Oh, é nelle pause che c´é la vera melodia. Nelle nostre, ascolto, quello che é da noi e per noi direttamente dal futuro. Dalle mancanze impari le importanze, dalle pause tracci percorsi futuri, dalle interruzioni trai conclusioni altrimenti impossibili. Non é da te, tutto questo. Giá, ma cosa é da te. É da te considerare nessuno indispensabile, é da te scappare dalle persone scomode e non hai voglia, sinceramente no, di fare una puntata che sia piú alta del montepremi. O almeno cosí pensi. Per quello che sai quantificare, che ne sai. Staccarti dalla rete di amicizie, quella rete sociale che non era alla tua altezza ma serviva é stato doloroso. Non lo vuoi spiegare, non vuoi dire a nessuno che ci sei solo tu e tutto muore dentro te. É una debolezza da cui nasce anche la forza di non poter essere disillusi. Ma tu lo sai che non é normale e forse neanche giusto.
Parte “Love songs”, il disco che ami di piú di Elton John e cerchi nella carta un posto dove finire senza troppi movimenti da abbozzare e semafori da aspettare. Il punto é che non ti sai spiegare le cose, che a volte cercare é piú doloroso di trovare, il punto é che tutto quello che ti sembra sia successo negli ultimi anni era fuori dai tuoi radar. A volte siamo cosí stanchi del passato che proviamo a riempirlo con un presente a casaccio che non sará mai il nostro futuro. Un po´come quando esci a fare la spesa affamato e lasci la lista a casa sul tavolo, e finisce che compri tutto fuorché quello che dovevi. Ma hai un carrello pieno é questo che conta. Allora scrivi di vite che vorresti riempire e spingere fino alla cassa che é la parte che piú ti manca da quando ti sei perso, dare le direzioni ad altri e i zig zag la tra le luci e pezzi di vita parcheggiati sugli scaffali.
In una di queste pause ti sei sentito chiamare “amore”. Adesso prendi in mano la foto fatta di quello che siete voluti diventare, ancor prima di sapere tutto il peso da sostenere, ancor prima di pretendere felicitá quella cornice é una partenza che non basterá. Suoni di risate al vento, tese come violini che si alzano e scendono, lei ripone la mano nella tua piú grande perché lá hai disegnato sogni da sfiorare per tenerli eterni. E tu pensavi al tuo cuore asciutto, troppo impermeabile, alla gente che piove nei giorni sbagliati, nelle vite sbagliate e a tutto quel giro che il sangue si fa per scommessa davanti alla malinconia di una gonna a perline ridicola. Ma avevate la fortuna e la bellezza dei vincitori, l´aria di chi prende a caso senza sapere che il caso a volte non lo é, avevate il merito di sapere esattamente cosa facevate quando il petto nudo si sollevava per il respiro e il battito e sotto nasceva giá qualcosa.
Sono anni che non ti chiedi quanto sia giusto, la vita é la vita niente resi e niente sessioni di rimpianti gratuite, poche pause pochi grazie pochi spazi per nuove cose. Finisci la tua lettera. É per lei, per quando si sveglierá. Perché con le parole non sei molto bravo ma ti salvi con la scrittura. Lei si é innamorata per questo anche se non lo ammetterá mai. Non c´é destino che tenga, non c´é strada che ti porti fuori strada, non c´é peggio che non possa essere assorbito per crescere. Soffia un vento del nord e le nuvole s´imbarazzano. La piccola domani avrá scuola, l´inverno si renderá insopportabile, lei ti chiederá cosa scrivi, in fabbrica nessuno si accorgerá di te fino alla chiusura. Questa é una pausa in cui senti la forza del futuro che ti arriva direttamente dal futuro per farsi presente, il senso, i sensi e l´andare e venire su strade e sul letto, compresse e avamposti, traguardi e anditi bui. Tutto torna, tutto quadra, tutto torna indietro e siamo dentro, siamo ancora in tempo, siamo lettere che tuo marito ti lascia mentre dormi sul comodino e poi si sdraia accanto a te triste, in attesa del tuo prossimo sorriso per noi. Gracili scaglie di futuro che ci siamo presi la briga di chiamare “adesso”. Per noi.