- 2014
Pagine: 232 -Collana: Piemme voci
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Eccellenti ed esperti musicisti, prigionieri nei campi di concentramento in Germania, in Olanda, in Polonia, ma anche in Algeria e in Giappone, affidano a pezzi di carta la loro musica e i loro canti. Sono voci che gridano il bisogno di libertà di chi, pur vivendo in condizioni estreme non tace e non perde la speranza che un giorno, finito l’orrore, orecchie ascoltino quelle voci e cuori accolgano le parole e le note. Thomas Saintourens racconta l’opera di un musicista di Barletta che dedica la sua vita a recuperare gli autori e le note da essi scritte in prigionia, quale atto di resistenza all’orrore nazista.
Barletta. Al numero 93 di via dell’Industria, in una stanza ingombra di carte, raccoglitori, cd, cassette, matite, fogli, computer, stampante, musicassette e due pianoforti, Francesco Lotoro suona. Alle sue spalle scatole gonfie di spartiti provenienti da Praga, Berlino, Brno, Parigi, Amsterdam; altre scatole con nomi Goué, Kropinski, Ullman. E ancora Auschwitz, Dachau, Terezin. Il compito che Francesco si è dato è quello di resuscitare la musica composta da musicisti prigionieri dei campi di concentramento tra il 1933 e il 1945. La musica dei lager. Ed ecco che i prigionieri, di volta in volta evocati da Francesco, emergono dalle tenebre e ci mostrano lo sforzo immane con il quale, dopo giornate di durissimo lavoro nei campi di concentramento, rintanati in angoli nascosti, furtivamente, su pezzetti di carta, scrivono per ore le note di opere, canzoni, fiabe musicali, sinfonie, nella speranza che qualcuno, ritornata la luce, le faccia vivere.
Questo giovane talento musicale di Barletta, consultando un giorno l’Enciclopedia Universale della Musica e dei Musicisti, scopre che il luogo di morte di molti compositori è Auschwitz, Terezin, Dachau, Buchenwald, Bergen-Belsen e si rende conto che non può essere sordo al richiamo di quelle voci. Il solitario Francesco Lotoro inizia il suo lavoro a Praga e con la pazienza di un certosino, senza mai arrendersi o mollare, attraverso Parigi, Berlino, Vienna, Zagabria, Copenaghen riempie valigie di spartiti, carte, documenti che, una volta al suo quartier generale di Barletta, decifrerà , copierà e finalmente suonerà al pianoforte. Ma non gli basta. Assembla un’orchestra coinvolgendo musicisti dei conservatori di Foggia, Barletta e Monopoli che si impegnano a suonare la musica dei campi. Ma ancora non basta. Francesco cerca un produttore che finanzi una compilation di cd contenenti opere, jazz, canzonette, sinfonie, fiabe musicali: in poche parole la musica dei lager. Risponde all’appello Franco Bixio, produttore romano, figlio d’arte: il padre, napoletano, era autore di Parlami d’amore Mariù, Mamma son tanto felice. Bixio accetta di produrre un cofanetto con 24 cd. Una ventina di musicisti registrano i pezzi ricostruiti pazientemente da Francesco, affascinato dalla sfida che quei musicisti, prigionieri, avevano lanciato ai propri carcerieri. Francesco Lotoro vive a Barletta e continua eroicamente e in solitudine il suo lavoro.
Il maestro di Thomas Saintourens é un saggio che ha lo stile di un racconto minuzioso, scevro da leziosità o sentimentalismi , lontano dal sollecitare lacrime o pietismi. E’ un documento che apre il sipario su un aspetto che sicuramente non riguarda solo la musica, ma l’arte in generale: scrivere, comunicare attraverso la pittura, la scultura, la poesia o il racconto, la musica serve a staccarsi dal luogo in cui ci si trova, dalla reclusione, dalla mortificazione, dalla paura. Scrivere è un atto di libertà. L’arte è libertà.