
Autore: Agata Bazzi
Pubblicato da Mondadori - Maggio 2019
Pagine: 365 - Genere: Narrativa, Romanzo storico
Formato disponibile: eBook, Rilegato
Collana: Scrittori Italiani e Stranieri

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Albert e Johanna sono i capostipiti della famiglia Ahrens: origini tedesche ed ebraiche per entrambi, vivono i primi del Novecento in una Palermo fiorente e produttiva. La famiglia diventa numerosa, otto figli; costruiscono la villa che diventa centro di vita e di lavoro: LIK DÖR è scritto sul timpano all'ingresso, la luce è là. Però oltre la luce ci sono delle ombre che dalla prima guerra mondiale si allungano sempre più sulla famiglia e sull'Italia.

Albert è tedesco ed ebreo, fin da piccolo lavora e viaggia. Si trasferisce a Palermo molto giovane e inizia a commerciare stoffe, poi produce vino e mobili. La città è fiorente, piena di cantieri e di entusiasmo non solo economico, ma anche culturale. Johanna, la moglie di Albert diventa un punto di riferimento per i poveri e la comunità contadina e proprio in campagna decidono di costruire villa Ahrens che sarà centro della famiglia, ma anche di una comunità di imprenditori, pensatori e tedeschi immigrati in italia.
Era come se dicesse “avete visto cosa è riuscito a diventare quel piccolo bambino con le gambe storte?”. Che gli uomini non si misurano con il metro come le stoffe era il suo manifesto, e passò il concetto ai suoi discendenti. Ma c’erano altre cose di cui non volle mai parlare. La sua decisione di lasciare il paese dov’era nato nasceva da altri motivi.
La famiglia già numerosa, otto figli, ha all’interno varie complessità per il carattere e le doti di ognuno di loro molto diverse; tra le figlie chi spicca è Marta che diviene il braccio destro del padre anche sul lavoro, unica donna in un mondo di uomini. Lei ci racconta la storia ed è narratrice e spettatrice degli eventi: se la storia della famiglia è semplice da raccontare perché vissuta personalmente, molto difficile è narrare i fatti della guerra, i cambiamenti culturali e sociali della Sicilia e dell’Italia, il dramma del fascismo.
Una prima parte del libro è vivace, speranzosa, piena di valori postivi e di esperienze coinvolgenti e particolari: lo scambio di conoscenze e di affetti rende le pagine piene di vita e di luce. Quella luce che è l’emblema della famiglia, cesellato all’ingresso: la luce è là. La villa diventa il simbolo della Belle Epoque, di una florida economia, di una vita agiata e spensierata che coincide anche con la giovinezza dei figli di Albert e Johanna.
Alla luce si contrappone l’ombra: la prima guerra mondiale porterà via oltre alle speranze parte della famiglia. La luce lascia il passo alle ombre: il terremoto di Messina, il fascismo, la Seconda Guerra Mondiale, la chiusura delle attività produttive. Ad un certo punto il romanzo prende una piega diversa e la luce che era piena e vitale in tutta la prima parte sembra spegnersi. Non è così perché anche se la Storia sembra portare il buio su tutta la famiglia, quella fiammella di speranza rimane sempre accesa: i valori della famiglia rimangono inalterati, i principi di onestà e di altruismo non vengono intaccati dalle sofferenze e dai bocconi amari da buttare giù, primo fra tutti lasciare la villa.
La luce è là anche quando tutto è oscurato dalla guerra.
La storia degli Ahrens è coinvolgente fin dalle prime pagine: Albert ha una strada in salita ma non si dà per vinto; Johanna subisce il dolore di una madre per la perdita dei figli, ma mantiene unita l’intera famiglia; Marta è una donna capace di affrontare un futuro difficile.
Alcune contraddizioni della società del romanzo si possono trovare anche oggi ed è molto attuale per capire le vicende contemporanee.
La trama è interessante, ma non mi è piaciuto molto il modo in cui certi avvenimenti vengono raccontati e alla metà del romanzo ho perso entusiasmo nella lettura. Avrei preferito che il cambio di rotta, il passaggio dalla luce all’ombra fosse narrato in modo meno realistico e più netto, in modo da capire subito le intenzioni del narratore. Lo stile non mi ha entusiasmato molto e non spicca su altri autori contemporanei, la fluidità della narrazione a volte risente di piccoli arresti e anche la lettura. I dialoghi a volte sono un po’ scontati, fatti per scelta narrativa, ma li ho poco apprezzati.
Il dolore è un fenomeno carsico. Quando arriva devasta, ma poi si inabissa e la vita sembra riprendere il suo andamento abituale. In realtà la vita riprende profondamente cambiata proprio perché il dolore scorre sottoterra e accompagna ogni giorno; pronto a riemergere, dopo un tempo variabile, e non si attenua ma si somma. Il dolore è un fenomeno incrementale.
Approfondimento
Agata Bazzi è una discendente degli Ahrens, l’affetto e il legame profondo con la famiglia e la storia si avverte già dalle prime pagine. Lo stratagemma di usare una voce narrante interna alla famiglia mi è piaciuto molto anche perché non è chiaro fin dall’inizio. Forse nel momento in cui si chiarisce il legame tra Albert e la narratrice, si perde un po’ il filo della storia e si ha meno curiosità nel continuare la lettura.
Agata Bazzi è un architetto e si è occupata della città di Palermo e del suo territorio e questo amore è chiaro quando descrive alcuni quartieri e la costruzione del porto, si capisce quanto si sia documentata e quanto lo abbia fatto suo nella narrazione.
I fatti narrati sono reali e sicuramente la volontà dell’autrice nello scrivere questo libro è stata forte, sostenuta dal fatto di voler raccontare una bella storia, ma anche di poter avere modo di entrare nella sua famiglia negli anni precedenti alla sua nascita e farne propri valori e visioni del mondo.
Il messaggio positivo è chiaro ed evidente fin dal titolo ed è la prima cosa che resta dopo la lettura.
Gloria Rubino