
Autore: Jeff Bartsch
Pubblicato da Nord - Aprile 2016
Pagine: 322 - Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Narrativa Nord

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Tradizionalmente i cruciverba servono a tenere la mente in esercizio. Sicuri che servano soltanto a questo? Vera e Stanley fanno ruotare attorno alle parole crociate la loro intera vita, o quasi, scoprendo che a una definizione banale non corrisponde necessariamente una risposta altrettanto scontata e che, in amore, non ci sono schemi o definizioni che tengano.

Nel 1960 Vera Baxter ha quindici anni e vive con la madre Vivian, seguendola nei suoi viaggi attraverso l’East Coast. La donna è infatti la segretaria di un commesso viaggiatore dell’IBM e sopporta gli spostamenti con zelo perché spera in una promozione; collateralmente, gradirebbe anche trovare un marito. Vera trascorre il tempo sui sedili dell’auto o nella stanza di qualche squallido motel, studiando per tenersi in pari con la scuola e leggendo tutto quello che le capita sotto tiro. La sua più grande passione è la matematica, in particolare la teoria dei gruppi; è molto brava anche in ortografia, e infatti arriva in finale al campionato nazionale, che si tiene a Washington in un lussuoso hotel.
In questa gara, l’unico altro concorrente alla sua altezza è Stanley, un ragazzo della sua stessa età che vive in quell’albergo con la madre Martha; il padre di Stanley era il concierge dell’hotel e, dopo la sua scomparsa in guerra, alla vedova e al figlio è stata data la possibilità di alloggiare in una delle suite. Vera e Stanley sono ugualmente intelligenti e brillanti e infatti il concorso si conclude, per la prima volta, con due vincitori.
Da quel momento, ogni anno i due giovani sono chiamati a presenziare alla competizione; nel 1962 Stanley fa visitare la città a Vera, che inizia a innamorarsi di lui. Il ragazzo intanto è pressato dalla madre che, dopo la morte del marito, sembra aver deciso di non voler più subire sconfitte dalla vita e vive rintanata in albergo progettando il futuro del suo promettente figlio in una prestigiosa università. In realtà Stanley non vede l’ora di conquistare libertà e indipendenza e sogna di fare l’enigmista: trascorre ore a elaborare cruciverba e poi li spedisce ai giornali, illudendo la madre che tutte le buste imbucate siano richieste d’ammissione ad Harvard o Princeton. Uno dei suoi schemi viene accettato dal New York Times e questo rafforza nel ragazzo il desiderio di sganciarsi dalla madre e dall’albergo per inseguire il suo sogno.
È a questo punto che elabora un progetto in cui decide di coinvolgere l’unica altra persona che conosce altrettanto intelligente e prigioniera: Vera. L’idea geniale è fare finta di sposarsi: annunciare le nozze, sperando che sia il gestore dell’hotel a pagarle in segno di affetto, raccogliere i regali e i doni in denaro e iniziare una nuova vita a Cambridge, dove Vera potrebbe seguire i corsi universitari e Stanley far carriera nell’enigmistica. Tutto questo grazie a Socrate, la penna ad inchiostro simpatico di Vera. La quale accetta di farsi complice di Stanley perché ne è innamorata e, anche se è solo per finta, è meglio di niente e spera che, vivendo nella stessa cittadina, il loro rapporto conduca prima o poi a un matrimonio vero.
“Capisco. Innamorati.” Trattava quella parola come una gomma da masticare appiccicata alla suola. “È ingannevole, l’amore”. Con calma olimpica, posò la tazza sul tavolo invaso dai contratti, dalle fatture e dai faldoni. “Se ne dubita sempre. E, quando si comincia a crederci, ecco che se ne va”.
Raggiunto lo scopo, Stanley non capisce che, al di là della finzione, Vera è la donna della sua vita. Si perde nelle griglie dei cruciverba, incasina la propria vita e anche quella di lei, che si allontana e si nasconde per proteggersi. Sarà possibile alla fine interrompere il circuito della bugia e ritornare a una vita autentica, riconoscendo i sentimenti veri e i reali bisogni? E, forse, salvare un rapporto come ce ne sono pochi?
Due verticale è un romanzo insolito, originale e gradevole che di fatto, tra caselle nere e incroci diagonali, parla dell’unica cosa che nella vita conta davvero: l’amore. E niente sospiri di compatimento: non si tratta di una banalità, ma di un fondamento.
Approfondimento
Due verticale fa un po’ fatica a decollare, ma diventa poi una piacevole lettura da cui traspare una visione della vita non del tutto pessimistica; ho colto una nota di sano ottimismo che mi ha fatto l’effetto di una boccata d’aria fresca.
Ho gradito molto quelli che poi sono due elementi centrali nella storia, cioè i cruciverba e la penna Socrate. L’idea degli schemi tematici, del nascondere messaggi e quindi comunicare attraverso le parole crociate rivela un lato dell’enigmistica che non avevo mai considerato e le dà un valore aggiunto. L’utilizzo della penna ad inchiostro simpatico, con la sparizione di firme e frasi dopo poche ore, può spaventare in quanto simbolo dell’effimero, ma Vera in realtà la sfrutta anche per ottenere il risultato contrario, cioè far durare qualcosa che se messo nero su bianco cesserebbe di esistere. Come a dire che i sentimenti veri e i ricordi importanti sopravvivono sempre in una dimensione tutta loro.
Vera e Stanley sono due menti e due anime che si riconoscono al primo incontro e quando è così impossibile che stiano davvero separati e riescono sempre a ricongiungersi. Ciò che li unisce, e che Stanley fatica a riconoscere all’inizio, è un legame superiore perché profondamente radicato sul piano intellettuale ed emotivo, non solo fisico.
Tutto questo a partire da un matrimonio che avrebbe dovuto essere una farsa, ma si è trasformato nella cosa più autentica che entrambi abbiano mai vissuto. Quindi il matrimonio, istituzione tanto bistrattata, non è poi così male: se uno finto fa quest’effetto, figuriamoci quale magia possa contenere un matrimonio vero.