Autore: Alessandro D'Avenia
Pubblicato da Mondadori - 2014
Pagine: 576 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Scrittori Italiani e Stranieri
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Il nuovo romanzo di Alessandro D'Avenia ricorda l'operato di Padre Pino Puglisi nel quartiere Brancaccio di Palermo. Protagonista è Federico, uno studente liceale che dedica un'estate al coraggioso sacerdote e ai bambini che affollano il centro Padre Nostro, isola di serenità in un quartiere in mano alla mafia.
Padre Pino Puglisi (1937-1993), primo martire della Chiesa ucciso dalla mafia, è stato insegnante di Alessandro D’Avenia al liceo, il quale in questo romanzo ha voluto scandagliare il mistero del sorriso con cui Pino Puglisi è andato incontro alla morte (http://mauroleonardi.it/2014/10/28/ilsussidiario-net-intervista-ad-ale-davenia/). Preceduto da un meticoloso lavoro di documentazione, Ciò che inferno non è “racconta” l’ultima estate del Don Pino che D’Avenia ha realmente conosciuto: un libro che non vuole essere, pertanto, né antimafia né agiografico.
La voce narrante del romanzo è quella di Federico, che sceglie di affiancare Don Pino nel continuo tentativo di regalare un po’ di gioia e di serenità ai bambini che vivono nel tristemente famoso quartiere Brancaccio di Palermo. Tra quelle case e quei vicoli, descritti con toni sorprendentemente evocativi, Federico scopre una realtà diversa rispetto a quella che ha sempre conosciuto, impara a confrontarsi con le difficoltà, con la paura, con quello da cui la famiglia vorrebbe proteggerlo e scopre il vero se stesso. Accanto a lui c’è una ragazza, Lucia, che vive nel quartiere, sogna di diventare maestra e di andare all’Università: anche lei, come Federico e come Don Pino, cerca di portare un sorriso a quei bambini, di nutrirli d’amore affinché l’inferno non possa attecchire in loro.
Tra loro sboccia l’amore, ed è anche per questo che Federico trova il coraggio per attraversare sempre più spesso il passaggio a livello che separa Brancaccio dalla Palermo in cui ha sempre vissuto: quella del passaggio a livello come linea di confine ma anche di speranza – passano i treni, e i treni conducono altrove, lontano – è forse l’immagine che più mi è piaciuta, che sottolinea come a pochi chilometri di distanza possano convivere due realtà tanto diverse.
Ciò che inferno non è è una storia di speranza, di amore: anche se tutti sappiamo, alla prima pagina del libro, che Padre Pino verrà ucciso il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, non c’è traccia di rassegnazione. I “suoi” bambini non lo dimenticheranno, e hanno conosciuto attraverso di lui l’amore di Dio, e uno stile di vita che non è quello improntato alla violenza. Ovviamente, Dio e la religione sono molto presenti in questo libro: tuttavia non c’è traccia di bigottismo, e anche un’agnostica come me può apprezzare i messaggi che veicola.
Quello che non ho apprezzato, purtroppo – e credo giustifichi il voto basso che ho assegnato al romanzo – è il modo in cui è scritto. La prosa, articolata e complessa, risulta faticosa e pesante, infarcita di citazioni letterarie che se in Bianca come il latte, rossa come il sangue e Cose che nessuno sa mi erano piaciute, ora ho trovato un po’ eccessive. Ho come l’impressione che in questo romanzo lo stile dell’autore si sia appesantito, perdendo spontaneità e acquisendo – peccato – stucchevolezza. Il personaggio di Federico è – a parer mio – inverosimile, pensa per immagini letterarie e la descrizione del suo innamoramento per Lucia è scontata, narrata attraverso una scrittura aforistica e sdolcinata, priva di legami con la realtà fisica delle cose.
Inoltre, Federico mi pare assomigli, forse non nel carattere ma nel modo di pensare, a Leo di Bianca come il latte e rossa come il sangue, e Padre Pino ricorda i professori degli altri romanzi di D’Avenia: insomma, io ho avuto la sgradevole sensazione di un romanzo nuovo nel quale sono rimescolati gli stessi ingredienti dei precedenti.