Autore: Anne Holt
Pubblicato da Einaudi - Marzo 2017
Pagine: 542 - Formato disponibile: Brossura
Collana: Stile libero big
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Un'inquietante sequenza di omicidi rompe la quiete delle vacanze natalizie in Norvegia. Un filo rosso che si distingue a fatica fra vicende in apparenza irrelate. Yngvar Stubø e Johanne Vik dovranno mettere assieme i pezzi di un puzzle che sembra ogni giorno più difficile da ricomporre. Sarà forse decisivo il contributo della loro Kristiane, ragazzina "speciale" ma piena di risorse?
Erano così vicini da sentire ognuno il respiro dell’altro sulla pelle, a piccoli sbuffi. E come i cattivi pensieri si incapsulano in duri segreti quando non si condividono con nessuno, così entrambi avevano la certezza di custodire una verità di cui credevano l’altro al corrente. E rimasero in quel modo, imbarazzati, senza niente da dirsi.
Mancano pochi giorni a Natale e nel porto di Oslo riaffiora un cadavere: il corpo è quasi irriconoscibile, ma si capisce presto che si tratta di un giovane straniero, probabilmente un ragazzo immigrato finito nel giro sbagliato. La notte della vigilia, a Bergen, una donna viene accoltellata a morte in mezzo alla strada. Non si tratta di una persona sconosciuta, bensì del vescovo della città, Eva Karin Lysgaard, molto benvoluta dalla comunità e dall’opinione pubblica per le sue posizioni liberali. In quegli stessi giorni Johanne Vik, col sostegno non sempre esplicito del suo secondo marito Yngvar Stubø, sta cercando di metabolizzare il grave imprevisto occorso alla sua prima figlia Kristiane, quattordicenne affetta dalla sindrome di Asperger: nel corso di un ricevimento in un hotel del centro, la ragazzina è uscita in strada e ha rischiato di essere investita da un tram, venendo tratta in salvo da uno sconosciuto una frazione di secondo prima di venire travolta. Johanne però sente che c’è anche qualcos’altro a turbarla: la sgradevole sensazione che Kristiane sia osservata, tenuta d’occhio.
Johanne e Yngvar – la prima come criminologa, il secondo come poliziotto – finiranno presto a confrontarsi coi due omicidi: si tratta di due vicende slegate ma i cui contorni sono definiti da un medesimo e inquietante alone d’odio. Quando poi si capisce che l’apparente decesso per overdose di un artista emergente, Niclas Winter, è in realtà un delitto, e quando negli scantinati dello stesso hotel da cui Kristiane si era allontanata viene rinvenuto il cadavere di una donna, Marianne Kleive, scomparsa da settimane, diviene evidente che le indagini debbano andare molto più a fondo. Inoltre l’arrivo di una vecchia compagna di studi di Johanne dagli Stati Uniti fornisce alla profiler una significativa traccia per analizzare il sinistro fenomeno dei crimini d’odio e dei movimenti che in nome di questo perpetrano una brutale e chirurgica violenza verso un particolare bersaglio, quello dell’orientamento sessuale. Intanto la vicenda va avanti, intrecciandosi in modo sempre più stretto alle storie personali di molti suoi protagonisti.
La paura è un poliziesco ben costruito, dall’intreccio articolato e dalla tematica complessa. Anne Holt – la cui biografia pervade con robusta evidenza le pagine del libro – dimostra di padroneggiare il meccanismo narrativo con una certa tecnica, ora creando atmosfere tese e dense di emotività ora dilatando il ritmo per lasciare spazio a descrizioni più intime e ricche di sfumature.
La maggior cifra del romanzo è però l’approfondita e competente disamina sociologica – se non per certi versi sociofilosofica – dei crimini d’odio e delle modalità di violenza organizzata rivolta a specifici bersagli di genere, razza o culto. Un tema estremamente attuale (e a dire il vero un po’ abusato negli ultimi tempi), che la Holt trova il modo di non banalizzare e anzi di rendere efficace anche in senso narrativo. Fa purtroppo da contraltare una risoluzione della trama del tutto priva di pathos, piatta e prevedibile, quasi avulsa dall’architettura stessa dell’intera indagine, che lascia inevitabilmente molto amaro in bocca al lettore e che non fa spiccare questo libro rispetto alla media della vasta produzione del noir nordico.
Ulteriore nota stonata: la scelta di traduzione di rendere col “tu” il registro informale con cui i norvegesi conducono le conversazioni, anche fra estranei. Una soluzione inelegante, che non offre minimamente una maggior genuinità della resa delle formule usate nella lingua d’origine.
Approfondimento
Sono tanti i fili che la Holt dipana attraverso le pagine di La paura e a ognuno di questi corrispondono più o meno alcuni personaggi. A parere di chi scrive è quello che racconta le vicissitudini della famiglia Lysgaard il ritratto più riuscito. Erik e Lukas – rispettivamente marito e figlio del vescovo Eva Karin, una delle vittime portate in scena – sono due anime trafitte da un dolore cieco e macrofago, che però seguono, nell’elaborazione del proprio lutto, due percorsi antitetici. Dove Lukas avvia una personale ricerca sui segreti (sempre supposti e mai rivelati) della propria famiglia, Erik si chiude in una disperazione cosmica, in cui annienta anche il minimo amor proprio tanto da rendersi quasi un “morto in vita”. Una dicotomia che di fatto serve anche al lettore per definire un rapporto intimo e complesso, costruito dalla Holt con invidiabile sapienza e una spiccata attitudine a inquadrare le dinamiche comportamentali e psicologiche delle relazioni familiari.
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