Autore: Ingar Johnsrud
Pubblicato da Einaudi - Febbraio 2017
Pagine: 554 - Formato disponibile: Brossura
Collana: Stile libero big
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Una macabra sequenza di omicidi, due cadaveri che apparentemente sono la stessa persona. Fredrik Beier e Kafa Iqbal – in un percorso quasi senza soste fra i quartieri di Oslo – dovranno fare i conti con un assassino astuto e senza scrupoli, tra pressioni dei servizi segreti, vecchi criminali in cerca di vendetta, intrighi politici tra russi e norvegesi e una vicenda del passato che pian piano riaffiora, portando con sé una minaccia che può potenzialmente mettere in ginocchio l'intera nazione.
Nella vita ci sono circostanze in cui torniamo animali. Migliaia di anni di civiltà si scrostano, lasciando solo le reazioni del corpo, come se fossimo scimmie, o maiali. I pori si riempiono di fanghiglia. Dell’odore acre della paura.
A Oslo non è ancora arrivato l’inverno ma l’atmosfera è già tremendamente fredda: a breve distanza l’uno dall’altro – uno in una casa di proprietà di un’anziana signora, l’altro in un tombino – vengono rinvenuti due cadaveri di sesso maschile. L’aspetto sconcertante della vicenda è che entrambi sembrano riconducibili a una sola persona, Mikael Morenius, che peraltro risulta avere un’identità protetta. A indagare ci sono da un lato la giovane ma risoluta Kafa Iqbal, dall’altro l’esperto e competente Fredrik Beier, reduce però da un ricovero per intossicazione da farmaci e alcool che fa pensare a un tentativo di suicidio e con un passato che ribolle di ricordi dolorosi e laceranti.
Presto l’equivoco sul “doppio” Mikael Morenius viene chiarito, ma questo non sgombra certo il campo dai dubbi: perché questi due uomini sono stati uccisi? È la stessa mano ad aver compiuto i delitti? Cosa doveva essere nascosto? Difficile mettere insieme tutti i pezzi, in primis perché la seconda vittima, Axel Thrane, risultava già morto vent’anni prima. Morenius poi era alla spasmodica ricerca di un prezioso gioiello, il Coeur de Canard, mentre nella casa in cui è stato trovato il corpo di Thrane vengono rinvenuti altri due scheletri seppelliti in giardino, oltre a una fotografia – stampata in Russia con marchio Calypso – che ritrae una misteriosa bambina. A complicare ulteriormente i fatti è l’apparizione di due agenti dei servizi segreti norvegesi che prima ostacolano le indagini e solo in un secondo momento rivelano ai poliziotti che Morenius era una spia e conosceva Thrane per essere stato suo superiore nell’esercito.
Una vicenda fumosa, che lascia presagire il rischio di un pericoloso incidente diplomatico con la Russia (visto che anche un vecchio agente di Mosca, Leonid Gusev, finisce brutalmente assassinato dopo aver avuto contatti con Morenius) e fa riaffiorare dettagli di una missione top secret condotta da una squadra speciale in territorio russo molti anni prima e finita in modo tragico. Ma non è ancora tutto: Fredrik e Kafa si imbattono con sinistra rapidità in personaggi brutali – come il killer tossicomane Caino – o cinici – come l’amico ed ex commilitone di Thrane, Egon Borg, e la dottoressa Agnes Ose – fino a Peder Rasmussen, vecchia conoscenza di Beier in cerca di una delirante vendetta personale. E quando i due agenti di polizia arriveranno a capire che in gioco c’è addirittura la sicurezza nazionale, non ci sarà più molto tempo per fermare il disegno criminale dell’assassino.
I cacciatori è un poliziesco ben congegnato, dalla trama intricata ma priva di intoppi, ricco di azione ma non per questo superficiale nel tratteggio dei personaggi. La storia, che pur indipendente nell’intreccio è di fatto un sequel della prima indagine pubblicata da Ingar Johnsrud, sonda con perizia e suspense ben dosata gli intrighi politico-militari del periodo immediatamente successivo alla disgregazione del blocco sovietico e il timore delle catastrofiche conseguenze che su molti fronti quel delicato momento storico portava con sé.
Johnsrud è particolarmente bravo a instillare nel lettore, oltre alla voglia di proseguire nella narrazione, il dubbio e l’inquietudine generati dalla consapevolezza di una minaccia incombente e su vasta scala, in un crescendo di ritmo che nulla ha da invidiare ai maestri del thriller americano. Unico neo, una sorta di stallo nel dipanarsi della vicenda che, dopo le sorprendentemente positive ottanta pagine iniziali, rende per un po’ la lettura più faticosa. Visto il risultato finale però, è lecito considerarlo un peccato veniale.
Approfondimento
Tra i tanti personaggi che calcano spavaldamente la scena de I cacciatori, è senza dubbio quello di Fredrik Beier il più complesso e affascinante. All’intuito e alle grandi doti deduttive fanno da contraltare un cupo stato depressivo e una lotta mai veramente portata a compimento col proprio passato, costellato peraltro di episodi tragici come la morte di un figlio, la separazione dalla moglie e il senso di colpa per non aver potuto evitare l’uccisione di un altro bambino, usato in pratica come scudo dal padre per sfuggire alla polizia.
Un groviglio emotivo articolato e tetro, entro il quale però non si spegne mai la fiamma del senso del dovere e della volontà di proteggere le persone più care, autentico motore che guiderà Beier lungo le indagini, mettendo più volte a repentaglio la sua stessa incolumità.