Rimetto insieme i pezzi, adesso che sono via. Delle cose che siamo noi che prima erano nei cassetti della mente e ora sono nei cuori dei cuori. Come fermavi la mano sulla manopola, sulla tua canzone perché tu devi guidare con la musica, dicevi. Le valigie per conto loro, i sorrisi degli sconosciuti puntati addosso, la fronte sul pendio della spalla, giù da tutto, un passaggio fino a casa e ti porto io. Sorrisi sovrapposti, nessuno a cercare l’inizio e la fine. Sudate e litigare per i conti da pagare, il centro storico la notte scorreva mentre mi appendevo alla tua piccola mano bianca, “sai mi è venuta in mente una cosa” e “te l’ho mai raccontato che” e le lacrime addosso: il nostro nuovo patrimonio da tutelare. Sotto, sopra, sottosopra, la pace degli occhi e una nota canzone che affoga in un Sangiovese. Rimetto insieme i pezzi, ora. Non c’è mai stata esplosione più forte, dunque i pezzi sono andati ovunque ma stretti, sempre, nei cuori dei cuori che ci siamo giocati come il tutto.
I tuoi quindici minuti in una personalissima concezione del tempo, le nostre pause, le sveglie, le cose vecchie e le cose ipotizzate. Ma chi se ne frega della concezione del tempo. Via da tutto, soltanto casa. Come ci siamo visti insieme allo specchio, avevi gli occhi chiusi, o forse io. Come ci siamo visti, comunque, veri, con tutti i pezzi insieme, dentro e fuori. Noi e basta. Con tutti i pezzi che ci servono per andare avanti. Gli scontrini per conto loro, i vestiti per conto loro, le chiacchiere dei vicini per conto loro. Mezzo respiro addosso e poi, aspetta, mi devo riprendere da tutta questa vita. Un mezzo discorso. Mezzo respiro per fissare il soffitto e riprenderci quello che il resto della vita ci ha fregato. Recupereremo i pezzi senza tornare dove siamo già stati, ti giravi, ma ho fatto in tempo a dirtelo. Il viso sul petto, i cuori per conto loro pompavano insieme al sangue succo di felicità.
Non ci venderemo, non ci chiuderemo senza lasciare spiragli, non ci deluderemo al punto di chiedere di cambiarci, non alzeremo troppo l’asticella di qualsiasi cosa e non cucinerai troppi brodini prima del mio settantaquattresimo anno di età. Le battute pessime a volte, il fai da te approssimativo sempre, le prossime rughe saranno quelle dei sorrisi esagerati. Ti sentiranno ridere in provincia. Ti guarderò ancora dormire, come una bambina, perché con me puoi tornare ad esserlo e prenderti una pausa dalla donna forte che sei diventata. Rimetto insieme i pezzi, un po’ senza pretese anche quelli dell’immaginazione, adesso che sono via e aspettiamo. Adesso che scappo senza successo, m’infrango su ricordi preziosi, mi cambio il vestito per occhi che non lo noteranno. Adesso che sono ancora un millesimo, troppo e silenzio.
Questi silenzi
sono filo spinato
ti fermano dove devi.
Questi sorrisi
sono inviti ufficiali
ti fermano dove devi.