
Autore: Ana Johns
Pubblicato da Tre60 - Gennaio 2020
Pagine: 352 - Genere: Narrativa rosa
Formato disponibile: eBook, Rilegato
Collana: Narrativa Tre60
ISBN: 9788867025589

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Nell’America dei nostri giorni una donna si prepara a perdere il padre e a riceverne la confidenza di un segreto.
Nel Giappone di fine anni Cinquanta, una giovane donna fugge il matrimonio combinato dai genitori perché innamorata di un marinaio straniero.
Due donne coraggiose, due mondi molto distanti sia per spazio che per tempo, un fattore in comune che le renderà protagoniste della stessa storia.

Tori, una giovane giornalista americana dei giorni nostri, mentre sta assistendo il padre negli ultimi giorni di vita, verrà a conoscenza di un segreto che la spingerà a indagare sul passato del genitore e a intraprendere un lungo viaggio per raggiungere la verità e per scoprire il passato della sua famiglia.
Siamo, invece, nel 1957, quando alla diciassettenne Naoko viene imposto un matrimonio combinato, al quale fugge perché innamorata di un uomo non accettato dalla sua famiglia in quanto straniero e dal quale aspetta un figlio. Anche Naoko si troverà davanti a un percorso difficile. Un percorso fatto di scelte e di rinunce.
Prendere quella giusta è destino. Prendere quella sbagliata è pure destino. Perciò devi scegliere il tuo amore ed essere pronta ad amare la tua scelta.
E Naoko la sua scelta la farà, anzi sarà costretta a farne più di una. Sceglierà con coraggio la sua strada, pur sapendo di inimicarsi una parte della sua famiglia.
Perché in Giappone ci sono molte cose di cui aver paura sotto il sole: i grandi terremoti che distruggono intere città, i fulmini mortali scaricati dal cielo adirato, le letali lingue di fuoco, e il proprio padre.
Ultimo, ma non meno importante.
Ana Johns ci presenta due donne molto coraggiose e lo fa indagando in una storia che ha radici in quelle della sua famiglia e in un passato reale, che in quanto tale sconvolgerà il lettore.
Lo fa intersecando due storie, alternando capitoli ambientati nell’America contemporanea a capitoli che hanno come sfondo il Giappone di parecchi anni fa. Lo fa facendoci conoscere le due protagoniste senza dirci quale sarà il filo rosso (e l’utilizzo di questo termine non è casuale) che le unirà. Noi sappiamo che un legame c’è, ci deve essere, ma lo scopriremo nel prosegue della storia. Così come Tori a un certo punto capirà che i racconti di suo padre non erano frutto di fantasia, ma il tentativo di raccontarle un vissuto senza svelarne i protagonisti
Segnai il luogo sulla carta, poi indietreggiai leggermente e rimasi a fissarla incantata perché, come Dorothy, ero stata sbalzata in un altro mondo. Un mondo familiare. Un mondo cui mio padre apparteneva. Per la prima volta da quanto avevo letto quella lettera, provai di nuovo un senso di armonia. Attraverso le sue storie, papà, l’uomo che conoscevo, era tornato, e osservando quella mappa, lo vedevo ovunque.
Lo fa raccontandoci due storie in prima persona e, così facendo, creando una scrittura troppo spiegata, dove ogni sentimento ci viene descritto e non fatto vedere. Lo fa con un tono che a volte appare atono, senza un vero stile, piatto.
Il personaggio di Tori, in particolare, è un personaggio bidimensionale, esiste solo in funzione della storia, non ha un background, di lei non sappiamo né immaginiamo nulla se non l’amore per il padre, la mancanza della madre e il senso di sconforto per la rivelazione in punto di morte. Nemmeno quando intraprende le indagini, quando si reca in Giappone, riusciamo a essere con lei. È un personaggio senza spessore, l’autrice non riesce a farcelo vedere.
La parte giapponese, invece, è la più riuscita, ma del resto è il fulcro della storia. Le vicende vere avvengono là, a partire dalla storia d’amore stile Giulietta e Romeo fino ad arrivare alle vicende di una giovane donna, ripudiata dalla famiglia e alle prese con un grosso senso di colpa e una figlia da salvare. Naoko ci piace, è l’eroina del romanzo, è colei che cresce all’interno della storia.
Infine, molto bella l’idea dell’oggetto (che ora non vi svelo) che passa da un piano temporale all’altro, da un continente all’altro.
La donna dal kimono bianco ha una scrittura semplice che a tratti diventa banale, quando l’autrice (o la traduttrice) sceglie l’utilizzo di frasi fatte e metafore poco ricercate, tipo “la voce mi si spezza come la ciotola”. Però a tratti mantiene la magia della cultura giapponese, riportando proverbi e leggende e, forse, anche l’utilizzo di una scrittura molto asciutta vuole riportare ai toni discreti del gusto giapponese.
Mia nonna ripeteva spesso: “La preoccupazione copre una cosa piccola di ombre grandi”
Il romanzo migliora decisamente nella seconda parte, quando l’autrice ci stupisce portandoci in un mondo che non ci aspettiamo e non vorremmo dover conoscere, nel quale procediamo, pagina dopo pagina, con il timore di ciò che potrà succedere. Consiglio, quindi, di leggerlo senza conoscere troppo della trama.
Approfondimento
La donna dal kimono bianco è un romanzo, forse, non perfetto nella scrittura, ma è una bella storia, di quelle che ti aspetti di veder portata al cinema. È un romanzo che data l’ambientazione avrebbe potuto essere più affascinante e che, purtroppo, a mio avviso non ci riesce fino in fondo. È comunque un romanzo che sicuramente saprà farsi apprezzare.
A chi lo consiglio? Appunto a chi cerca una storia nella quale immergersi, dove le protagoniste femminili sono se non le uniche, sicuramente, le principali. E questo con diverse sfumature. A chi ama il Giappone e vuole ritrovarne colori, usanze e abbigliamento.
A chi non lo consiglio? A chi non cerca sentimentalismo e lacrime, ma una scrittura protagonista e dei personaggi che siano tangibili, con il quale immedesimarsi. Dei personaggi che non creino empatia solo a causa del dolore vissuto e della trama.
Monia Merli