Viviamo la vita per essere pronti, ci prepariamo per capire di essere pronti, ci sacrifichiamo sempre e comunque per vincere tutto quello che c’ è da vincere dentro e fuori. E poi arriva il momento che passa via in un istante. Il momento giusto, l’apice, la somma delle metà, la destinazione, la ragione dei confini valicati, il senso, ed è così bello , così giusto che quasi non ti accorgi dei pensieri che parlano, dei posti che ti portano con te, delle scorie del passato che si scrollano dalla pelle, della presenza di persone che penetrano tra le fessure del cuore che non è niente di più di uno scolapasta di carne che ferma qualcosa e lascia andare via tanto altro. La vita é così, è fatta ad attimi. Sono quei frammenti che nessuno sa. E ti accorgi di esser grande, e ti accorgi di non essere più solo, ti ritrovi ad essere un dottore come dicevi da piccolo, un attimo e non hai più niente, un attimo e sei innamorato, un attimo e credi e speri e rimpiangi e cerchi e supplichi. Un attimo, investito di vita dura, quella che ti rende grande o ti tradisce, di vita vera che ti cambia per sempre che ti prende o ti ignora per cui nessuno ti insegna ad essere pronto.
Sta quasi per piacerti, stai quasi per definire, fermare, stai quasi per giocarti l’ultima carta senza paure, stai per scartare il pacco regalo e qualcuno ti ricorda che tutto è finito, l’attimo che avevi a disposizione passa di mano, ma è stato tuo diamine, tuo che puoi riavvolgere il nastro e viverti quello che resta ogni volta più sbiadito. Che girare il coltello nella piaga sarà sempre gratis, sai.
Il meccanismo del tempo si è inceppato, guarda la gente arrugginita correre per le strade, un attimo prima che fossimo pronti. I desideri non hanno lo stesso peso della realtà e a vivere di desideri si perde il contatto con la vita, non la guidi, idealizzi cose e persone. Fluttui nella corrente con l’attimo inciso, provi a diluire il sangue andato a male, ad accennare i sorrisi persi che non si può vivere condizionati.
Doveva restare.
– Cosa mi prometti?
– Che resterò sempre.
Forse dovevi dire “che resisteró”.
Sono parole, volano leggere, si posano sul fondale del cuore come fosse l’aeroporto giusto e non le vedi, non le pesi, forse non le ricordi, forse le rigetti le vomiti quando ti accorgi che è tardi e le parole non bastano più. O forse è che quando va tutto bene escono senza sforzo per riempire e dare una forma ai pensieri e farli sembrare veri, quasi veri. Quell’attimo che ti tieni stretto nel bene e nel male è tutto quello che serve per restare sintonizzati, online, agganciati a questa esistenza che ci rimane, all’anima disossata di questa vita. Ti tieni stretto a tutto, un gesto, una telefonata, un sorriso stanco, un abbraccio bruciato a fine serata, le stelle di un balcone con il suo profumo sul colletto.
Quante cose ti scambi senza saperlo, prendendo la stessa coincidenza, scommettendo sullo stesso futuro. Finisce tutto o non finisce mai. E se finisce ti chiedi da dove arrivi, come sia nato quell’odio, i resti di una combustione che non doveva interrompersi nel buio, quel negarsi con decisione, passare sopra ai sentimenti solo per pulirsi le scarpe, la pazienza persa, le critiche aspre, il dito puntato contro, i processi alle intenzioni, senza diritto di replica, senza diritti solo doveri. Ti chiedi come siano cambiate le persone o se la colpa è tua che non le hai conosciute per come erano. Tirandoci fuori il peggio, calpestandoci, tradendoci, piangendo le nostre solitudini, maledicendo quel giorno, cercando motivi a scelte già fatte. È finito così uno degli attimi più significativi di sempre, l’avevo legato, l’avevo costretto a finire bene, l’avevo sovrastimato ed era ancora poco. A fin di bene.
Nel ripetersi ciclica la vita ci fa esplorare forse non abbastanza cuori, non solo vite, oltrepassare coscienze, corpi, battezzare posti che diventano nostri, pensieri e sopratutto noi stessi. L’odio ti ricorda che non è stato abbastanza. Che tutto si sarebbe potuto comprendere, fermare, deviare prima. Anche l’odio serve perchè insegna che il sentimento mal indirizzato può guastarsi e guastare, che hai dato troppo o troppo poco, che l’attimo in cui ci si doveva avvicinare qualcosa è stato più importante e ci si è respinti, che bisogna esser pronti a vivere i difetti con realismo, e mille altre cose.
– Mi sto innamorando di te.
Silenzio. Forse ho detto qualcosa di sbagliato.
L’anima non me l’hai data e il resto poteva bastarmi nei giorni festivi. Resta il male, ferite come caselli autostradali per cui devi passare obbligatoriamente se vuoi prendere altri respiri, stavolta non facciamo altre fermate, non ci beviamo la storia che basta volere, stavolta ci perdiamo senza rimorso con un senso di sollievo come se tutto quello che è stato fosse bugia e vergogna. Questo odio é insensato, sprecato, fuori giri. Forse c´é da passare piú tempo a vivere cara. Prendi la rincorsa. Prendi aria. Prendi futuro.
Io ti odio solo di bene.