
Autore: Giusy Versace
Pubblicato da Mondadori - 2013
Pagine: 175 - Genere: Autobiografico
Formato disponibile: Brossura
Collana: Ingrandimenti

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22 agosto 2005. Autostrada Salerno - Reggio Calabria. Un acquazzone improvviso. La macchina fa acquaplaining e va sbattere su guardrail. Questo è l’inizio del libro il cui titolo prende vita dall’affermazione della protagonista Giuseppina,una ora trentacinquenne calabrese : ”Sono senza due gambe, vero, ma ho ancora una testa ed un cuore integri e non permetterò a nessuno di scalfirli”. Che aggiungere, se non che la Giusy che parla in prima persona di una parte importante della sua vita che le ha fatto cambiare radicalmente la quotidianità e le proprie priorità, ha un cognome di peso nel mondo della moda: suo padre, Alfredo, è cugino di Gianni, Donatella e Santo. L’international fashion house o per dirla alla francese che fa tanto chic maison pret a porter Versace vi dice qualcosa?

Parto alla lontana, da un segno distintivo inscenato su manifesti pubblicitari da modelle. La Gorgone con capigliatura arruffata serpentina, il volto Rondanini che campeggia dietro la passerella colorata e fastosa della griffe italiana ossia la nota Medusa, simbolo greco di bellezza, arte e filosofia. Leggenda metropolitana vuole che fosse stato scelto come logo per il potere magnetico e fatale della donna. Chi si innamora della Medusa non ha scampo. Parafrasando, mi permetto di citare non a sproposito la filosofia di Gianni che ricadeva sul concetto che chi è conquistato da Versace, non può tornare indietro, è una seduzione che non ha mai fine, la Medusa è Giusy. Potrebbero essere le sue così dette “cheetabs” o protesi carboniche le ali che metaforicamente l’effige ha sulle tempie e le permettono di volare in alto e sullo sguardo pietrificante e la chioma scompigliata la Calabrisella non ha niente da invidiare. E già, come non essere affascinati da una donna così speciale. Bella come una modella, dal sorriso intrigante, gli occhi sfavillanti d’entusiasmo, intelligente, piena di risorse, abilità e talenti che le hanno permesso di superare i suoi limiti e difficoltà.
Ma parliamo di problematiche serie eh! Essere priva degli arti inferiori o per dirla scientificamente, amputata bilaterale dall’età di ventotto anni per un incidente stradale non è uno scherzo. Ma guardandola e sentendola raccontare in Con la testa e con il cuore si va ovunque, sebbene in certi punti vi sia presente la rabbia nel tarlo ” perché proprio io?” ciò che le manca non salta all’occhio e addirittura sembrerebbe che una sua nonna Margherita non se ne sia mai accorta, perché ha saputo affrontare le difficoltà e superarle giorno per giorno con tre strumenti fondamentali ben enunciati e descritti nel libro. Uno; lo sport che a suo dire, giustamente “non è un lusso per chi vive una disabilità: è un modo per superare ed accettare una condizione spesso di difficoltà, che richiede uno sforzo costante e una tenacia indistruttibile”. Con questo spirito ha vinto nei 100 metri ai campionati italiani di Atletica paraolimpica, correndo in 19 secondi e 93 centesimi ed ha fondato onlus Disabili no Limits. Due: la famiglia e gli amici che, cito “ un grande lutto, in questo caso la perdita delle gambe, rende più esigenti. I grandi dolori nella vita facilmente separano le persone, ma se il rapporto è davvero solido, uniscono ancor di più”. Per questo motivo non solo Domy, Mamma e Papà ci sono ma anche le tre amiche Kathia, Manu e Fely formano le indissolubili ”Quattru da petrazza” mentre il fidanzato Sacha è diventato ex. Tre: la fede: “Dio manda le persone che ci occorrono per far sì che diventiamo ciò che eravamo destinati ad essere”.
E su quest’ultimo mi soffermo un attimo ancora, prima di mettere un punto alla fiaba, in quanto parte a mio vedere, dolente di Con la testa e con il cuore si va ovunque. Chi è credente ha un arma in più per farcela-non per niente la religione venne definita da un certo Marx l’oppio dei popoli-e fin qui tutto ok. Dà assuefazione e consente la sopportazione nella speranza che…. Ma,c ’è sempre un ma purtroppo o per fortuna, non ce l’abbiamo tutti. E’ un dono. Gradito? Direi cinicamente comodo. A volte sembra addirittura un lifesaving drug la cui somministrazione è necessaria per salvarci dalla morte in questo caso direi piuttosto dalla non vita terrena, sopravvivenza senza una gratificazione, piacere, gioia. Qui cade il palco e mi permetto di suggerire consapevole di non essere originale… viviamo il presente, carpe diem, come unica chance con principi morali e senso civico insindacabili. Di predestinazioni ed interpretazioni di un mondo con scopi ed obiettivi ne abbiamo fin sopra i capelli, noi laici convinti. Ci lascino vivere senza imposizioni. Ci lascino pensare al caos e alla casualità dell’esistenza: di ricompense e di paradisi affollati ne possiamo far a meno ben volentieri. Ci lascino rimaner qua e godercela naturals a prescindere…ma se la Giusy vuol solo raccontarci il suo vissuto questo mi sta bene e le discussioni su religione e credo, le faremo in altro loco magari su un meraviglioso tartan color del cielo.