Autore: Božidar Stanišić
Pubblicato da Bottega Errante edizioni - Maggio 2019
Pagine: 360 - Genere: Narrativa
Formato disponibile: Brossura, eBook
ISBN: 9788899368487
ASIN: B07TYVLWFB
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Valentina, voce narrante del romanzo, racconta le relazioni all’interno della sua famiglia di origini bosniache dopo essere arrivati in Italia. La sua vita tra Bologna e San Diego con relazioni amorose e varie amicizie rimane legata al suo passato e alla sua fuga dalla guerra.
…Nessuno dei presenti poteva sapere che cosa provo quando odo quella parola profugo (non è per niente più bella neppure la sua traduzione nella lingua dei miei genitori – izbjeglica), né che sento sempre quella corrente d’aria che non ho dimenticato, anche se lo vorrei tanto, benché io sappia che i ricordi non sono né linee, né lettere, né numeri e che i miei desideri non sono una gomma con cui cancellare, con un gesto impulsivo, quella parola, per farla sparire per sempre, in modo che non torni più dentro di me….
Valentina è una giovane donna che racconta in prima persona una storia che appartiene alla sua generazione: aver dovuto lasciare da bambini il Paese in cui si è nati e cercare un proprio posto nel mondo. Non c’è un vero inizio e nemmeno un finale catartico, semplicemente la protagonista racconta la propria vita a sprazzi di immagini e ricordi che spuntano all’improvviso vivendo il presente. Il padre è un nostalgico marxista, sua madre una donna forte che nasconde le sue fragilità ai figli, il fratello cresce con il mito del denaro e da grande diventa un uomo d’affari senza casa né famiglia. Valentina non racconta in modo didascalico la fuga dalla Bosnia, il campo in Friuli, la ricerca di casa e lavoro a Udine, il trasferimento a Bologna e infine quello a San Diego dopo i suoi studi scientifici.
Tutte queste informazioni si ricavano durante la lettura di Una giraffa in sala d’attesa ed è nostro compito metterle in ordine cronologico, dare un senso ai ricordi e alla nostalgia che emerge pagina dopo pagina. Non ci sono descrizioni del dolore o della perdita della casa d’infanzia, solo delle immagini: due bambine che parlano di una bicicletta rossa, il mare con i sassi, il rumore di notte che non fa dormire, i cappellini di lana… Appunti all’inizio di ogni capitolo che vengono poi raccontati con poche parole, dense di significato.
C’è la perdita di un amore che sembra come una zattera che si distrugge nel mare, guardando la pasta appena buttata in acqua; c’è la perdita di una patria nelle voci dei genitori che non riescono a far imparare la loro lingua ai figli; c’è il cambiamento e la voglia di ritrovare una propria vita, un proprio luogo quando Valentina parte per San Diego e lavora lì. Eppure anche lontana da quello che ha vissuto sa di non avere lasciato il suo passato, per questo scrive e riporta i suoi pensieri sulla scrittura nel libro: “Se tu ti sforzi di dimenticare, il notes comunque ricorda mi sembrava più naturale e più onesto verso me stessa”.
La sconfitta segue una lotta, ed è onorevole, abbiamo tentato di cambiare qualcosa. Noi, secondo lui, non abbiamo combattuto, abbiamo solo accettato tutto, ma non lo riconosciamo perché, semplicemente, non ci pensiamo. Se si occupasse di cinema, lui situerebbe la trama di un suo film sulla nostra generazione in una grande sala d’attesa.
Non esistono descrizioni in Una giraffa in sala d’attesa, anche i personaggi non vengono raccontati a fondo, ma bastano piccole scene di vita quotidiana (un pranzo con i genitori, una domenica con il fidanzato) per far capire attraverso dialoghi e metafore quanto la protagonista si muova in un universo variegato e multiculturale. Il desiderio di scrivere è un modo per ricordare i momenti passati e anche capire sé stessa. Il blocco degli appunti diventa direttamente il romanzo, senza editing in cui si racconta e soprattutto racconta una generazione di ragazzi degli anni novanta che ancora cercano la propria strada nel mondo, con ideali e passioni che vengono dalla storia dei nostri padri. Storia che non riescono a lasciarsi alle spalle perché sinonimo di un cambiamento mai avvenuto e ancora da attendere.
Approfondimento
Bozidar Stanisic è nato a Visoko in Bosnia nel 1956, laureato in filosofia, insegnante fino al 1992 quando ha dovuto lasciare il suo paese a causa della guerra civile. Si trasferisce in Italia dove vive ancora oggi. Ha già pubblicato “I buchi neri di Sarajevo” legato alla guerra e altre raccolte di poesie.
Il titolo del romanzo è molto particolare e senza leggere il romanzo risulta incomprensibile: la giraffa è il soprannome di Valentina, la sala d’attesa si riferisce al posto nel mondo ancora da trovare.
Anche se i primi capitoli non sono chiari e non danno al lettore molti appigli per capire la storia, solo la pazienza e curiosità spingono a proseguire la lettura. Chi ama il romanzo classico non apprezzerà lo stile scarno ed essenziale, utile alla dinamica dell’intero libro e ad emozionare pur non descrivendo nel dettaglio le situazioni.