Autore: Dorit Rabinyan
Pubblicato da Longanesi - Aprile 2016
Pagine: 373 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: La Gaja scienza
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In un freddo autunno di New York una traduttrice israeliana e un artista palestinese si incontrano e tra loro è subito amore, vissuto tra i sensi di colpa e il dilemma esistenziale dell’appartenenza a due popoli in lotta tra loro.
Oltre al bisogno di fare pipì dovevo tenere a freno anche la voce che mi tempestava in testa, come se stesse solo aspettando l’occasione di trovarmi da sola: Cosa credi di fare? Non hai già abbastanza guai? Che bisogno c’è? Provai l’urgenza improvvisa di vedere che aspetto avevo, di sapere come lo avevo guardato prima, al semaforo. Ma non c’erano specchi sopra il lavandino né sopra il distributore di carta assorbente, e solo mentre tenevo le mani tra le cosce, pronta a sgusciare fuori, mi trovai rilfessa sul vetro scuro dell’armadietto del pronto soccorso. Ma era un’immagine torbida, distorta.
Liat è a New York grazie ad una borsa di studio, è israeliana, ha servito nell’esercito per quattro anni, come la legge dello stato israeliano prescrive, e vive circondata da amici ebrei ed è in stretto contatto con la sua famiglia di origine rimasta a Tel Aviv.
Anche Hilmit vive a New York, si mantiene facendo lavoretti vari, ma il suo sogno è fare il pittore. Nell’attesa che il suo sogno si avveri vive in uno squallido appartamento in cui dipinge in maniera quasi ossessiva sempre lo stesso soggetto: un bambino che dorme e il mare.
I due si incontrano e scocca immediato il colpo di fulmine, che per le prime settimane rimarrà intenso e travolgente come il primo giorno: Hilmi e Liat riescono ad astrarsi dalla realtà contingente, dalla loro razza di appartenenza, dal loro credo religioso e politico, così da vivere il primo periodo della loro storia con entusiasmo adolescenziale, senza troppi pensieri. Inoltre, a completamento della felicità raggiunta con la loro passione, nella Grande Mela dove i sogni si possono avverare, Hilmi riesce a realizzare il suo sogno di artista e a sfondare nel mondo dell’arte: sembra tutto perfetto, ma non è così.
L’entusiasmo va scemando man mano che passa il tempo e che i confini della storia a due si allargano al mondo circostante: l’amore non è più vissuto solo nella coppia, ma con chi sta intorno a Hilmi e a Liat, la quale inizialmente si vergogna di presentare Hilmi ai suoi amici e alla sua famiglia di origine; una volta rassegnatasi a coinvolgerlo nella sua vita, si rende inevitabilmente conto del divario che c’è tra loro due e tra le loro culture.
La consapevolezza del fatto che il loro amore abbia una fine a breve termine incombe sui due protagonisti, fino alla separazione fisica con il rientro in patria e al tragico epilogo a cui fa da sfondo la spiaggia di Jaffa.
La costante di Borderlife è l’angoscia con cui viene raccontata una storia d’amore altrimenti bellissima, e che potrebbe essere presa come esempio da tutti coloro che, in virtù di una pulsione e di un sentimento superiore, provano a oltrepassare i confini della loro educazione, dei loro credo religiosi e politici (che in questo caso coincidono) e dei loro vincoli familiari: ma la storia non è mai vissuta appieno, è sempre presente una nota stonata di fondo per cui la storia dall’inizio è etichettata come impossibile e destinata a finire ed è pervasa da una malinconia persistente.
Approfondimento
Al momento della sua uscita, Borderlife ha riscosso un immediato successo (prima ancora di essere letto dal pubblico), complice forse il fatto che è stato messo al bando dal governo israeliano, diventando un libro “proibito” e, pertanto, già per questo meritevole di essere prenotato in massa nelle librerie israeliane.
La storia è un paradigma del conflitto palestinese-israeliano, che assume la forma di una storia d’amore e quindi si dipana in maniera più irrazionale e coinvolgente per il pubblico esterno alla questione politico-religiosa, ma non per questo risolve la sua inconciliabilità in nome di un sentimento superiore quale è l’amore.
Tolta la parentesi passionale che è propria del chimismo di ogni storia d’amore al suo sbocciare e che sembra dare una speranza di risoluzione, l’amore è nato per finire e neanche dopo troppo tempo o troppi ripensamenti, tale e tanto è lo iato tra i mondi dei due protagonisti.
Da questo punto di vista, non ci dice niente di più che già non sapessimo dagli avvenimenti e dalla storia di Israele e Palestina, e nemmeno aggiunge conoscenza delle reali motivazioni che possono portare a una situazione del genere a chi non vive in prima persona o è addentro alla storia israelo-palestinese.
L’inconciliabilità sembra essere un dato di fatto e come tale accettato, la conseguente angoscia aggrava pesantemente la struttura e la scrittura del libro, che dopo le prime pagine incomincia ad annoiare il lettore con la ripetitività ossessiva del problema irresolubile: sembra di assistere a un film sbiadito in bianco e nero, lentissimo e senza colonna sonora, in attesa che succeda qualcosa di più rilevante dei minuziosi dettagli con cui è descritta la storia dei due protagonisti e che il libro acquisti un pò di ritmo.
Invece rimane tutto uguale fino alla fine, nemmeno il finale riesce a dare un impulso di vita alla lettura, per cui risulta pesante da leggere.
Rosalba Romano