
Autore: Francesca Segal
Pubblicato da Bollati Boringhieri - 2013
Pagine: 342 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Le Piccole Varianti

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Ellie è una sopravvissuta ma non ai campi di concentramento ma alla morte della madre in una attentato in Israele. Da allora vaga per il mondo con il padre finché non giunge in una piccola comunità di Londra dove si ritroverà a fare da "terzo incomodo".

Il titolo italiano non rende giustizia a questo interessante romanzo d’esordio di Francesca Segal, affermato critico letterario inglese e figlia d’arte (suo padre Eric è l’autore del bestseller “Love Story”). Il titolo originale è “The innocents”, e rispecchia bene l’intenzione dell’autrice di rendere omaggio a Edith Wharton e a quel mirabile romanzo che è “L’età dell’innocenza”, rovesciandone i presupposti, visto che l’azione si svolge nell’Inghilterra di oggi, e che New York diventa per la Segal il luogo della libertà di scelte ed espressione, specchio della Parigi intellettuale e aperta del romanzo di Edith Wharton.
La Londra contemporanea è individuata nella chiusa e tradizionalista, colta e borghese comunità ebraica di Hampstead, dove sopravvive una sorta di innocenza, perduta nel resto della città, e del mondo. L’innocenza degli sguardi, dei rapporti umani, delle storie d’amore nate nell’adolescenza che sfociano in matrimoni attesi e festeggiati da un’intera comunità; l’innocenza di un modo di guardare alla vita ancora limpido, fiducioso, anche di chi ha conosciuto il dolore. Adam ama Rachel da sempre, e il loro futuro è già scritto, il matrimonio i figli, il lavoro di Adam nello studio del padre di Rachel, la vita conosciuta e sicura all’interno della comunità. Arriva invece dall’America e si insinua come un serpente velenoso in questo piccolo mondo la bellissima e tormentata cugina americana di Rachel, Ellie, e rompe tutti gli equilibri faticosamente costruiti da chi è sopravvissuto alla tragedia del secolo precedente, e da chi è cresciuto poi con il peso del riscatto e della normalità.
“… La libertà di ogni uomo di essere giudicato in quanto uomo e non in quanto ebreo. Ma noi non ci siamo ancora arrivati, noi dobbiamo diventare migliori degli altri se vogliamo sperare di essere tollerati. E’ questa la realtà dell’antisemitismo, dobbiamo essere irreprensibili”: è la sorella di Adam, Olivia, che parla, sintetizzando lo spirito che da sempre anima la vita della loro comunità.
La cugina americana di Francesca Segal diventa la cartina al tornasole di eventi privati (passione e tradimento) e pubblici (disastro economico e ignomiinia) che scuotono alla base non solo Adam, ma anche la vita dell’intera comunità. Tutto va in pezzi, ma in qualche modo i pezzi si ricomporranno, e non è detto che la ricomposizione frutto di tanto dolore non sia poi foriera di positività: la tempesta emotiva ha portato una più rasserenata conoscenza e consapevolezza, di se e dei propri desideri.
Sarebbe riduttivo parlare di una semplice storia di amore e tradimento, le vicende umane e psicologiche che animano La cugina americana di Francesca Segal sono più complesse e sfaccettate, e tuttavia il tradimento è la chiave della storia, perché chi tradisce uno, tradisce tutti, e soprattutto tradisce se stesso, il suo senso di responsabilità e del dovere. La scrittura elegante, anche se a tratti un poco acerba, rende memorabili alcuni personaggi, come il giusto Lawrence, o la sopravvissuta Ziva, e come il Cibo, che diventa esso stesso personaggio, con ricche e accurate descrizioni di ricette e pietanze, esplosione di passione e di vita nel mondo ordinato e tranquillo della comunità ebraica londinese. Come dice la nonna Ziva, “ho digiunato abbastanza nella mia vita”.
A. P.