Son stato in tanti abbracci. Sono un’esperienza unica che non si può paragonare. Ci sono cose che hanno il valore che gli dai, né piú né meno. E ci sono cose che restano, come se il tempo, i capovolgimenti di fronte, le distanze, le scelte diverse, non contino. Mi piace ricordare gli abbracci di una donna che non solo mi ha cambiato la vita ma me l’ha data. Perdonate la mancanza di originalità, certe cose son uguali un po’ per tutti. Fortunatamente. L’abbraccio di una madre è sempre stato, e sempre sarà, protezione. Una specie di fusibile che non si brucia mai. Quando una madre abbraccia diventa più forte del papà. Poi cresci e certi abbracci ti vogliono dire “cosa stai facendo? Non perderti” oppure “sono ancora qui“.
Ma chi se lo è mai sognato che tu non fossi qui. Forse sembrerà troppo, ma la madre c’è sempre. Quando ti arriva l’abbraccio grande come una casa a prendere tutto quello che sei torni semplicemente quello che per lei sei, ovvero un figlio. Smetti di essere operaio, padre, avvocato, studente, criminale, politico, nullafacente, medico. Smetti di essere quello che rappresenti e che sembri, ti alleggerisci dalla forma, dalle aspettative e obblighi, torni a essere sangue di quel sangue. E scopri che per qualcuno sei una gioia senza confini.
Quel silenzio, o le lacrime di un arrivederci, quel ridere forte, in un abbraccio in cucina tra sughi, mestoli e grembiule che sa di marsiglia. Una poesia in carne e ossa. Un gesto senza tempo, annulla-tempo. E nessuna donna ti abbraccerà mai così. E nessuna madre ti abbraccerà mai uguale. Ci sono abbracci sbadati, abbracci che vogliono possederti, abbracci che vogliono trattenerti, abbracci che vogliono amarti, che vogliono spegnere il tempo e accendere qualcosa che assomiglia ai sogni. Una madre abbraccia da madre, in quel momento dimentichi ogni altra forma di abbraccio. Tutta la cura, la protezione, il coraggio, la pazienza, l’amore incondizionato, la paura, confluiscono tra quelle braccia stanche e un’anima che forse non è mai pronta.
Esistono momenti della vita che vorresti ripetere, al rallentatore e sentirti come in quel momento cento altre volte. Cento altre di quelle volte in cui non puoi averli, viverli. L’abbraccio di una madre è anche questo. È un posto dove tornare ogni volta che ti senti smarrito per trovare chi crede in te, chi ti critica e ti consiglia e ti salva, un posto dove tornare per sentirsi parte del passato, di qualcosa di importante come la famiglia, un territorio piccolo che non si finisce mai di esplorare. È un posto dove puoi dire “casa”. Dove puoi perderti, dove puoi cercare. Gli abbracci che ti dicono di continuare, di cambiare, di perdonare, di fermarti, di ricominciare. Che ti dicono chi sei anche se hai sempre pensato di saperlo.
Una madre abbraccia che non vuole niente, niente altro se non la felicità dell’abbraccio e del figlio. E finisce, prima o poi finisce, ma ti continua nel cuore. E ti continua nel viaggio di ritorno, nei fogli di calendario strappati, nei giorni in cui ti senti piccolo e fragile e impotente. Quando tutto è troppo, quando tutto sembra finito. Prima o poi l’abbraccio di tua madre ti continua nel cuore. E non dovrai far altro che aprire le braccia ovunque tu sia, le braccia al cuore e stringere. Stringere e vivere.
A mia madre. Perché se io questo lo so, e lo so perfettamente, è solo grazie a lei.