Quando finiva di disegnare la sera cosi tardi, era abituato ad andare a letto. Invece quella sera, pensò di controllare il suo sito, così, giusto per vedere se ci fosse qualche commento. Appena aperto il sito, vide la notifica di un solo nuovo commento. Stava per chiudere il browser, ma quando vide quale immagine era stata commentata, non potè fare a meno di leggere. Salve! Non saprei dire perché, ma questo ritratto mi suscita delle emo- zioni particolari. É semplice ma, allo stesso tempo, ricco di particolari. Lo sguardo di lei è meraviglioso. É possibile sapere a chi appartiene il volto ritratto? Riprese la matita in mano, come sempre faceva, quando si perdeva nei meandri della propria mente, inseguendo un pensiero, un immagine, oppure un ricordo. . .
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La prima volta passò davanti a quel negozio per puro caso. Era giusto di fronte agli unici parcheggi della zona. Pochi passi, ed incrociò la sua figura, in piedi sulla soglia del negozio. Non capì neanche di che negozio si trattasse, per lui la vetrina era invisibile, come quando il riverbero della luce solare rende impossibile guardare al di la di un vetro. Solo che quella mattina, il sole litigava con le nuvole, l’unica luce proveniva da lei. I capelli neri, simili a seta, gli occhi azzurri brillanti, come squarci di sereno nel cielo nuvoloso di quella mattina, il viso regolare, l’ovale non troppo accentuato, le guance lisce, di quelle che ti viene voglia di accarezzare, le labbra piccole e delicate. Non avrebbe più voluto staccare gli occhi da lei. Lo sguardo di lei incrociò per un attimo il suo. Forse pensava si trattasse di un cliente. Poi lui dovette andare per la sua strada. Non era tipo da improvvisate. Cambiare di colpo strada, non era nelle sue corde. E poi, al ritorno sarebbe dovuto ripassare dinanzi a quella vetrina. Peccato. . . al ritorno, lei non era sulla soglia. E guardare oltre la vetrina fu impossibile, il sole sembrava stare vincendo la sua battaglia con le nuvole.
Quel negozio divenne una tappa obbligata, un punto di transito di ogni suo percorso. Ovunque dovesse andare, faceva in modo che il negozio fosse sul tragitto, a costo di allungarlo di chilometri. Vi acquistò di tutto, niente che gli servisse davvero. In realtà acquistava possibilità. La possibilità di vederla, parlarci, entrarci quel minimo in confidenza da far scivolare via quella vetrina, facendo si che non fossero più cliente e commessa.
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Ma come spesso accade, la possibilità di un evento, non ne implica il verificarsi. Così, continuò a contemplarla. Incapace di fare alcunché per aiutare quella possibilità a verificarsi. Lei era sempre seria e distaccata. La prima volta che vide quelle piccole labbra sorridere, fu quasi per caso. In uno dei suoi tanti pellegrinaggi, la vide sulla soglia del negozio parlare allegramente con un’amica. Lei sorrideva, lui ebbe l’impressione di sciogliersi, un calore lo prese da dentro. Strinse le labbra per non sorridere come un ebete. Per giorni sognò che quel sorriso fosse rivolto a lui. Per giorni cercò di rassegnarsi al fatto che mai un suo sorriso, sarebbe stato per lui.
Poi, un giorno, mentre scarabocchiava per l’ennesima volta il suo viso su un blocco da disegno, lanciò un’occhiata fuori dalla finestra vedendo due vicine di casa parlare, una teneva tra le mani un mazzo di fiori e sorrideva.
Così nacque l’idea. Forse sarebbe riuscito a strapparle un sorriso, anche se a sua insaputa. Lei avrebbe sorriso a quei fiori, ma solo lui avrebbe saputo che quel sorriso gli apparteneva. Così quel sorriso, finì su quel viso di donna, carboncino su carta, l’unico modo che aveva, per portarlo sempre con se.
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Dal primo momento che aveva visto quel volto di donna, aveva avuto la fortissima impressione di riconoscervi i propri lineamenti. Poi si era convinta non potesse essere lei. Non aveva lineamenti tanto belli, non aveva occhi tanto profondi, labbra cosi morbide. No, non era la sua espressione, era solo la voglia di sentirsi bella che le faceva vedere quella somiglianza. Eppure. . .
Il volto appartiene ad una donna che ho conosciuto tanti anni fa. In realtà è un disegno fatto a memoria e non un ritratto. Una volta le inviai dei fiori, anonimi, senza firmare il bigliettino, poi disegnai il suo viso immaginando il sorriso nel ricevere i fiori. Chissà se davvero sorrise. Questa era stata la risposta dell’autore al suo commento. Poche righe che gli riportarono alla memoria quei fiori ricevuti anni prima. Cercò sul sito una foto dell’autore. La osservò bene, c’era una vaga somiglianza con un suo vecchio cliente, ma erano passati cosi tanti anni e poi, la voce di suo marito incombeva.
«Dove hai messo le chiavi della macchina?»
«Sul tavolino. Come sempre.»
«Io vado. É già. A stasera.»
«Aspetta, volevo chiederti una cosa. Tu hai mai mandato dei fiori anonimi a qualcuna?»
«Certo che no. É una cazzata romantica. Ma ti pare che mi metto a fare certe cose.»
”Infatti, lui certe cose non le fa.”
Pensò mentre osservava il marito prendere le chiavi e andar via.
Vincenzo Sarnataro – Pagina Facebook