Per ogni “Ciao, ti trovo bene” c´é un “Goodbye” liscio liscio sulla punta della lingua, per ogni copertina divisa davanti a un film ci son pianti soli di persone che si son promesse di tutto e date molto di meno. Per ogni richiesta ci sono risposte mancate per mille motivi diversi, o ci sono liste di risposte a confondere le poche idee rimaste. Per ogni respinta c´é una presa, come quella dei ballerini e come quella per il culo o la respinta come quella di un sacco da pugile. Il timing é tutto, esserci al momento giusto é quello che vogliamo da appendere al “per sempre” ma ignoriamo i momenti perfetti degli altri. Il momento che non si puó ma che si deve. Siamo lí sulla striscia di partenza senza sapere quando sará giusto partire. Parte uno, sembra felice, ma tutti lo siamo alla partenza, parte un´altro e si perde, si stanca, si cambia. Chi si muove nervoso, chi si concentra, chi semplicemente spera di arrivare e chi sogna glorie. Speriamo di confrontarci ma ognuno é solo, ognuno corre per sé, senza tattiche e coi sogni fragili, con l´amore che prende una tacca e becchi pure le gallerie.
Senti il mio dolore vorrei dirti, senti che non riesce a uscire dagli occhi e che questo ritardo ci fará disperdere tra anime meno pronte come noi, meno forti e sicure. Che partono sole. Viaggiano sole. E aspettano il momento giusto della vita, mentre noi aspettiamo il nostro sui binari, che ci passi sopra come un treno. Tonnellate di cose che non si possono cambiare neanche stringendosi, neanche piacendosi. Ci siamo conosciuti come un´addizione e ci siamo presi come una divisione, dovevamo solo essere moltiplicazione. E sei seduta che guardi le persone del tuo bus che ti porta in facoltá e ti chiedi se una di loro sará meglio di me, se una di loro ti ruberá il cuore cosí come aspetti, in fondo. E chi, dovecomequando se maledettamente oggi non passa mai. La cosa strana é che a una presenza non corrisponde sempre un´assenza o un bacio a uno schiaffo, le cose non vanno mai in pari. Allora siamo lí a chiederci se almeno noi andremmo in pari, se qualcuno restituirá qualcosa, se tutto lo sprecato fará del bene che resta, se dovremmo sempre e solo aprire il portafoglio per pagare.
Le cose hanno il valore che gli diamo e non importano i valori e le stime degli altri su quella cosa. Il viaggio ce lo facciamo sempre da soli, e in genere non tirchiamo sul biglietto, paghiamo e paghiamo e perdiamo e perdiamo e prendiamo e prendiamo fino a che si puó. Fino a che sentiamo le cose e le persone, qui dentro, forte e chiaro e il valore oscilla ma resta sempre un numero positivo. Ci perdiamo e ci troviamo, qualche volta ritroviamo. E in mezzo ci sta un mare di vita che passa e ci cambia, che passa e ci sfianca e ci solleva. Tra vuoti a perdere e riscontri, promesse mantenute e bruciate. Parvenze. Siamo sempre qui alla fine, che ci cerchiamo anche se non lo sappiamo e che navighiamo in quel mare in attesa di sbarcare. In attesa di toglierci i vestiti, le soddisfazioni, di abbattere i muri che ci proteggono, di scivolarci sui bordi dorati come le tazzine inglesi da thé e macchiarci di mascara sul viso insieme ma felici. Fatti e persi nel dolore, nella gioia come a targhe alterne in circolazione in mezzo al mucchio solo per noi. Ci perderemo per farci trovare, perché ne abbiamo bisogno o perché qualcuno avrá deciso per noi.
E ci troveremo perché abbiamo ancora il coraggio di credere, di riaprire, di fidarci. Sentimi, vorrei dirti, e abituati al mio rumore. Io ti aspetto, io ti trovo sopra un oggi che non passa mai da appendere al futuro.