare cosa eravamo.
E nessuno ci toccherá, ci sposterá, nessuno ci cambierá di colore o ci convincerá di qualcosa nei ricordi. Saremo lí a recitare con assoluta sinceritá due parti diverse per un finale corto, d´effetto e da lunghi strascichi. Scomparirá la poesia, diventeremo brutti e goffi e non saremo piú invincibili. Ma se qualcosa é andato sprecato, nel ricordo resterá tutto necessario, fino al piú stupido degli errori, sará tutto piú umano, imperfetto ma vero. Qualcuno dice che il cuore te lo spezzano una volta sola il resto sono graffi. Questo pensiero non tiene conto della forza dell´uomo e della donna di raccogliere, ricomporre i pezzi e rimetterli al loro posto, qualunque cosa accada, qualunque cosa ancora ci aspetti.
Allora siamo lí, io e te, a contare i pezzi della disfatta e a rifare un muro bello alto nel cuore, com´é giusto che sia. Fino a che non saremo pronti a farci scheggiare di nuovo, per poco o per sempre, in quel posto lí sotto il petto che piú che una camera nascosta sembra una strada all´ora di punta, senza speranza di guarire mai del tutto dai ricordi. Ora bruciamo le energie per muovere il traffico, per mandare tutti a casa, lí dentro e tirare le tende a una primavera senza implicazioni, senza passati, senza obblighi: vivere.