- Maggio 2009
Pagine: 164 - Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Supercoralli
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Maria è una “fill’e anima”: così viene definito a Soleni, in Sardegna, chi viene adottato, i “bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un’altra” per riprendere le parole della stessa autrice. La bimba e la nuova madre, una vecchia sarta, hanno un’intesa speciale: quella della scelta. Un mistero, però, avvolge la donna, un segreto conosciuto da tutti meno che da Maria, un segreto che cambierà la vita di entrambe, spingendo la ragazza a cambiare vita un’altra volta…
Maria, la protagonista di Accabadora, è la quarta e ultima figlia di una povera donna. Ha sei anni quando sua madre, per poter mantenere più dignitosamente le altre figlie, accetta di consegnarla a Bonaria Urrai, una vecchia sarta nubile e senza figli. La donna si era interessata alla bimba già al primo sguardo, quando l’ha vista in un negozio di frutta e verdura infilare nelle tasche del bel vestitino bianco in un gesto istintivo e innocente delle ciliegie, rubandole ma facendosi subito scoprire dalla madre, dalla quale viene prontamente rimproverata. Tra le chiacchiere curiose del paese, la sarta e la bambina convivono così molti anni, durante i quali viene insegnato alla piccola a non rubare, a non mentire e a essere sincera in qualsiasi frangente. Durante la sua infanzia Maria diventa grande amica di Andrìa, un ragazzino della sua età. I due sono come fratello e sorella, ma quando Nicola, il fratello di Andrìa viene colpito a una gamba da una pallottola (per una questione troppo complessa per stare qui a raccontarvela senza annoiarvi) tutto cambia. La gamba va in cancrena, e il responso dei medici è imperativo: amputare. Nicola si fa astioso e rancoroso nei confronti del mondo, fino ad arrivare al punto di implorare la morte. Vengono così a galla i segreti nascosti nell’animo di Bonaria, la sarta, segreti conosciuti da tutto il villaggio meno che da Maria la quale, sentendosi distrutta e tradita, parte per “il continente”, per la fredda Torino, pronta per intraprendere una vita nuova come bambinaia di due fratelli. È qui che sembra voler finire la storia, quando Maria si ritrova a Torino, pronta a girare la pagina della propria vita… ma come si può girare pagina, se non si è conclusa quella precedente?
Michela Murgia è riuscita a essere leggera e accattivante nella narrazione di Accabadora. Gli occhi si staccano difficilmente dalle pagine, intrise di una suspense moderata quanto continua, che già si preannuncia nel titolo. Accabadora, infatti, è una parola che deriva dallo spagnolo “acabar”, finire, in dialetto sardo significa “colei che finisce”. Finisce cosa? Solo leggendo si potrà ottenere una risposta a questa e a molte altre domande..
Approfondimento
I personaggi di Accabadora hanno qualcosa di vero, reale, appaiono davanti agli occhi durante la lettura, diventano subito familiari e viene spontaneo immedesimarsi in ognuno di loro, cosa che non succede con molti altri libri, a volte troppo caricaturali e artificiali, costruiti apposta per poter essere calati in una possibile realtà. Vero è anche il racconto di sentimenti ed emozioni, capaci di avvicinarsi molto a quelle della vita di tutti, senza esagerazioni o comportamenti troppo fiabeschi. Forse alcuni passaggi non sono stati molto chiari, oppure erano troppo sbrigativi, il che ha rischiato un po’ di smontare dei momenti potenzialmente approfondibili e interessanti, ma è comprensibile come Accabadora sia riuscito a meritarsi il premio Campiello e il Supermondello (riconoscimento principale del premio Mondello) ottenuti nel 2010.