Quando hai pensi a quel che non hai, quando non hai pensi a quel che hai avuto perché é piú vicino di quello che vorresti. E in questa folle ricerca, nei posti, nelle persone, nei pensieri spesso ci perdiamo il presente. Quando non abbiamo piú rimpiangiamo, il buco si allarga e malediciamo le cose, la vita intera e noi stessi, forse, per non aver vissuto tutto. Per aver tenuto le cose in compartimenti stagni diversi e non aver detto fino in fondo cosa pensavamo, per non aver riempito con qualcosa quando ancora si poteva quello che sarebbe diventata una voragine. Restano graffi sulla vita, smalto che si perde, notti piú fredde, visi troppo soli per essere presi. Troppo di nessuno per essere felici.
Camminando sul fango e sulle foglie rimaste ai piedi del bosco ho scritto pochi pensieri. Raccontano il pieno e il vuoto. Raccontano di dove ci siamo lasciati.
Tutto il bene dato
tutto il calpestato.
Mentre sono stato per te troppo niente
e il tuo viso era per me l´ultimo baluardo
per troppi calendari.
Quando ad ogni mano stavo meglio
e tutto lo sprecato di oggi
era solo un altro giro di giostra.
Mentre io ero quello che spera
e tu quella che devi.
Tutto il bene dato.
Levami questa patina arresa dagli occhi, adesso
levami il noi
davanti alle parole
davanti a quelli che chiami futuri prossimi
davanti all´amore che abbiamo preso in consegna e smarrito.
Credo più alle lacrime che ai sorrisi e non ti ho mai vista piangere per me. L´avrai fatto, ma io non ti ho vista. Mi hai lasciato solo valanghe di sorrisi a cui non posso piú appigliarmi, mi hai lasciato storie di cui non mi hai fatto divenire parte. Dove va tutto il bene andato a male? Me lo son sempre chiesto. Io credo che si bruci, come la benzina, e diventi qualcos´altro. Non c´è più in quella forma, non tornerà più. É come l´aria di un palloncino che si sgonfia, un´attentato alla sua libertá di volare via. Svuota le forme, il senso. Tutto quel bene, i sacrifici fatti, le pazzie, le carte false, il tempo, i soldi si azzera tutto. Si archivia. Si perde il conto.
Cerchiamo corrispondenze, dimensioni dentro dimensioni, indizi negli occhi degli altri, tracce di chi é passato, cerchiamo qualcosa con cui coprire le rotte che son cambiate e le stelle promesse fulminate. Alla fine succede che riesci a mettere tutto in un cassetto e un bel giorni ti stanchi, quando fai le pulizie di primavera, e svuoti tutto nella pattumiera. Come ho fatto io.
Perché i riscontri scomodi disturbano, rubano spazio anche dentro di noi, in uno dei tanti cassetti aperti fin troppo facilmente e chiusi con fin troppo sforzo. Giriamo con un “ogni cosa ha un limite” stampato sulle facce ormai, pronti ad archiviare, a declassare, a rinnegare anche la parte di noi che ci ha fatto incontrare. Il tempo di un giro di cucchiaino, uno squillo del telefono, dello schiocco di un bacio, il tempo di depennare un errore, di imbucare una lettera, il tempo di gettarsi e ci siamo restituiti. Un po´meno nostri, un po´meno di tutti. Con un po´meno di quelli che chiami futuri prossimi.