Benvenuti a una nuova puntata del nostro Corso di scrittura creativa online. Cos’è che distingue i narratori fra loro? Cosa li rende riconoscibili al loro pubblico e avversi ai loro detrattori?
In questa puntata del nostro corso di scrittura creativa affronteremo la problematica dello stile. Esso viene comunemente indicato come il tratto distintivo della prosa di un autore ed è un elemento di coerenza e consistenza che mette a fattor comune tutto ciò che quell’autore scrive, ha scritto e scriverà. È un elemento indipendente dalla trama e dal genere letterario che si affronta e riguarda l’identità stessa dell’autore, la società cui egli appartiene, i valori in cui crede, siano questi positivi o negativi. Sia che ce ne si renda conto o meno, lo stile è un’impronta digitale di ogni scrittore tant’è che, partendo da un testo, è sempre possibile risalire, con un margine di errore ridottissimo, al suo autore. Il nostro stile come autori è pertanto fortemente influenzato da ciò che siamo, dalle nostre letture, dal nostro stile di vita, dalla visione del mondo che decidiamo di adottare o che ereditiamo dalla società e dall’ambiente in cui viviamo. È un qualcosa che nasce e cresce con noi, sempre diverso e in divenire, esattamente come le nostre passioni ed il nostro vissuto!
Come creare il proprio stile? Il nostro corso di scrittura creativa online risponde
Quando si parla di stile molti autori storcono il naso ritenendo si tratti di un qualcosa che è possibile manipolare in modo artificiale. Non è la nostra opinione: lo stile può senz’altro essere falsificato ma il risultato finale risulterà artificioso, non omogeneo e inconsistente. Il punto della faccenda è che si scrive come si è. I lettori dimostrano di ricercare l’onestà in un autore; se pertanto desiderate catturarli nella rete del vostro intreccio narrativo, dovete farlo basandovi sulle vostre capacità e non creando uno stile artificioso che peraltro non potrete mantenere costante nell’arco dell’intera narrazione. Gli scaffali delle librerie sono pieni di brutti libri dallo stile fasullo, il risultato finale è la delusione dei lettori ed il progressivo disaffezionamento che ne deriva. Il narratore, da artefice dell’opera, ha quindi l’obbligo formativo di perfezionare un proprio stile personale. Il che non significa affatto che debba risultare originale a tutti i costi: chiunque trae ispirazione dai propri autori preferiti e, in un certo modo, ne assimila lo stile e cerca, seppur inconsciamente, di replicarlo. Piuttosto, attraverso una formazione che ricorda quella, culturale, che ha luogo in una scuola, l’autore sviluppa il proprio stile partendo dalle influenze, dagli autori preferiti, dai suoi modelli, aggiungendovi le sue peculiarità, la sua unicità come individuo e la sintesi del proprio vissuto in un mix che, seppur non inedito al cento per cento, è unico.
Oltre questi elementi “di carattere”, il narratore può agire su altri aspetti, senza tuttavia stravolgere quello che è il proprio stile.Tali elementi, ai quali è importante porre una certa attenzione durante la stesura di un romanzo, sono il registro, i periodi e il tono. Quando parliamo di registro intendiamo qui la specifica varietà della lingua che intendiamo utilizzare. Tale varietà rappresenta una scelta qualitativa che va accordata al tema che stiamo sviluppando e va mantenuta con coerenza in tutto l’arco dell’opera. Va da sé che uno stile evocativo, aulico e forbito, ad esempio, non si adatti a tutti i tipi di storia. Così come uno stile informale o uno slang da strada non vadano d’accordo con altre ambientazioni e trame. La verifica della consistenza del registro linguistico in tutto l’arco della storia viene effettuata in fase di editing. Come vedremo in un prossimo articolo, questa fase è molto delicata e spesso viene affidata a professionisti competenti che hanno letto centinaia (se non migliaia) di libri e sanno cogliere e correggere le benché minime sfumature di registro. Un registro variabile infatti è sempre sintomo di approssimazione e lascia il lettore in cattive acque ad elevato rischio noia. Rischio che, da autori, non possiamo mai permetterci il lusso di correre.
Il secondo punto stilistico sul quale è possibile agire, è quello sintattico dei periodi. Un autore dispone di un’ampia scelta del tipo di periodo che vuole adoperare. In particolare, può decidere di adoperare solo proposizioni principali, ovvero privilegiare periodi più lunghi in cui le varie proposizioni hanno fra loro una relazione di coordinazione o, in alternativa, di subordinazione. La prima scelta, ossia quella di adoperare in massima parte proposizioni principali, è una scelta banale. In pratica, questa si traduce nell’adoperare esclusivamente frasi monoverbo. La narrazione risulta molto semplice e frammentata. È uno stile adatto ai libri per bambini, anche se recentemente viene usato anche da alcuni autori di indubbia fama ma che spesso vengono criticati proprio a causa dei loro periodi troppo elementari. Non mancano le eccezioni, come nella prosa elegante di Ernest Hemingway che ne faceva largo utilizzo.
La scelta del periodo articolato con proposizioni subordinate (ipotassi), richiede invece l’utilizzo di congiunzioni che leghino le proposizioni subordinate in una serie di dipendenze fra loro e poi, una di queste subordinate, direttamente alla principale. Il periodo che fa uso di subordinate è dotato di una certa complessità che aumenta in modo esponenziale man mano che il periodo stesso diventa più lungo, ossia man mano che si arricchisce con nuovi predicati. Il risultato finale può risultare contorto e poco comprensibile, specie se l’autore non pone sufficiente attenzione nel curare e definire con chiarezza le relazioni di subordinazione fra le proposizioni e, fra queste e la principale; anche se si fa un largo uso (molto in voga in certa narrativa contemporanea) di predicati e soggetti sottintesi si corre il rischio di far “perdere il filo” al lettore, il che non è mai consigliabile. La ricchezza espressiva del periodo con subordinate però rappresenta un premio edificante per molti autori i quali pongono una cura maniacale nella strutturazione dei periodi e nella definizione ed ordinamento delle relazioni fra proposizioni. Il periodo ricco di subordinate è più adatto ai registri più aulici e ricercati, anche se è possibile trovarne esempi anche in registri più colloquiali e informali.
È infine possibile operare un’altra scelta, ossia quella che consiste nell’usare una serie di proposizioni coordinate (paratassi) fra loro mediante virgole o congiunzioni dette, appunto, coordinanti. In tal modo, l’autore elenca una serie di proposizioni che non sono legate da relazioni di subordinazione ma piuttosto coesistono tutte assieme sullo stesso piano logico. La grammatica italiana consente tutta una serie di possibili coordinazioni che è bene conoscere. Qui ci limitiamo a far notare che la coordinazione è una scelta stilistica possibile e che non bisogna mai confondere la semplicità con la banalità. La scelta di usare periodi coordinati è invece molto difficile poiché implica una sostanziale identità di importanza fra i contenuti delle proposizioni coordinate. Pertanto, è necessario un lungo lavoro linguistico per fare in modo che i propri periodi, sebbene semplici, risultino ugualmente vividi ed espressivi.
Infine abbiamo il tono. Questo può essere espresso mediante figure retoriche, punteggiatura, ecc. ed essenzialmente riguarda l’umore che vogliamo fornire al nostro testo. Una certa scena può essere narrata con tono drammatico o scherzoso, scegliendo opportunamente le parole, gli avverbi, il punto di vista e accordando il tutto con un registro opportuno. I libri di “Fantozzi” di Paolo Villaggio riescono ad ottenere una dirompente carica tragicomica proprio grazie ad un sapiente utilizzo della voce narrante e di un registro tragico, accoppiato però ad un tono comico. Questa alchimia, sebbene possa apparire semplice a posteriori è il frutto di un estenuante lavoro fatto proprio sul tono della narrazione. In particolare, adattando il testo scritto ad essere recitato in pubblico. Seguire questi pochi consigli può essere senz’altro utile, tuttavia lo scrittore in erba, che sa di non possedere ancora uno stile personale, può trovare più proficuo un altro consiglio. E cioè che lo stile nasce dalla formazione: bisogna leggere, leggere molto, specie gli autori che ispirano di più e sono più affini alle proprie inclinazioni. Quando si scrive, invece, essere onesti e scrivere come si è, senza sovrastrutture inutili e pretese che non si riescono a mantenere, è senz’altro la via più giusta verso lo sviluppo di uno stile proprio.
Alla prossima con l´ultimo articolo del nostro Corso di scrittura creativa online gratuito. Se vi siete persi le otto puntate precedenti le trovate nel nostro archivio.