Autore: Antonella Lattanzi
Pubblicato da Einaudi - Marzo 2023
Pagine: 216 - Genere: Narrativa, Narrativa Contemporanea, Narrativa Italiana
Formato disponibile: Audiolibro, Copertina Rigida, eBook
Collana: Supercoralli
ISBN: 9788806259457
ASIN: B0BVTBBWP4
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Se, e come, un'anima possa essere felice e spezzata nello stesso momento. Se sia possibile vivere l'infelicità come un dovere, all'intersezione tra giudizio e vergogna, quando sofferenza e ricompensa sono considerate da una certa società facce della stessa medaglia. Tutto questo, in un immane e rabbioso esercizio di libertà, in faccia al (e nonostante il) dolore più abissale, è “Cose che non si raccontano”: a ricordarci che il ruolo della letteratura è quello di dire tutto e tacere nulla. Perché quel tutto è la vita, e negarla non è ammissibile.
Ma non si può scrivere un libro risparmiandosi. Si spera di poterlo scrivere non avendo pietà di nessuno, neanche di sé.
Cose che non si raccontano non è una storia, ma la vita di un’autrice che è personaggio e narratore. Antonella è una donna, non più una ragazza, e vuole avere un figlio, vuole essere genitore. La burrasca che l’aspetta e che decide di condividere è la storia dei suoi tentativi di procreazione assistita, un percorso di speranza e voragine, risalita e caduta libera.
Appare quasi inutile scendere nei dettagli della cronologia, nell’accavallarsi di visite mediche, assunzione di farmaci di ogni tipo, rischiose operazioni, viaggi in ospedali d’Italia. Sembra vacuo soffermarsi sulla successione degli eventi, l’esperienza abortiva affrontata in gioventù, innocuo evento trasformatosi in fantasma, la delusione dei primi fallimenti, i tentativi successivi e le complicazioni impensabili, le volontà ferrea di mantenere intatta una carriera che è anche la propria vita, la sensazione di uccidere chi si vorrebbe far venire al mondo ed il rischio di morire sé stessi.
Dico «sangue» come gli dicessi «scusa».
Ciò che rimane quando si posa il libro non è infatti tanto l’ordine degli eventi, né la “trama” potente di questa storia, per quanto assurda, per quanto matematicamente inimmaginabile, per quanto inesorabile. A rimanere cicatrizzata sulle pareti dello stomaco è invece la centrifuga di sentimenti, i vortici di dolore in cui la protagonista viene sbattuta e stravolta; e sul fondale, collezionate ad una profondità a cui lo scrittore comune non ha accesso, una serie di riflessioni universali, granitiche e preziose come rocce, che Antonella fa per se, che l’autrice fa per noi – perché forse da soli non ci riusciremmo, forse neanche ci proveremmo – sulla maternità, la solitudine delle madri ed il ruolo degli uomini, sul diritto alla vita e il diritto ad abortire nel nostro paese, sul trattamento del dolore e la cura del prossimo. In un mastodontico esercizio di dignità. Perché appunto, alcune cose non si raccontano, di certi tabù non si parla.
Leggere Cose che non si raccontano non garantisce alcun ribaltamento di trama, alcuna stimolante sorpresa con finale. Leggere Lattanzi significa leggere un racconto stracolmo di una ingenua, comprensibile ed esagerata speranza, macchiata fin da subito da un presagio, evidente fin dalle prime pagine, di qualcosa di straziante che sarà accaduto quando avremo finito, rendendo la speranza del racconto un’amara certezza.
Ma leggere Cose che non si raccontano significa anche ascoltare la voce di una donna testarda dalla forza struggente. Un’autrice che decide di riportare a galla, con un esercizio di immersione nel dolore, ciò di cui nessuno vorrebbe discutere, ciò che tutti fanno finta di non vedere: per vergogna (perché si condividono situazioni simili a quelle narrate), o per orgoglio della propria posizione, e del giudizio esterno che questa provocherebbe. Leggere Lattanzi è quindi essere forzati (per il nostro bene) all’ascolto di una donna a cui accadono cose che non si dovrebbero raccontare, e che sceglie invece di farlo, diventando ciò che è e vuole essere, in totale libertà.
Mi annoia addolorarmi. Lo detesto.
Approfondimento
Cose che non si raccontano ha innanzitutto il pregio di rivolgersi non solo alle donne, ma a tutti quelli che abbiano la forza ed il coraggio di porsi in ascolto: uomini, donne, personale sanitario, mondo della politica. Il libro ha una prosa dall’asciuttezza dritta, diretta, che va in profondità. Ed in fondo a quel precipizio Lattanzi ci impone il confronto con quelle cose che consideriamo zone proibite, dove vige la legge del divieto sacrale di discussione. Come il giudizio trasmesso da un certo personale sanitario, macchiato di una certa dottrina cattolica sulle tematiche del diritto alla vita, quasi a rendere il percorso di Antonella un laico (se non ateo) calvario, dove diritti e sensi di colpa si intrecciano inestricabilmente. Ed ancora, il rapporto tra dolore e virtù: si può meritare qualcosa unicamente per aver sofferto? Alcuni forse, di fronte alle vicende di Antonella, risponderebbero, con giudizio e morale, di sì, anche se Antonella probabilmente sente solo di meritare un po’ di pace. Ed infine il rapporto con il compagno e il ruolo del padre, dove appare evidente il distacco – temporale, psicologico – tra i momenti in cui uomo e donna si trasformano in padre e madre.
Più volte durante la lettura si percepiscono momenti in cui l’accumulo degli orrori che accadono potrebbe far venire voglia di limitarsi a sopravvivere. Ma il racconto stesso di quelle cose, fuoriuscendo dalle parole, e portando in superficie ciò che dalla luce solitamente non è sfiorato, testimonia come Cose che non si raccontano, racconto frutto di una rabbia creatrice, si dimostra letteratura nella sua accezione più pura, espressione di vita.
Quello che diventi, certamente, lo scegli tu. Quello che ti accade, spesso, no.
Matteo Quartieri