Voi volete cose reali. Voi volete leggere cose vere, non vi piacciono le storie. Sì, vi piacciono, un poco. Un poco. Ma poi vi stancano. Per rimanere svegli dovete credere. Non sognare.
Vi piace sapere cosa succede alle persone, alla loro famiglia. Non spostate il cartello “do not disturb”dalla porta. Non volete sapere chi sono. Non volete incrociarli per strada e fermarli e dire qualcosa che abbia un senso. Vi basta sapere le cadute, le contate. Le disgrazie, le vicende, le piccole improvvise fortune. Volete sapere. Ma non imparare da loro. Da nessuno. Perché ognuno cade a modo suo. Le risposte valgono solo le trovi da solo. Solo se ti scortichi abbastanza, solo se le unghie le tiri fuori abbastanza.
Sapete per esempio qual è il modo migliore per infilarsi in una delusione? Una qualunque. Io sto cercando ancora di impararlo per non usarlo la prossima volta. Ma da me. E se me lo dici con tutta probabilità non ti starò ad ascoltare davvero.
C’è che sta finendo la voglia per i sogni. E la fame per il reale, per la concretezza sta mangiando noi. Notiziari, show, film più sono repliche fedeli della vita cattiva e spietata più ci fanno contenti. Perché non esiste più altro. Perché per credere alle cose più belle ci vuole più coraggio che una volta.
Leggete la mia storia e pensate subito a voi. A cosa avreste fatto e detto. Quella porta l’avreste sbattuta, oppure no. E la storia diventa più importante di me. Allora succede che nemmeno io voglio dire più chi sono, io. E poi tutti dopo tutti. Perché si dovrebbe? Per distrarsi ci sono le storie quasi vere. C’è da curare il proprio giardino che arriva primavera e da fare le prime vacanze. Da pensare alla casa, al prossimo modello di auto, ci sono i trimestrali in azienda.
Leggete la vostra storia e non vi piace più. Ha tutto. E la strappate. Come se bastasse. Un motivo in più per non raccontarla. Guardate con sospetto e superiorità. E siete impassibili ai sorrisi. Alle cose che non sono vostre. Alla gente che arriva da un paese diverso. Ai bambini degli altri. A quelli che vivono più incasinati. Ma siete amici di tutti. Se la carità funziona ancora bene la domenica mattina in chiesa.
Avete paura a dare il nome alle cose, tutte le cose. Perché alcune tornano indietro da sole e fanno male.
Io, io non lo so se a sera il sospiro vi faccia uscire tutto. Forse, forse no.
Senza coscienza, senza regole niente vi ucciderà perché siete i più forti. Se non voi stessi. Sentirsi nel punto più alto è essere a un passo dal più basso. Sentirsi arrivati è come piegarsi.
Ognuno cade a modo suo. Se non ci si lagna ancora meglio. Ma quel che conta è come ci si rialza. Serve la propria storia, quella vera, e quella degli altri. Serve quello schifo di cinismo in meno. Serve sapere chi gli altri sono davvero. Credere alle cose belle insieme a loro.
Un attimo prima di conoscerti credevo di averti già conosciuta. Un attimo dopo ho capito che non sarebbe bastata una vita.