Benvenuti al secondo dei nostri appuntamenti con il corso di scrittura creativa. In questo articolo ci occuperemo delle parole. Dire che queste sono il mattone fondamentale per lo scrittore creativo sembra cosa lapalissiana e forse lo è per davvero. Affermare che le parole per chi scrive sono ciò che il marmo è per lo scrittore appare addirittura ampolloso. Tuttavia, non è scopo di questi articoli affermare cose banali ma di accendere un riflettore su quelli che sono gli elementi e le tecniche fondamentali dalle quali è impossibile prescindere quando ci si accosta alla narrazione. Lo scrittore creativo deve avere un approccio molto rigoroso alle parole che intende usare. Un tale approccio passa attraverso tre fasi successive, ben delineate:
a) selezione b) ordinamento c) descrizione.
Perché c’è necessità di tanto rigore? Perché non è possibile affidarsi all’istinto o semplicemente usare le prime parole che ci vengono in mente? Nella struttura lessicale, la parola è la minima unità portatrice di significato. Ma solo nella relazione stretta, quasi osmotica, con altre parole essa acquista un significato. Questo è, come vedremo, estremamente variabile in ragione ad altri elementi come l’insieme delle altre parole che la precedono o la seguono nella frase ma anche in relazione a parole non citate direttamente nel testo che però conservano un legame (semantico, di assonanza, di rima, di contesto ecc.) fra loro. Bisogna pensare alle parole come ad entità viventi fra le quali esistono vere e proprie relazioni dotate di una reciprocità sorprendente. Infatti, oltre al senso di base, che poi è il significato principale, comunemente accettato, ciascuna parola possiede altri significati. Il “senso” di ogni parola è qualcosa di estremamente complesso: è il risultato di un’alchimia di fattori.
Innanzitutto ogni parola possiede un senso contestuale, dipendente cioè dal contesto linguistico in cui è inserita. Ad esempio, la parola “operazione” implica, nel suo senso di base, un significato di operare ed agire. Tuttavia, inserita in un contesto, essa assume significati molto diversi tra loro che possono essere specificati da un attributo: operazione matematica, militare, chirurgica, eccetera. Si noti che, per ciascun significato, la parola “operazione” intrattiene relazioni con altre parole delle quali può apparire come un sinonimo. Per l’esempio citato avremo rispettivamente: calcolo, sortita, intervento. Tuttavia queste parole non sono equivalenti ad “operazione”. Nessuna di esse contiene in sé il significato base di operare, agire. Quando uno scrittore si accinge a comporre uno scritto, implicitamente o esplicitamente, esegue una selezione delle parole che egli ritiene più adatte. In questa selezione non può non tener conto di tutti i significati di ciascuna parola, nonché delle relazioni che ciascuna di esse intrattiene con tutte le altre. Tali relazioni dipendono notevolmente dall’ordinamento che viene dato alle parole, alla costruzione ed alla complessità delle preposizioni. Così come è indispensabile considerare il valore socio-contestuale di ciascuna parola, inteso come l’esplicitazione dei riferimenti extralinguistici come il luogo, il tempo, le circostanze in cui ha luogo l’espressione.
Anche in questo caso un esempio vale più di mille parole. Se un medico sta pronunciando la diagnosi di un paziente lo farà con parole diverse a seconda del contesto: se si trova in un consulto con suoi colleghi probabilmente userà un linguaggio specialistico, se sta tenendo una lezione universitaria userà termini didattici e frequenti definizioni, se sta parlando con i familiari del paziente, userà ancora parole diverse, probabilmente più semplici. È infatti naturale che le parole evochino un ambiente, un tempo, un contesto particolare. Se stiamo leggendo un racconto ambientato in un monastero medievale, rimarremmo come minimo basiti se i dialoghi fra i monaci avvenissero nello slang dei rappers di Los Angeles anche se sappiamo benissimo che nella realtà quei monaci usavano il latino o il volgare per esprimersi e il semplice fatto che nel romanzo parlino in italiano o in inglese fa parte della finzione. Ciò nonostante le parole di quei dialoghi andranno scelte con molta attenzione proprio nell’ottica di realizzare la sospensione dell’incredulità del lettore, ovvero la sospensione delle capacità critiche, il volersi abbandonare alla finzione del romanzo. Un linguaggio inopportuno crea distacco fra il lettore e la finzione e questo scarso coinvolgimento finisce con l’essere un serio ostacolo all’efficacia dello scritto. Infine, nella carrellata sui possibili significati della parola, non ci resta che citare l’aspetto più importante per un narratore e cioè il valore espressivo della parola. Il narratore usa le parole per mostrare, non per dire: in altri termini, il potere della scrittura creativa risiede nella capacità di utilizzare combinazioni di parole che producano un effetto vivido, vitale, descrittivo. Questo effetto si ottiene mediante associazioni di tipo metaforico e sempre ponendo molta attenzione alla corretta selezione ed ordinamento delle parole. Si consideri ad esempio la frase:
Si può ridurre fisiologicamente l’animo a una matassa di vibrazioni… (Antonin Artaud)
E si osservi l’utilizzo della parola “matassa”: è ovvio che il significato di questa parola va ben oltre la definizione da dizionario, non può prescindere dalla vicinanza con le parole “animo” e “vibrazioni”, di chiara accezione astratta. Accostate poi all’avverbio “fisiologicamente”, che determina invece una qualità fisica, costitutiva per quella impalpabile matassa di vibrazioni, producono un’immagine estremamente efficace: l’accurata selezione di queste parole e non di altre e la particolare costruzione della frase consente di ottenere un notevole effetto metaforico che rende viva l’espressione. Lo scrittore principiante tende a sottovalutare molto l’importanza di selezionare le parole giuste in base al contesto narrativo ed all’effetto che sta tentando di ottenere.
Esistono regole-guida che possono aiutarci nel difficile compito di scegliere le parole giuste? Ce ne occuperemo in questa nuova puntata del corso di scrittura creativa. Indubbiamente buona parte di questo processo è da demandare all’esperienza e non può essere sostituita da una regola, tuttavia è possibile dare alcune linee guida che possono indirizzare correttamente. In generale, le parole candidate alla selezione sono quelle che mostrano di più. Se pensiamo ai nomi, è necessario sempre privilegiare il particolare in favore del generico. Serpente, ad esempio, è più evocativo del generico “rettile” e, a meno che non vi siano particolari esigenze di tenersi sul generico, è senz’altro da preferire. Meglio ancora è specificare: serpente a sonagli, crotalo, black mamba: perché essere generici quando è possibile dare un’immagine esotica ed evocativa? Un’altra regola comunemente accettata, riguarda i nomi collettivi. Evitarli è quasi sempre una scelta di buon senso poiché i gruppi di persone sono difficilmente immaginabili ed è meglio descrivere, mostrare nel dettaglio i singoli individui anziché trattarli come un unico agglomerato. Ad esempio, affermare in un testo creativo: “la folla ruggì” evoca ben poche immagini. Senz’altro è da preferire un elenco che mostri le qualità di quella folla, di cosa è composta: “mani, gambe in movimento convulso osservavano il campo da gioco e poi tutte le bocche, le gole e le lingue, come se fossero una cosa sola emisero un boato smisurato”. Il voler essere brevi laddove invece è importante evocare e descrivere è un altro errore commesso da tanti principianti. Cosa dire dei verbi? Anche per questi la regola generale è di essere specifici e di preferire il termine particolare ed evocativo rispetto a quello generico e vago. In italiano i verbi essere, stare e fare sono ad esempio da evitare. Dire che “lei era infelice” può essere un’informazione preziosissima ma che immagine ci produce? Si tratta senza dubbio di una notizia ma da scrittori creativi dobbiamo preoccuparci di evocare immagini non di essere concisi. “Lei era stata innamorata ma, a un certo punto della sua vita, quel sentimento semplicemente era svanito ed era stato sostituito dal freddo e, col freddo, era arrivato l’inverno per il suo animo”. L’importante è non temere di dilungarsi un po’ se il risultato è più vivido ed evocativo, magari aiutandosi con gli aggettivi, anche questi selezionati in modo da essere il più possibile specifici.
Infine, può essere utile ricordare alcuni errori da evitare nella scelta delle parole:
1) Evitare le frasi monotone. Frasi troppo lunghe o periodi troppo elementari o ripetuti.
2) Per quanto possibile, tenere sempre uniti soggetto e verbo. Non avventurarsi in costruzioni funamboliche derivanti dal seguire il proprio flusso di pensieri e che risultano spesso di difficile comprensione.
3) Prestare attenzione alla posizione degli avverbi all’interno della frase. In genere il posto più giusto è all’inizio o alla fine della frase ma è possibile adottare costruzioni più ardite con molta attenzione a non spezzare la frase in frammenti non autoconsistenti.
4) Fare attenzione alle ripetizioni ed alle assonanze. Queste sono chiaro sintomo di inesperienza e vanno evitate il più possibile.
5) La grammatica non è opzionale: deve essere seguita pedissequamente senza eccezioni. Le regole grammaticali possono in alcuni casi essere infrante ma sempre con esperienza e per ottenere effetti non altrimenti raggiungibili. 6) Evitare frasi dal significato poco chiaro. Chi legge una storia non è lì per decifrare i nostri periodi contorti. Essere vividi nella scrittura non significa essere contorti o ermetici.
7) Pratica, pratica pratica: scrivere è la miglior palestra dello scrivere.
Alla prossima settimana con una nuova puntata del nostro corso di scrittura creativa! Per leggere tutte le puntate passate clicca qui.