Era sempre lei, anche se ora si sentiva donna. Lei con la L maiuscola. Ricordava ancora quando giocava a “pincaro” con una gamba sola fuori dal suo cortile con il Beppi, Massi, Maria e il grilletti detto “sparo”. Le righe e i quadrati tracciati col gesso. Il cielo blu macchiato da qualche nuvola invadente. Passavano le estati fra scherzi, risate, ghiaccioli, scottature. Con quanta facilità volavano via. Come il vento di maestrale sopra la collina spelacchiata. E più cresceva, più il tempo si accaniva dandole la sensazione di un pericoloso incedere, un conto alla rovescia. Una strada che ti inghiotte anzichè una strada che ti si apre.
Poi le scuole, il primo motorino, il primo ragazzo conosciuto in campeggio che le scriveva tenere lettere d’amore, il viaggio a Parigi, la patente. Tutto così rapido e indolore e allo stesso tempo necessario. Per ritrovarsi qui, in una stanza bianca a dovere, con la Tv spenta le tende tirate, l’asse da stiro montato ed in mano il telecomando. Non chiedetemi perchè. Ci sono momenti che ignori per tutta la vita poi ad un tratto ti si presentano lì davanti a chiederti il conto. Come quella linea sotto l’uguale. Era sempre lei in fondo, più istruita, decisamente più formosa e spigliata, più intraprendente. Conosceva la vita adesso. O almeno parte, e questo è determinante.
Come ogni bomba parte da una miccia così la sua esplosione doveva partire da un pensiero, o un grappolo di pensieri stretti bene. “Cosa starà facendo in questo momento?”, “chi starà premendo contro il muro con i suoi baci appassionati?”,”qual è stato l’ultimo suo pensiero in cui mi sono infilata?”. E perchè? Oh sì il perchè lo ricordava, e non era un perchè esattamente intelligente. Forse cinico. Ma non importa. Mille volte si era ripetuta che le donne sono autosufficienti più degli uomini, e che se vogliono possono stare sole per tutta la vita. Doveva essere il suo caso. E bella lo sarebbe sempre stata. Però la vita come fa sentire le sue responsabilità, pesanti e gravose, fa sentire anche quando non ci si prende le proprie. Cosa ci faresti tu con 27 anni? chiedeva allo schermo impolverato. Dove vorresti essere arrivato? Chi lo sa, stupido schermo a tubo catodico. Intanto l’aveva tradito: con le sue promesse, con i suoi sorrisi, i modi di fare accomodanti, i regali, gli sms carini, le foto stampate per lui, la polo regalata, i baci strappati. Per poi buttare tutto quel ben di dio nello stesso posto, da una panchina di un autostazione del centro. Poche parole risolute dette sottovoce dietro occhiali scuri. Forse era la persona giusta per lei, ma non bastava. C’erano tante altre cose in gioco: il parere dei genitori, la distanza, l’insicurezza, il peso di una responsabilità maggiore perchè lui era costantemente in cura e il suo male diventava un male per entrambi.
Cominciava a sudare. La stanza piena delle sue cose cominciava a sembrare anonima. Era stato così, rapido e indolore e allo stesso tempo necessario. Come la sua adolescenza. E sarebbe tornato a sbiadire. Ma a far male? Chi sono? ripeteva. Cerchi la gioia per un numero imprecisato di minuti-ore-anni. La trovi, la afferri e poi la lasci. Non te la senti di essere così felice. Perchè per esserlo devi prima passare a soffrire almeno il doppio. Nessuno gliel’aveva mai detto. Sono cose che devi maledettamente provare. E stare in bilico per chissà quanto. E poi decidere. Recidere. Disconoscere. Fuggire. Dimenticare. Vivere di sogni è troppo ardito e vivere di certezze è vivere a metà in attesa che cambino, alla giornata direbbe qualcuno. La cosa più giusta da fare era non fare niente, non rompere nessun equilibrio, non scommettere ma non rinunciare,non ignorare le regole. Semplicemente continuare a essere la persona che era stata un anno fa. Aveva sempre lo stesso lavoro poco rimunerato, viveva sempre a casa dei suoi, frequentava sempre gli stessi amici, ripeteva gli stessi tragitti in automobile, amava i suoi posti. E ora aveva un anno di più. Il profumo della sua pelle era dolce. Sarebbe piaciuta ancora.
Ora si trovava in un punto imprecisato del suo cammino. Il problema era poterlo precisare. Perchè se non sai dove sei non sai nemmeno quello che devi fare. Il mondo dei grandi è così caotico e subdolo. Ti sembra di essere arrivato e scopri che non sai dove sei. Sai dove vorresti essere ma non sai come arrivarci. Ci arrivi e non ti basta più. Allora dedichi la tua vita alla ricerca. Dirai no tante volte, proverai tante volte, sarai esausta altre volte. E nella corsa alla tua felicità dimenticherai gli altri, gli pesterai con successo i piedi, li deluderai, li farai arrabbiare, piangere,spazientire. Per poi trovarti, come lei dalla L maiuscola in una stanza adeguatamente bianca e una vita apparentemente perfetta e piena seduta davanti a un televisore spento a chiederti il perchè debba tutto continuare ad andare al contrario. Rapido e indolore e allo stesso tempo necessario.