Autore: Roberto Saviano
Pubblicato da Giunti - Novembre 2022
Pagine: 168 - Genere: Narrativa Italiana
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Scrittori Giunti
ISBN: 9788809977860
ASIN: B0BG8N1ZJK
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Hanno appena dieci anni Dario, Giovanni, Giuseppe e Rino, ma formano già il quartetto di calciatori più affiatato del quartiere, alla periferia nord di Napoli. Le rincorse al mitico pallone Super Santos screziano d’arancio la monotonia dei caseggiati, i suoni del gioco spezzano il ritmo di giorni sempre uguali, tra pusher e caporioni che stabiliscono le regole violente e insindacabili di una realtà che non offre alternative. Per i ragazzini il calcio è una boccata d’aria pura, una speranza incastonata nei loro giovani cuori. Così, quando il boss locale gli offre del denaro – oltre a una fornitura illimitata di palloni nuovi – per giocare nella piazza di spaccio, a loro sembra di sognare. In cambio, dovranno soltanto urlare forte ogni volta che si avvicina una volante della polizia. Non gli ci vorrà molto per rendersi conto che la camorra ha usato proprio il calcio per piegarli alle sue logiche. Ma nei lunghi pomeriggi di sfide “all’americana”, ginocchia scorticate, sudore e fiato rotto, i quattro amici hanno imparato la libertà. Sarà difficile dimenticarla. Anche dieci anni più tardi, quando la vita li metterà di fronte alla necessità di ripescare quel ricordo, all’urgenza di riassaporarlo per non dover rinunciare definitivamente alla loro umanità.
“ Ah, ah, ah…’O sacce addò sta ‘o Plebiscito.” Tonino si fece un’altra risata. “Però stavo pensando, sentite…” allargò le braccia poggiandole sulle schiene di tutti e quattro, unendoli a raccolta come un coach con i suoi rugbisti. I ragazzini si lanciarono occhiatine di sbieco, tutti rigidi e sul chi va là, stupiti da quell’improvviso slancio di confidenza. “E se invece di andarvene fino a Plebiscito vi rimettete a giocare qua?” […] “Però dovete giocare tutti i giorni. Tutti i giorni vi voglio vedere ccà, dal pomeriggio fino alla sera. Vi voglio professionisti! Va bbuon’?” […]” Solo una cosa dovete fare, ma siete così bravi che per voi è ‘na strunzata.”
Un vizio qualsiasi esso sia può risultare fatale.
Quattro ragazzini vivaci popolano le strade di Napoli giocando all’unico divertimento che apprezzano: al calcio. Vivendo perlopiù alla giornata e ricevendo quotidianamente sgridate e scarpate dai genitori, distruggendo qua e là qualche statua, rompendo delle finestre o causando piccoli incidenti, tutto normale da queste parti, niente da dire, senza alcun rimorso. Le giornate scorrono lente tra un tiro e l’altro. Uno sport quello del calcio partenopeo dallo stile tutto suo, dall’antropologia ben definita e dagli schemi prettamente omofobi. Qui l’elemento principale è il pallone, ma non un pallone comune, il Santos, unico elemento distintivo, prima dell’irraggiungibile gonfiato di cuoio, prerogativa di pochi.
Quando ti presentavi con una versione tarocca – “pezzotta”, in napoletano – del Super Santos al campetto dovevi sempre giustificarti, dare una prova ai presenti che i negozi vicini avevano finito quello vero oppure che sulla spiaggia non ne vendevano più. Ma se sgamavano che avevi scelto deliberatamente una patetica imitazione, non avevi più diritto a giocare. Il pallone se lo prendevano, ma tu eri fuori.
Dario, Rino, Giuseppe e Giovanni, che ben potrebbero essere Alfredo, Riccardo, Marco e Simone, non hanno alcuna pretesa se non quella di abbandonarsi ogni giorno al loro beneamato vizio, senza accorgersi che forse in un paese come quello in cui vivono ci sono delle regole tacite che bisogna tener conto. Le cellule malate iniziano così a farsi largo nella loro piccola quotidianità.
Il luogo dove si disputano avvincenti partire di calcetto altro non è che la culla degli spacciatori, vittime indifese, da proteggere dalle agguerritissime forze dell’ordine, e chi può farlo se non i quattro moschettieri che al “tutti per uno, uno per tutti” sostituiranno “ O’ pallone, O’ pallone”?.
Improvvisamente senza nessuna spiegazione la costante presenza dei ragazzi diventa indispensabile, mentre la loro libertà si affievolisce affrancata dall’imperversare della malattia che muta il vizio in un ineluttabile destino di morte. Solo Dario si accorge per tempo e pone fine al vizio abbandonando il pallone, perché questo non è giocare, non esprime spontaneità. Così la famiglia costretta ad emigrare fa i bagagli e si allontana da Napoli.
Era troppo bella l’azione. Mi dispiaceva che finiva così, con un senza niente […] Un senza niente… Ma tu veramente vuoi fare il calciatore coi soldi miei? Il capocannoniere della serie A è arrivato… non poteva non finire l’azione, l’attaccante! Sì sul’ ‘nu strunzill’, e io cchiù strunz’’e te che t’agge pigliato.
Nell’incertezza Rino, Giuseppe e Giovanni diventano adulti e le aspirazioni calcistiche si ammutoliscono dinnanzi all’avanzare della malattia, ma alla consegna, a quella consegna non possono mancare né vale della loro libertà che li lascerà o vivi o morti, ma liberi.
L’intento però non convince Rino che, come Dario, fece in precedenza non vuole rinunciare al proprio cuore, vuole salvarlo nel possibile, il vizio non lo gradisce più. Giuseppe e Giovanni gli fanno credere di essere dalla sua parte, ma al contrario perseguono l’obiettivo.
Tonino è soddisfatto, ora non ci sono più problemi, ma non dimentica e così per un marcio destino i tre, ormai distanti fra loro, vengono riuniti e arrestati brutalmente da agenti impostori e la fine che avrà un unico destino vedrà un’amicizia indissolubile non cedere al male.
Approfondimento
In Cuore puro il tema della mancanza di libertà è l’inchiostro per la penna di Roberto Saviano i suoi protagonisti restano invincibili anche nelle peggiori condizioni e si ricordano per la loro fortezza d’animo, sono attori anche banali, ma per questo simili a tutti noi. Ciò che Saviano denuncia attraverso una narrazione pulita e coinvolgente è un male che è radicato nella storiografia italiana e che fa parte di un popolo e non solo di un paese, l’intento è quello di spingere il lettore a guardare oltre i limiti geografici e assumere una posizione. Lo scopo non è intimorire, ma bensì descrivere per ricordare, perché di mali così ce ne sono molti e questo da lui così caldamente affrontato non è che uno dei tanti che ci impedisce di vivere serenamente.