Vorrei iniziare con una frase del tipo: “Attenzione! Non sono i soliti discorsi” per attrarre l’attenzione degli spettatori e creare l’attesa. Il classico silenzio magico prima dell’inizio. Ma tant’è spettatori non ci sono mai stati da queste parti, semmai qualche sperduto lettore a cui do il benvenuto. E lo rassicuro: sono i soliti discorsi. Chi mi conosce confermerà.Quante volte abbiamo classificato le persone nei nostri pensieri? Milioni. Tutti son diventati di tutto, almeno una volta (o quasi). Brillanti, belli, disonesti, antipatici, maldestri, deficienti si son dati il cambio come a mo’ di staffetta nelle nostre fervide menti occupandole, per guaio o per fortuna. Questa sera mentre mi attaccavo poco finemente al brik di succo d’arancia mi è passato in mente uno dei miei soliti pensieri cretini temporanei, e cioè che il mondo si divide in due: quelli che bevono i brik a canna e quelli che versano sul bicchiere. I primi sanno sempre, rispetto agli ultimi guarda caso, la data di scadenza del loro succo. Poi il sorriso si è fermato. Perché ho pensato che il mondo non si divide solo in questo ma in tante altre cose. Bella scoperta, direte. Ho pensato che si divide in deboli e giganti. Quelli che hanno paura della loro data di scadenza e quelli che anche se la sapessero tirerebbero dritto comunque. E poi credo che se siamo qui a raccontarcela, sia merito dei giganti. E delle loro spalle che ci hanno tenuto su quando non potevamo e dei loro piedi che non sono sprofondati nello schifo del mondo quando i nostri si erano impantanati.
Mi spiego meglio, perché a questo punto o smettete la lettura o mi date del pazzo.
Io ho visto un gigante, posso raccontarvi com’è. Sapete un gigante è sempre umano, ci vive vicino forse, e di sicuro le sue dimensioni sono pari pari a quelle degli altri. L’amico nel momento del bisogno? Più o meno. Come si fa a scoprire uno di questi giganti? Non si può scoprire prima di appoggiarcisi su. Quando sei in difficoltà c’è sempre chi ti aveva detto “se hai bisogno chiama” e poi latita, c’è sempre chi ti aveva detto “se posso fare qualcosa per te” e poi non riesce a farla, c’è sempre chi ti aveva promesso aiuto o forse lo aveva solo pensato, magari nemmeno pensato in verità, fatto sta si prende il carico.
Il peso. Il peso dei tuoi dolori, dei tuoi problemi. Lo schifoso sangue dei tuoi tagli. Ed una cosa è certa: questo mondo qua un po’ di schifo lo fa, anche se andiamo in giro a fare i “fighi”, anche se ce ne infischiamo di tutto e di tutti, quindi potrebbe darsi che avremo bisogno di un gigante che si prenda cura di noi. Che ci sollevi da terra e ci risparmi da un tratto di strada. Dalla eccessiva stanchezza che quel tratto di strada comporterebbe. Affidarsi a qualcuno è sempre un rischio. E se quello non mi prende? E se mi prende e non mi regge? Ma anche non affidarsi a nessuno lo è. E se continuo da solo a camminare con il piede zoppo e poi mi diventa incurabile? E se mi fermo? E se mi perdo?
Io ho visto un gigante.
Ho sentito il suo sudore sulla fronte in un lavoro che faceva per me. Ho visto con quanta fretta recuperava il tempo dalle sue cose per dedicare il restante a me. Ho visto quello che si è tolto per darlo a me sapendo che forse lo avrei sprecato, ma insegnandomi a non farlo. Ho visto la preoccupazione tendergli la pelle del viso. Ho visto darmi pazienza e darla alle cose. Ho visto come prende gli scossoni e va avanti con me stretto sulle spalle. Guai a chi mi tocca. Cavoli suoi. Come non perde la speranza. Come non sparirebbe dalla mia vita anche se per mio male io volessi. Ho visto come sa premiare la fatica e come rendere attimi speciali. Ho appreso come suo malgrado mi proteggesse dalle infezioni. Ho percepito la passione di intenti nell’impulsività di fare, fare per me. Fare per non fermarsi. Ho visto come promette poco e mantiene tutte le migliori promesse non dette. Ho visto che non segna mai quello che dà per averlo indietro. Ho sentito che i “grazie” erano la sua ricompensa preferita. Uno che non ti fa troppe domande, perché quando stai male non sei improvvisamente un partecipante di ‘chi vuol esser milionario’ ma forse hai bisogno di pace. Questo è un gigante. Quello che se non si fa avanti nella tua vita quando sei fermo e mezzo zoppo allora non esiste. Fatica sprecata inventarlo.
Poi ci sono i deboli.
Quelli che pensano di essere davvero qualcuno e magari lo sono, ma solo perché sono sopra le spalle di un gigante da tutta la vita. Sono quelli che non hanno ancora imparato a sacrificarsi per ottenere le cose, quelli che le tasse non le pagano per milioni e hanno la barca, quelli che non entrerebbero in un centro sociale perché si vergognerebbero, quelli che i figli devono avere tutto perché loro non hanno avuto niente ma non danno del loro tempo, quello no. I deboli sono quelli che scappano sempre e comunque, che promettono e non mantengono, che barano, che cambiano gli ideali e le vite degli altri per convenienza, i mercenari, quelli che devono vigilare qualcosa dalla feccia e ne fanno parte, quelli che giocano con poco, basta un po’ di polvere o una pastiglia. Stanno sulle spalle dello Stato, di una famiglia, di qualcun altro. E sulla bandiera ci sputano con l’ingratitudine, con l’assenza di impegno per cavarsela da soli, e sulla famiglia ci marciano su. Perché la famiglia ha un obbligo morale. La famiglia non può scaricarti. Devi prendere.
In questo pianeta di rivoluzioni in atto macroscopiche, almeno in ambito sociale, i deboli si profittano dei giganti buoni e diventano loro padroni. La cosa triste è che le cose accadano alla luce del sole e pochi si scandalizzino. L’ordine delle cose non potrà di certo cambiare in questi giorni. Cosa si può fare in questi giorni? Spendiamo un grazie ai grandi della nostra vita. Facciamolo. Quanto ci costa? Domani mattina. Dedichiamo così tanto tempo a noi stessi che 5 minuti di ricordo se li possono valere le persone che ci hanno dato. Che ci hanno sempre fatto sentire la loro presenza e non si sono mai dimenticati di noi. Una telefonata. Un sms. Non facciamo gli ingrati. Una colazione al bar. Tempo signori. Il tempo è una delle più belle cose che si possono dare che a non poter essere sostituita da nulla altro. Io quel poco che ho lo devo ai giganti della mia esistenza, più che a me stesso. Alla loro cura e soprattutto alla loro pazienza. So che ci sono, spero che mi leggano. Un giorno vorrei essere come loro. A loro offro questo bicchiere di succo d’arancia che ancora mi rimane e un posto nel cuore ad ogni costo di affettuoso ricordo.
(dedicato a mia madre)