
Autore: Davis Grubb
Pubblicato da Adelphi - Settembre 2007
Pagine: 259 - Genere: Noir
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Fabula

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In una cittadina di campagna della West Virginia, un povero diavolo di nome Ben Harper, per sfuggire alla miseria, decide di fare una rapina in banca: 10.000 dollari il suo bottino. Riconosciuto dal cassiere e dal direttore dell’istituto di Credito viene invitato a desistere, ma per tutta risposta Ben li fredda a colpi di pistola e poi fugge. Giunto a casa, poco dopo la polizia si presenta alla sua porta e lo arresta. Al termine di un veloce processo la sentenza è severissima: condanna a morte. Ben però, non rivela a nessuno dove ha nascosto i dollari rubati. “Che fine hanno fatto?” è la domanda che si fanno tutti a partire dalla moglie Willa, che, adducendo tragici scenari di futura povertà della famiglia per convincerlo a parlare, non perde occasione di chiederglielo nel corso di ognuno dei pochi e freddi colloqui che ha con il marito prima della sua impiccagione, fino ad arrivare ad Harry Powell, detto Il Predicatore, lo psicopatico compagno di cella di Ben per un breve periodo. Il Predicatore si spaccia per missionario dell’Altissimo e cerca di convincere Ben a dirgli dove ha nascosto i soldi, ma questi continua a non cedere e si porta il segreto nella tomba. Una sola persona al mondo conosce il nascondiglio: il piccolo John, primogenito di Ben, al quale il padre lo ha rivelato prima di essere arrestato facendogli però giurare di non rivelarlo a nessuno. John, inizialmente a sua insaputa e poi contro la sua volontà, diventa a poco a poco l’oggetto delle attenzioni morbose della madre, di alcuni concittadini molto curiosi e del Predicatore stesso che, nel frattempo, è uscito di galera e ha deciso di sedurre la vedova Willa spacciandosi per grande amico del marito defunto.

Nell’immaginario collettivo non è una novità che follia psicotica e delirio religioso vengano associati. Anche molti romanzi hanno trattato questo connubio, illustrandocelo attraverso figure magistralmente tratteggiate e dal fondo oscuro ed inquietante. Harry Powell, uno dei personaggi principali de La morte corre sul fiume, soprannominato “il Predicatore” per la sua vocazione ad evangelizzare il prossimo, è proprio uno di questi soggetti. Sotto all’abito nero che indossa, in realtà, si nasconde un omicida seriale con una predilezione per le vedove. Prima le corteggia, poi se le sposa, le uccide, le deruba ed infine le fa sparire.
Davis Grubb ci descrive Harry come un uomo psicopatico guidato da una voce divina che risuona nella sua testa e che sente solo lui. Il Signore in persona gli da degli ordini e lui li esegue. Harry va avanti con discrezione (goffa) e modestia (falsa), e compie l’opera del “suo” Dio. Il suo modo di eseguirne la volontà, però, è del tutto soggettivo. Già, perché il Predicatore nella sua lucida follia, detesta tutto ciò che la finitezza umana e la carne debole suscitano, a partire da quello che si desidera per arrivare fino alla lascivia. E più di tutto Harry odia le donne. Quest’avversione non gli impedisce comunque di usarle come nessun altro riesce a fare e con voce suadente e sguardo irresistibile, riesce tuttavia ad attirarle a sé. In una frase del libro gli occhi di Harry vengono descritti come «belli, antichi e crudeli come quelli di Erode». Non a caso lo scrittore ne descrive il dettaglio come se si trattasse di un quadro a soggetto biblico e non è nemmeno un caso che il personaggio scelto per il paragone sia proprio Erode (ricordate la sua strage degli innocenti?). Nemmeno la vedova di Ben riesce a sfuggire al Predicatore, ne diviene la moglie e non si rende conto che l’interesse che Harry ha nei confronti del denaro nascosto è l’unico motore di questa pseudo relazione. Harry ha, tra le altre, una particolarità: ha tatuate sulle nocche delle mani, una a destra l’altra a sinistra, le parole LOVE e HATE. Amore e odio. Ed è proprio così che lui vede il mondo: una lotta permanente tra le forze del bene e del male. Solo che questo conflitto tra il bene e il male lui lo vede in una sua personalissima maniera: è ossessionato dalla perdizione e dalla colpa e lo intende come una prova all’ultimo sangue. Harry non usa parole, ma redime con il coltello.
La morte corre sul fiume è un libro complesso e polifonico dove confluiscono più percorsi: la storia nera, il racconto infantile e fiabesco, ma anche l’accusa contro il fanatismo della religione cristiana nel sud degli Stati Uniti.
Il pregio di questo romanzo è averci illustrato, in maniera livida e vivida, le deformità della psiche umana. Questa favola buia ci racconta il modo in cui John e Pearl (i figli di Ben) devono attraversare il pericoloso mondo degli adulti, un po’ come Hansel e Gretel nella loro difficile iniziazione alla vita. Grubb è come se vedesse il mostruoso uscire lentamente dalla singola patologia e allargarsi all’intera società. E’ un efficace gioco di specchi e sorge spontanea una domanda: quell’America cupa e fanatica attraversata dalla colpa e dalla follia da chi può essere salvata?
Approfondimento
Il “segreto” è l’arma più insidiosa che un uomo possa custodire, la più antica e pericolosa, ma anche la più difficile da maneggiare. John non ha alternative e non può fare altro che mantenerlo quel segreto (il luogo in cui il padre ha nascosto il denaro della rapina), perché è stato il padre stesso ad ordinarglielo. Quel padre/padrone che muore abbandonando i figli al nulla. In difesa degli ultimi e dei puri può intervenire solo la morale, anche se non è mai consolatoria fino in fondo.
I due bambini con le loro capacità di sopportazione e resistenza dimostrate nel corso del romanzo diventano metafora del genere umano. Affrontano e superano le vessazioni di coloro che li minacciano in nome di un dio personale e che mettono davanti alla tutela del più debole gli interessi personali, ma il lieto fine, se di lieto fine si può parlare, sarà solo beffardo.
Gabriella Fattarelli
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