
Autore: Katia Tenti
Pubblicato da Neri Pozza - Settembre 2024
Pagine: 304 - Genere: Biografico, Romanzo storico
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: I narratori delle tavole
ISBN: 9788854530546
ASIN: B0DCC6JDXY

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Il castello di Fiè allo Sciliar, un luogo da fiaba tra le Dolomiti, nasconde un passato oscuro: nel Cinquecento, tra le sue mura, trenta donne furono accusate di stregoneria, torturate e bruciate vive. Barbara Vellerin, guaritrice cresciuta in armonia con la natura, fu vittima di una caccia spietata alimentata da superstizioni e fanatismo religioso. Cinquecento anni dopo, Arianna Miele, antropologa alle prime armi, viene incaricata di curare una mostra sulle streghe dello Sciliar. Nel riportare alla luce quelle vite dimenticate, scopre una verità sconvolgente sull’eroe locale, Franziskus von Stauber, e trova la forza di dare voce a un’innocente sacrificata. Una storia di ingiustizia, coraggio e riscatto.

«Liberarsi di qualcuno senza subirne le conseguenze. In ogni caso, è anche per questo che i due pubblicano il Malleus maleficarum. È un modo per… dare corpo al problema, diciamo così». Feci un cenno al tomo nella teca dietro di me. «E dove lo individuano il problema? Non nella stregoneria in sé, ma nella donna che secondo loro ne è portatrice sana. D’altra parte, la donna è già per sé stessa una strega potenziale: nello stesso Malleus si legge che “senza le donne, la Terra sarebbe un paradiso”. È una traduzione un po’ a braccio, ma questo è».
E ti chiameranno strega non è solo un romanzo costruito su una storia vera, ma è anche un modo per diffondere conoscenza. Un castello che appare come fiabesco, il castello di Fiè, ha vissuto tragedie, è stato teatro di crimini orrendi perpetrati nel nome dell’ignoranza, con intento volontario di fare del male, di torturare e di violentare e al contempo di imporre aggressivamente la supremazia del ricco, del nobile e dell’uomo sulla povertà e la donna.
Quando finalmente salutai i miei genitori, non ero ancora riuscita a distogliere lo sguardo dall’incisione. Cos’avrei dovuto vedere in quelle donne per capire che erano quattro streghe? O meglio: cosa distingueva una strega da una donna qualunque? Purtroppo, conoscevo la risposta: nulla di speciale. Spesso bastava un carattere esuberante. Bastava suscitare un po’ di invidia, o un po’ di gelosia. Bastava essere troppo orgogliose, pensare un po’ troppo. Bastava un po’ di sfortuna. A volte, bastava essere una donna e non serviva altro. E infatti il buon Dürer non si era sforzato molto nel caratterizzarle. Sono donne, vero? D’accordo, e quindi sono anche streghe.
Il punto di partenza del romanzo è questo, uno scenario di altri tempi, un contesto storico che ospita un tribunale per stregonerie e allo stesso tempo una facoltosa fondazione, il cui artefice non è altro che il discendente del capitano del Tirolo famoso per aver sostenuto e aiutato le povere malcapitate donne nei processi di stregoneria, e che si pensa possa essere stato un uomo meraviglioso in un’epoca di terrificanti azioni, ma sarà davvero così oppure la storia reale è stata insabbiata? Arianna Miele, o Ariana Miele, studiosa e giovane antropologa lascerà il paese leccese per avventurarsi nello Sciliar dove ad accoglierla troverà il famoso docente Moser e il suo codazzo di ammiratori. Lui un uomo integerrimo, erede della dinastia del capitano, ha scelto proprio lei per la sua prossima e ricca mostra con la quale arricchisce il prestigio dell’intera zona, nonché la stima personale.
«Questi hanno la bolla papale a coprirgli le spalle, possono dire quello che vogliono. E se ci pensate, non è che sia cambiato granché: ancora oggi, se una ragazza viene violentata, spunta subito qualcuno per il quale la colpa è sua, che era promiscua e indossava vestiti provocanti. A ogni modo, la cosa interessante è vedere quanto questi due si divertivano a parlare di perversione sessuale: a leggerlo oggi sembra praticamente un’iniziazione alla pornografia».
Arianna partirà dal paese con grandi speranze, ma al suo arrivo quello che troverà la farà crescere improvvisamente. La passione per la giustizia e la verità la porteranno a indagare con veemenza sul processo avvenuto nel Cinquecento a Castel Presule sulle donne torturate e arse al rogo per motivazioni assurde e incredibili, lei scelta come curatrice per maggiorare l’enfasi del capitano sventrerà un vaso di pandora ribaltando completamente la credenza popolare fino ad allora nota. Mentre Arianna rivive nei testi e nei reperti le vicende centrali delle cosiddette streghe, ascoltiamo in contemporanea anche il racconto di Barbara Vellerin, una delle donne accusate, per mezzo della quale materiale volutamente nascosto da Moser verrà ritrovato e grazie al quale si riuscirà a ricostruire il vero ruolo del capitano del Tirolo Franziskus von Stauber, conferendo finalmente voce e difesa a tutto il dolore patito dalle povere sventurate.
Tra panorami mozzafiato e ambienti lussuosi si svolgerà quindi una lunghissima e preziosa indagine che riscatterà dal pregiudizio e dal sopruso valorizzando al contempo anche l’audacia e la figura della donna rappresentata dalla stessa Arianna, una donna in qualche modo fragile, ma forte e resistente, che nel suo lungo peregrinare non troverà la strada spianata bensì numerose insidie creatosi per il semplice fatto di essere femmina.
Approfondimento
Così torniamo a casa, e la mamma ci spiega cos’è la magia. È come leggere un libro, dice. Come il prete che a messa apre quei suoi volumoni e guardando le macchie nere sul bianco della carta vede la parola di Dio. Ecco, noi leggiamo i segni della terra e delle persone. Dove altri vedono macchie nere, noi vediamo il dolore e la cura. E dobbiamo scegliere la cura, sempre: anche quando è difficile distinguerla dal dolore. Io questa cosa l’ho capita dopo. In questo tempo buono, con mia madre, non c’è ancora nulla da capire. Siamo al sicuro.
Il concetto in sé è terrificante, la donna vista e temuta come una strega, a prescindere che sia in grado di compiere o meno dei malefici, un vescovo che nelle sue parole usa toni grotteschi per descrivere la società femminile, paventando al contrario un paradiso in cui esistono solo uomini. L’eresia e il peccato sono ampiamente femminili, nel momento in cui un uomo sbaglia è certamente da attribuirsi ad un’azione della donna. L’etimologia “Striga” come spesso impiegata nel testo riporta ad un uccello notturno dai nefasti presagi di genere femminile che si nutre del sangue di bambini e che nel tempo tra una tradizione ed una usanza si trasforma in una donna malefica associando quindi la terminologia alle Streghe di cui si fa menzione nel romanzo e nella letteratura moderna.
Katia Tenti con la sua scrittura semplice e magnetica riesce a rappresentare la crudeltà della devianza sociale e l’accanimento come vero e proprio meccanismo di controllo sociale, una caccia quella alle Streghe che nel Tre – Quattrocento ha incaricato inquisitori per ogni paese di fare razzie lasciando nelle mani di pochi il potere di disperdere dolore e persecuzione, ma anche violenza senza scopo.
Nausicaa Baldasso