Autore: Francesca Manfredi
Pubblicato da La nave di Teseo - Febbraio 2024
Pagine: 256 - Genere: Narrativa, Narrativa Contemporanea, Romanzo storico, Saggi
Formato disponibile: Brossura, eBook
ISBN: 9788834616437
ASIN: B0CTTL7SKM
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Cristina Martino ha ventotto anni, è laureata in Archeologia e lavora, precaria, in una biblioteca di dipartimento all’università di Torino. Ha una vita piuttosto monotona, una famiglia ordinaria, nessun trauma. Ha avuto qualche relazione di breve durata e un’amica, Silvia, che sembra il suo opposto; rumorosa, eccessiva e fuori dagli schemi. Una sera, presa da un impulso, Cristina decide di eliminare i suoi profili social: questa sarà la prima tappa del suo percorso verso il silenzio, perché, gradualmente, Cristina smette di comunicare; pur continuando la sua vita quotidiana, smette di parlare alle persone e scivola sempre più in una forma di rarefazione, di invisibilità fisica, in cui il silenzio diventa la scelta di una sparizione dal mondo. Quando un articolo sulla sua storia diventa virale, in tanti cominciano a emularla, attribuendo al suo silenzio significati universali e necessari, mentre nessuno sembra più sapere dove Cristina si trovi davvero, e se tornerà
Per anni avevo sentito la pulsione a tenermi occupata le mani, la bocca, la vista. Ma non bastava mai. Cominciavo a capire che l’unico modo per rispondere al vuoto, quando non hai di che riempirlo, è togliere ancora.
Cristina Martino, ventotto anni, archeologa; dopo una vita passata a studiare si ritrova impiegata precaria in una biblioteca a guadagnare pochissimo, ma quel tanto che basta consentirle di pagare l’affitto di un modesto bilocale in periferia. Una vita ordinaria, quella di Cristina, fatta di qualche storia fugace, di una famiglia medio-borghese come tante, amici, bevute, social e spritz. Fino a quando d’impulso, quasi per gioco, Cristina decide di cancellare il priori account dai social, e da qui la sua vita fa un crac, come un rumore sordo di qualcosa che si spezza, un’inversione di rotta dalla quale non si torna più indietro. Perché a poco a poco, non solo Cristina sparisce dalle vetrine mediatiche dei social, ma smette di parlare, continua a lavorare, a uscire con gli amici, ma non parla più, la sua unica comunicazione avviene mediante bigliettini e messaggi e piano piano smette anche di scrivere.
Cristina decide di sfidare questo tempo rumoroso, vorticoso, pieno di parole e immagini messe in vetrina, si oppone a questo tempo babelico che quasi sembra fagocitarla, e la sua sfida è il silenzio; il pegno da pagare è la solitudine. Il silenzio di Cristina però non vuole insegnare niente a nessuno, non si fa giudice del tempo, non pontifica e non condanna; e non è nemmeno una resa, è solo alzare la mano per dire “assente”, per farsi piccoli e resilienti in una società che ci vuole grandi, possenti e presenti, è farsi assenti per tornare ad essere sé stessi. Il silenzio di Cristina non è scevro dal dolore, ma lo impasta con le parole non dette, con la necessità di dare un senso ad una vita ancora irrisolta, di riscoprire l’importanza delle parole proprio attraverso l’assenza di esse.
Il periodo del silenzio è un romanzo bulinino, che fagocita la voglia di vivere con l’assenza delle parole; è il tentativo di dare un senso a una sovraesposizione mediatica che invece che inesorabilmente allontana la realtà; è la dolorosa presa di coscienza che abbiamo bisogno di allontanarci dalle parole per recuperare il loro significato, perché le parole, urlate, sprecate, disperse sui social, lanciate in aria senza alcun senso si stanno perdendo, frantumate per terra e calpestate. E allora il silenzio è l’unica alternativa possibile
Approfondimento
Francesca Manfredi consegna al lettore un romanzo specchio di una generazione, dove racconta la crisi dell’identità come crisi della parola; non è solo la nostra identità che viene esposta e edulcorata sui social, ma sono anche le parole che accompagnano le immagini che vengono adulterate, fraintese, corrotte, persino regredite al nonsense di un’emoji o di un like. E allora il silenzio di Cristina ci sbatte in faccia una riflessione amara e durissima: se la parola diventa icona, se trasformiamo e riduciamo l’intera gamma di significati che una sola parola può avere ad un dito alzato in segno di approvazione, allora è lì che si mette in atto la disumanizzazione di una società che senza la luce di cellulare perennemente illuminato di notifiche nonna più trovare sé stessa.
É anche per questo che lo sto facendo. Come insolito atto di purificazione, per regalarvi la possibilità di avere a che fare con una persona migliore. Per dare a me stessa la possibilità di essere felice. E ho capito che la mia felicità, adesso, passa attraverso il silenzio. Ho bisogno di allontanarmi dalle parole per recuperare il loro significato.
Romina Celani