Autore: Francesca Mannocchi
Pubblicato da Einaudi - Gennaio 2019
Pagine: 208 - Genere: Saggi
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Stile libero extra
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«Tutti pensano a salvare sé stessi e nessuno salva nessun altro in mare, signor Khaled.»
Ecco la voce di Fouzieh, che lo tormenta la notte, la voce di una dei naufraghi, una dei tanti per cui il Mediterraneo è diventato una tomba. Una voce accusatoria, una sentenza di colpevolezza. Ma Khaled ha un alibi, o meglio, si crea un alibi per non soccombere ai sensi di colpa. Khaled si sente una brava persona che dà loro la possibilità di partire verso un futuro migliore, che consente loro di avere la speranze di una vita diversa e meno miserabile. Se poi le cose non dovessero andare come speravano e la nave dovesse affondare non è più affar suo, il rischio fa parte del viaggio.
Khaled è un trafficante di uomini, organizza viaggi “della speranza” in mare, un anello della catena del business dei migranti. Khaled non punta al vertice, anzi. Vuole mettere da parte abbastanza soldi e poi smettere. A lui si rivolgono i suoi compatrioti per trovare lavoro ben sapendo che questa attività rende, rende sempre e bene perché per arrivare in Italia ci sono solo i gommoni.
Ci chiamano mercanti della morte, immigrazione clandestina, la chiamano. Io sono la sola cosa legale di questo paese. Prendo ciò che è mio, pago a tutti la loro parte. E anche il mare, anche il mare si tiene una parte della mia mercanzia. Il mare prende ogni anno la sua parte. Mi chiamo Khaled, il mio nome significa immortale. Mi chiamo Khaled e sono un trafficante.
Nonno, sono tuo nipote, Khaled. E sono innocente.
I migranti sono l’unico modo di avere moneta contante in Libia, dove le banche sono controllate da ragazzini con le ciabatte ai piedi e il mitra tra le mani, prigionieri dei loro capricci. La Libia, paese ricco di petrolio e per questo nelle mire di chi di quel petrolio si vuole impadronire. Nonostante questa ricchezza la vita dei libici è difficile, ci vogliono i soldi e Khaled li prende dai migranti, paga i suoi tirapiedi, migliora il livello di vita della sua famiglia…
Basta un foglio, un decreto di Sarraj, una firmetta, e dalla sera alla mattina i tuoi uomini cambiano uniforme e stanno dentro i ministeri. Basta un timbro. E sono tutti contenti, Sarraj, il governo, le Nazioni Unite, gli italiani e così via.
Questo sistema, in cui Khaled è inserito, richiama, in modo spaventosamente simile il sistema mafioso in cui ognuno ha un ruolo e chi sbaglia viene punito senza pietà. Tutto è corrotto: i politici, la guardia costiera, le delegazioni umanitarie. E in Europa si fa finta di non sapere chi è il vero colpevole. Le partenze, i cadaveri, i naufraghi sono un’arma, un ricatto internazionale che coinvolge paesi come l’Italia e la Francia.
Così tutto si mantiene in piedi. Le guerre non sono per la conquista della libertà ma per i soldi e l’oro nero, e tutti vogliono averne una parte.
Approfondimento
«La Libia ha sospeso la nostra vita.»
La vita dei migranti e la vita del trafficante Khaled, sospeso e incapace di scegliere definitivamente.
Khaled avrebbe dovuto essere un onesto ingegnere, ma la storia ha deciso diversamente. Sin da quando era piccolo il male è entrato nella sua casa e ha sporcato ogni cosa. Poi è il turno della rivoluzione, con la sua speranza di cambiamento e a cui Khaled prende parte insieme al fratello Murad. E dopo la rivoluzione sembra che tutto sia cambiato, ma «tutto si cambia perché nulla cambi».
Sono stati tutti presi dal panico, liberi per la prima volta, non sapevano cosa farne della libertà, come uccelli rimasti in gabbia per lungo tempo.
Le fazioni si scatenano creando il caos e incominciano le lotte fra le bande armate.
Khaled in tutto questo si sente innocente. Innocente perché non ha mai avuto realmente la possibilità di non essere un trafficante, innocente perché ha rifiutato di farsi camaleonte modellandosi e obbedendo al potere, innocente perché ha sognato la libertà e invece ha visto continuare la scia di sangue e di terrore in cui era cresciuto.
Te la ricordi la nostra lingua magica? Nonno cos’è la libertà?
La libertà è una cosa da grandi. Ora che sono grande e tu non ci sei più, vago su queste spiagge di notte, tra gli arbusti secchi, guardo le lampare dei pescatori e ricordo per un momento che il mare è qualcos’altro, la luce che attira i pesci e le barche che si avvicinano, il cerchio si stringe intorno alla luce e finalmente i pescatori riempiono le reti.
Tutti cercano di muoversi verso la luce, nonno. Io no. Io resto qui, sul limite, sul confine. Sulla linea da oltrepassare. Rimango sul limite. Chi vuole attraversarlo verrà da me, che il prezzo lo pago restando.
Genny Podda