Autore: Dario Levantino
Pubblicato da Fazi - Novembre 2019
Pagine: 265 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Le strade
ISBN: 9788893255929
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Rosario vive a Brancaccio. Rosario vive solo con la madre, una madre che soffre di anoressia e della quale si deve occupare. Il padre di Rosario ha un’altra famiglia, un’altra donna, un altro figlio. Il padre di Rosario ora è in prigione per “colpa” di Rosario. Rosario ha contro l’odio del padre e del fratellastro, la miseria, i servizi sociali e una vita complicata fatta di lotta per la sopravvivenza. Ma ha dalla sua una madre da salvare, gli eroi della letteratura e l’amore di Anna.
Perché quando capiamo che anche nostro padre ci odia, allora ci sentiamo disperati.
Troviamo queste parole nella prima pagina di Cuorebomba, un romanzo che ci porta nel cuore della periferia palermitana, a Brancaccio, e che ce la fa vedere attraverso gli occhi di Rosario, ragazzo costretto ad affrontare non solo la vita in un quartiere difficile, ma anche in una famiglia che di facile ha ben poco. Il padre, ora in prigione, ha una seconda famiglia, e la tristezza per questa scoperta ha portato la madre sulla strada dell’anoressia. Rosario è costretto a crescere troppo in fretta a combattere una lotta giornaliera, per salvare se stesso, la madre e il loro stare insieme. Ma verrà il giorno in cui nulla potrà contro l’intervento dei servizi sociali e contro ciò che la vita ha in serbo per lui.
Cuorebomba è sì la storia di Rosario (personaggio che ritorna dopo Di niente e di nessuno romanzo d’esordio di Dario Levantino), ragazzo sensibile, nato forse nel quartiere sbagliato, tra povertà e crimine, ma nato con un cuore pronto a esplodere di passione e capace di lottare senza risparmiarsi, senza considerare le conseguenze, per proteggere chi ama o per ciò che crede giusto. Un ragazzo che pare abbattere il muro della miseria delle sue origini, trincerandosi dietro un mondo fatto di eroi mitologici e letterari…
Leggere era l’unico modo che conoscevo per non affondare nel fango, mi permetteva di andarmene di casa pur restando immobile, mi insegnava a tifare per i perdenti, per quelli che cadevano e non sempre sapevano rialzarsi, come i Troiani nell’Iliade, Padron ‘Ntoni nei Malavoglia di Verga, o i Miserabili nel romanzo di Victor Hugo.
e aggrappandosi al suo amore per Anna…
mi sembra un diavolo che mi sussurra all’orecchio il peccato che alla fine mi salverà. Lei non è come la Beatrice di Dante o come la Laura di Petrarca: non fa da tramite tra il cielo e la terra, ma tra la terra e l’abisso
Ma questa è anche la storia di quel quartiere, Brancaccio, che qua diventa protagonista non secondario. È la storia del rapporto che Rosario ha con le sue origini, con quel luogo che è abitudine per lui, sottofondo imprescindibile di ogni sua giornata
Brancaccio questo è. Prendere o lasciare.
Però, di fronte a questa desolazione, c’è il mare.
C’è che, quando le cose vanno male, te ne vai in spiaggia, e non è che le cose vadano meglio, vanno sempre male, ma almeno non sei solo.
Brancaccio è il mio rione. A Palermo, quartiere più bello di questo non c’è.
E queste origini Rosario le cercherà sempre anche quando sarà costretto a lasciare il suo quartiere. Le cercherà nei rumori, nei ricordi, in quell’album di foto di sua madre che tiene sotto al cuscino. E nel dialetto, ovviamente. Dialetto che diventa esso stesso rifugio, muro, a volte arma, ma soprattutto traghettatore verso il luogo degli affetti.
E il linguaggio è un tassello importante nell’opera di Levantino. Il dialetto in contrapposizione con la lingua italiana, la lingua dei ricchi, la lingua di chi lo emargina e lo fa sentire “trasparente”, la lingua della scuola. Ma anche il linguaggio dei libri di Rosario, di quei personaggi che diventano metafore e similitudini da portare nella vita di ogni giorno. Di quegli eroi che lo spingono a provare a essere eroe a sua volta e a uscire da quella “trasparenza” nella quale si rifugia, ma della quale si sente anche prigioniero. E, infine, è il linguaggio dell’amore. Il linguaggio di Anna, fatto non solo di parole ma anche di emozioni, è il linguaggio dei sensi…
vuole insegnarmi l’arte dell’amore, che è combinazione di respiri, sospensione del piacere
Ed è questo linguaggio, questo vedere il mondo attraverso gli occhi di un sedicenne (cosa che Levantino riesce a rendere molto bene, conducendo una narrazione fatta di episodi, di pensieri e di ricordi, a volte di sogni, di apparizioni) che mitiga e rende quasi accettabile il mondo duro e violento della periferia palermitana. Una sorta di sguardo ingenuo, puro pur nella durezza di chi ha dovuto plasmarsi in una vita che di morbido gli ha offerto ben poco.
Cuorebomba è soprattutto un romanzo di formazione. Rosario diventa veramente adulto quando capisce che deve allentare i pugni e smettere di lottare. Quando capisce che la strada da percorrere è quella di lasciare andare la violenza e riuscire a perdonare, magari anche se stesso. Cuorebomba è un romanzo che parla di sofferenza e di pregiudizio, di perdita, ma anche di speranza. Levantino pare dirci che nella vita vale sempre la pena essere dei cuoribomba dei portatori di amore, piuttosto che dei cuorisecchi; e che forse la salvezza sta tutto in questo.
Approfondimento
Cuorebomba attraverso un personaggio ben costruito e al quale non puoi che voler bene, riesce a trasmetterci la sensazione che un riscatto è sempre possibile. Lo è quando credi fino in fondo, o forse quando non hai alternative; lo è quando sei supportato dall’amore: che sia per una ragazza, per la famiglia, per il cane, per i libri, per un luogo o per il gioco del calcio. Quando, in fondo, hai qualcosa a cui poterti aggrappare. Perché, come dice appunto il nostro protagonista, (che ricordiamo è anche portiere della Virtus Brancaccio)
Mi convinsi che il calcio era tutta una metafora. Forse gli attaccanti avversari erano le insidie della vita e la mia indole a difendere i pali era la mia urgenza di vita, il mio aggrapparmi con le dita per non affogare, per scacciare la morte.
A chi lo consiglio? A chi ama leggere, a chi crede, come Rosario, che i libri aiutino a evadere o siano spunto per trovare la via dell’evasione. A chi ama il calcio. A chi ama le storie del Sud, le belle storie del Sud. Ma, alla fine, a tutti.
Monia Merli