Autore: Jerry Pinto
Pubblicato da Salani - Giugno 2016
Pagine: 24 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Romanzo
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Il racconto della nascita di una famiglia attraverso i ricordi, un legame unico riportato alla memoria tra una crisi e l’altra. Questa è la storia della famiglia Mendes raccontata dalla viva voce di Em durante i suoi momenti di lucidità e attraverso i suoi diari e le sue lettere. L’India come sfondo di una vicenda familiare che in un rapporto amore-odio offre rari momenti di dolcezza e disperazione.
Era semplicemente così che la gente ricordava le cose, per squarci e immagini…
Schizofrenia, disturbo bipolare, depressione… le definizioni delle malattie mentali sono tante. Imelda, Em (La parola mamma è diventata Em, ridotta dai suoi figli alla semplice iniziale in riflesso alla riduzione del suo significato e del suo valore), è semplicemente pazza, è così che si riferisce a se stessa. Questa condizione influenza la vita di tutta la sua famiglia. Non si sa mai quando la prossima crisi colpirà, se sarà un attacco di euforia incontrollata o se la getterà in un buco nero di desolazione.
In India essere figlio di una veedi (pazza) non è una condizione facile da gestire. Dopo vari tentativi di suicidio, la famiglia le si stringe attorno, la protegge, la controlla, cercando di tenerla legata più possibile alla realtà. Un lavoro estenuante per i due ragazzi, ma che riesce naturale al marito Augustine, il Grande Uhm: quando lui è presente lei si tranquillizza, si addolcisce, è lui il perno intorno a cui gravita la famiglia, il pilastro su cui poggia quel piccolo gruppo di persone.
Nei momenti più difficili Em trova rifugio e conforto nei ricoveri presso una clinica per malattie mentali, sempre la stessa, sempre nella stessa camera; entrare in quel posto ha un effetto immediato sul miglioramento dei suoi stati di disperazione: diventa attiva, aiuta gli altri ricoverati, dispensa consigli.
La donna non è sempre stata malata di mente, la sua vita è scorsa in maniera normale per molti anni ed è proprio aggrappandosi a quella parte della sua storia che suo figlio cerca di comunicare. Le chiede di raccontare di come lei e Augustine si siano conosciuti, di ricordare la nascita della loro storia d’amore. Le domande sono le solite che un figlio può rivolgere a un genitore, fuma un beedi prepara un tè e piano piano le tornano in mente i momenti più significativi della sua vita, intervallati da digressioni che la portano fuori tema, di quando ha conosciuto l’uomo di cui si è innamorata, dell’intervento risolutivo messo in atto da sua madre affinché finalmente si sposassero, finanche di come risolveva il problema delle gravidanze indesiderate. Spesso il suo linguaggio è volgare, sembra quasi di parlare con un’adolescente sboccata. Non manca di incolpare proprio suo figlio della sua condizione, infatti i primi segnali della malattia si sono manifestati in seguito alla sua nascita con il primo tentativo di togliersi la vita. Nel cuore di quel figlio nasce un sentimento ambivalente, vorrebbe che lei stesse bene, che guarisse da quella condizione, ma allo stesso momento la incolpa di avere reso la sua vita difficile e diversa da quella dei suoi coetanei, vorrebbe che una volta per tutte finisse quella sofferenza e che lei morisse, a volte arriva persino a pensare che lei finga, che i suoi eccessi non siano altro che un modo per tenere tutti imprigionati. Come tutte le storie, anche quella di Em giunge a conclusione ma senza clamore come ci si sarebbe aspettati, lasciando un vuoto enorme e una sensazione di nostalgia che penetra sottopelle.
Approfondimento
Il grande Uhm, con un po’ di leggerezza e grande profondità, tratta un argomento delicato. Le vicende quotidiane di una famiglia che fa di tutto per restare tale, che attraversa le difficoltà e il dramma di una malattia che isola e distrugge chi ne viene colpito e tutto ciò che lo circonda. Un barlume di lucidità trova il suo spiraglio nell’amore e in quell’uomo saldo e concreto, di poche parole che non abbandona la donna che ama nonostante di lei si rimasto così poco.
Vale sicuramente la pena di leggere questa storia, facile e scorrevole, ma che lascia argomenti di riflessione profonda. I personaggi sono descritti come se il lettore avesse già avuto modo di conoscerli, non si sofferma in descrizioni o approfondimenti, ma li lascia esprimersi in modo familiare. Proprio questa caratteristica può essere un difetto di questo libro, quasi un senso di incompletezza.
Olga Abbate