Chi lo vuole un poeta oggi?
Dov’è il mio posto?
C’è un posto per me?
Il poeta è un reietto! È un diverso!! È un introverso!!!
Perché certe parole fanno così male?
Eppure tutti ci siamo passati per le parole dolorose, io poi, mi sono distrutto contro quel muro, a furia di centrarlo e ricentrarlo dopo una sempre folle rincorsa.
E se allora tutti ci siamo passati, come si può non capire un poeta e la sua attrazione per le parole?
Un poeta ha parole illustri, docili, dolci, per chi se le merita e anche per chi non se le merita, anzi, soprattutto per chi non se le merita.
Un poeta ha paura delle parole asettiche, inutili, vuote.
Io ho paura di tante cose; ho paura dei suoi occhi e del sole che ci si tuffa dentro, ma non solo sui suoi occhi, anche sulle sue labbra, su di lei, beato lui che può farlo, senza chiedere permesso può scaldarla, può farla star bene, senza preoccuparsi di essere poeta o meno e senza chiedere scusa.
Vorrei poter essere libero di scrivere e di versar lacrime ogni volta che voglio, ogni volta che una parola mi sfigura il cuore, ogni volta che vorrei essere come il sole.
Vorrei poter leggere negli occhi della gente, collezionare emozioni, sentimenti, paure, sguardi, vorrei riunirle insieme e morirci dentro, perdermi, in un mare di poesia.
Vorrei poter scegliere sempre le persone e il momento esatto in cui leggeranno le mie poesie, ho paura di lasciare le mie parole al vento, come polvere.
Vorrei essere leggero, impalpabile, volare oltre le montagne, le valli, oltre i mari e le stelle, mi sento così quando scrivo, mi sento me stesso, mi avvicino a me stesso, senza sentirmi in colpa e senza mai dire mi dispiace o chiedere permesso.
Vorrei poter fingere sempre di non essere poeta, perché per me poeta non è una persona che scrive, per me essere poeta vuol dire essere nessuno e avvicinarsi ad essere qualcosa, vuol dire essere qualcuno che ha immagini, suoni, parole che esplodono e di cui deve assolutamente liberarsi al più presto per sentirsi leggero e sentirsi impalpabile.
Una chitarra suona in mille modi, un pianoforte in miliardi, stasera, la mia chitarra e il mio pianoforte, suonano in un modo soltanto.
Suonano per me! per tutte le volte che ho dovuto fingere di non essere poeta! artista, strano, introverso, suonano per tutte le persone che invece mi hanno concesso di non fingere, senza chiedere scusa.
Mi dispiace per me, chissà dove andrò a finire, ma ora non mi importa, tanto … sono impalpabile, leggero, sono immortale!sono alto!oltre le valli, oltre i mari!! il vento mi trasporta via a casaccio come fossi piuma in un turbine! … e…io volo via .. è da sempre che amo…. Volare via….
Leggere parole non è come sentirle dentro, il difficile dell’essere poeta sta proprio in questo, cercare di buttar fuori parole mettendoci in mezzo delle emozioni.
Quando ero piccolo, sui 4-5 anni, scrivevo le mie cose sui quaderni che i miei genitori mi compravano non appena ne terminavo uno, assieme a disegni, colori mischiati, macchie di pastelli.
In quel periodo credevo che le parole, le immagini, i colori, fossero un modo per far passare il tempo, le giornate d’inverno in casa, le estati al mare nei giorni di pioggia.
Più avanti scoprii che per mezzo di quelle cose riuscivo ad allontanare da me i pensieri, i sentimenti, l’amore, le cotte a 13 anni, riuscivo a sbatterle su quei quaderni che mi hanno sempre accompagnato, proprio là, insieme ai colori mischiati e le macchie dei pastelli, riuscivo a liberarmene, almeno per un po’.
Credevo di aver trovato una via di fuga dall’amore e passavo ore sui quaderni.
Poi la vita col passare degli anni ha mischiato l’amore insieme a tante altre cose, come la rabbia, il dolore, il rimorso, le sensazioni, ed esternare disegni e parole capaci di rendermi leggero è stato sempre più difficile, trovare vie di fuga, non era mai abbastanza, per quante ne scovassi.
Mia madre me lo diceva sempre “guarda che a furia di scrivere e disegnare diventerai un poeta o un artista, ancora peggio, sono gente strana e sono sempre soli”. Forse aveva ragione lei, non sono capace di coltivare storie importanti, nemmeno di trovarle, sono strano e spesso solo e forse, nemmeno so essere poeta quando dovrei esserlo.
Non so quanti quaderni zeppi di scritte e colori ho collezionato nella mia vita, alcuni li ho perduti, come le donne, altri sono rimasti, come i sorrisi degli amici stampati nelle fotografie, ma di una cosa sono sicuro.
Non smetterò mai di collezionare quaderni, colori mischiati assieme, immagini, suoni.
Forse è l’unica cosa che mi resta da fare ora, lasciarmi portare via dal vento, oltre le valli e le montagne, lassù, leggero e impalpabile quanto nuvole, quanto vento.
Tanto ormai … sono introverso, strano, solo, reietto, … sono poeta … ormai … sì!
Sono splendidamente poeta … ormai … non c’è più posto per me.
Trovo stupido mettere la firma sotto gli scritti così perché io decido sempre di iniziare a scrivere ma non so mai decidermi di smettere perciò, se mettessi la firma, sarebbe come una conclusione … per questa volta facciamo che questo scritto è anonimo … ed è ancora aperto …
Francesco Ross
Twitter: @RossAHO