Sandra balla sulle mattonelle della cucina con la musica di sottofondo. Mentre la sera va a dormire e dovrebbe occuparsi della cena per la sua famiglia che è solo lei. Sandra pensa che un giorno Dio cambierà le cose e che non sarà troppo sola. Che non soffrirà più di questa maledetta depressione o chissà che altro, che le toglie i sorrisi. Sandra sa che sarà sempre una lotta come ora. Per mettere il piede giù dal letto. Per tornare nel letto. Ogni maledetto giorno benedetto. E grida alle mattonelle come se fossero compagne di sventura mentre il mondo le gira. E’ stata lasciata troppe volte per ricordare la gioia di essere presa. Per bene. Per davvero. Ricorda il sapore delle lacrime, quelle che poi le maniche prendono. E di vestiti sanno. Di storie mai iniziate, sogni mai partiti dalla base. Non si può vivere sempre dentro una cucina.
Sandra non hai mai messo la ciliegina in alto sulla panna. E si sente arrivata e finita nel nulla. Un binario morto. Non vede più, non vuole vedere la gioia che c’è intorno. Vuole solo subire. Non vuole dimenticare i dolori perché non lo sa fare. Regina solo della sua cucina che può assistere ai suoi show. Cos’è che il mondo non ti ha dato? Se ci pensi la risposta non la trovi. Perché sulla carta potresti avere quasi tutto, ma di fatto non è così. Eppure così persa non si è sentita mai, nei divani dei clienti, sui marciapiedi, al mercato, dal parrucchiere, con le amiche. Quella paura di trovarsi sola tutta la vita. Non avere chi ti cambi la lampadina e ti raccolga i capelli un martedì sera. Aprire la cassetta della posta e non trovare solo buste di cose da pagare, magari una lettera profumata. Come si usava una volta prima di Facevo. La paura di non essere trovata. Con dolcezza.
Sandra si arrende al silenzio della luce dell’alba. Dorme un pochino e poi la sveglia fa il suo dovere. Un altro giorno di insensato lavoro che le porterà via solo tutto il tempo. E gli amici che lasciano i messaggi in segreteria…Quello che resterà sarà solo per i silenzi, e la frenesia tra i semafori prima di casa. Credere a troppe cose porta a non credere più a niente. Neanche alla realtà. La realtà ti porta via la vita e non ti accorgi. Te la strappa a brandelli, a colpi secchi. E tutti ti guardano inermi, perché rimane tua e non ci possono far nulla. E gli spazi intorno a te si consumano coi movimenti bruschi. Le sere diventano lunghissime e aspettano una virgola di diverso che non arriva. Ho conosciuto Sandra mentre allargava le braccia per aprire la finestra della cucina. Mi ha colpito il viso così bianco e gli occhi chiari. Sembravano messi lì da Dio in persona quanto erano belli. L’ho salutata e qualche giorno dopo sono tornato a chiederle dello zucchero per una fantomatica torta che stavo facendo. Si trascinava. Ma uscì un sorriso dalle labbra serrate. Forse avevo trovato lo scopo della mia esistenza. Portare il sorriso dove non c’era.
Sandra balla sulle mattonelle della cucina con la musica di sottofondo. Io sono con lei, di sottofondo. La faccio girare. Certo, a volte devo seguire i suoi stati d’animo oscuri e cercare di portare un po’ di bene lì dove non c’è. A volte devo solo stare in silenzio e prenderle le mani per dirle: ci sono. E ricordarle di non arrendersi. Aprire le notti come una coperta per proteggerci dal resto. Ma abbiamo trovato la nostra isola felice. Ho scoperto che la bellezza è resa perfetta nell’imperfezione e che amare davvero significa prendersi cura di quello che c’è dietro un sorriso o un pianto. Scomparire nei suoi occhi non ha prezzo. Stringermi a lei non ha prezzo. Spesso torno a casa sua a chiederle zucchero per una fantomatica torta che preparo. In realtà è solo per vederle brillare gli occhi e vederle dimenticare troppi passati. Un bacio. E via.