
Autore: Philip Roth
Pubblicato da Einaudi - Aprile 2014
Pagine: 220 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Audiolibro, Brossura, Copertina Rigida, eBook
Collana: Super ET
ISBN: 9788806220037
ASIN: B00AYZN652

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“La vita è solo un breve periodo di tempo nel quale siamo vivi.”
Non sono un uomo felice, non sono un ebreo felice, non sono un figlio devoto, non sono un fratello affettuoso, non sono un amico gentile, non sono un amante sincero, non sono…. Alexander Portnoy vive perché lo hanno messo al mondo, null’altro. Lui semplicemente NON È. In tutta la sua vita, crede e ritiene, di non aver mai vissuto veramente come voleva. Ma poi come voleva? Questo è un romanzo visionario, un personaggio complesso, paradossale e inaspettatamente divertente. Il timore di Alex, di non essere degno, di non essere abbastanza è lo specchio in cui ci riflettiamo ogni volta che la vita ci mette alla prova.

Dottor Spielvogel questa è la mia vita, la mia unica vita e la sto vivendo da protagonista di una barzelletta ebraica! Io sono il figlio in una barzelletta ebraica… solo che non è affatto una barzelletta.
Un lettino da analista, un medico serio e compassato il dottor Spielvogel e poi lui, Alexander Portnoy: giovane, affascinante, con un lavoro prestigioso e una famiglia affettuosa e apprensiva che vuole proteggerlo. Vive nel quartiere ebraico di Newark nel periodo della Seconda guerra mondiale ed è una persona stranissima. La sua infanzia è segnata da una serie di personaggi ed eventi alquanto strani.
Sua madre Sophie è una donna incredibile, così dinamica e presente da sembrare avere il dono dell’ubiquità. Suo padre Jack è un uomo di buon cuore ma perseguitato da una terribile stitichezza. Alex vive la sua infanzia e la sua primissima adolescenza con la ribellione nel cuore. Lui non vuole essere ebreo perché odia lo loro assurde regole, ma non vuole essere un goyim (uomo non ebreo) perché disprezza la loro vita impura. Travolto da questo dilemma e dalla scoperta del sesso, Alexander sviluppa un incredibile dipendenza erotica che cambierà per sempre la sua vita. Sopravvissuto a mille peripezie, fatti insoliti, malattie inesistenti e cento altre incomprensibili avvenimenti, Alex sviluppa la consapevolezza di vivere in mondo reale ma parallelo a quello onirico dove tutto può accadere.
Quando da adulto Alexander si trasferisce a New York, al servizio del Governo degli Stati Uniti, cerca di prendere le distanze dalla sua famiglia, nonostante provi per loro un legame forte, ma non riesce a smettere di essere sé stesso: un uomo solo, schiavo del sesso, senza nessuna empatia per il prossimo. Diventa una sorta di playboy e non riesce a crearsi una famiglia per fare felice se stesso e i suoi genitori. L’esatto contrario di quello che dovrebbe essere un buon figlio/uomo ebreo.
Infine Alexander esausto di una vita sospesa decide di recarsi in Israele per ritrovare se stesso e le sua radici. Il viaggio è una delusione totale, e lui si rende conto di essere andato lontano per sfuggire ad un sé stesso sempre dilaniato ed incapace di decidere tra; chi è, chi dovrebbe essere e quello che vorrebbe diventare. Lamento di Portnoy è il viaggio psicotico di una mente unica. Assurdo e divertente, triste e penoso, noioso e paradossale, Alexander sul suo lettino da paziente ci regala un’allegra lezione sull’infelicità, sul non sapere chi siamo, sul dilemma delle aspettative deluse e del negare sé stessi e nel frattempo vivrà, suo malgrado, una vita incredibile senza rendersene conto.
Approfondimento
Anche quando troveremo la persona giusta, al posto giusto, al momento giusto, ci sembrerà tutto sbagliato. Perché siamo degli idioti.
Vibes_San, Twitter
Alex Pornoy è la persona più assurda di cui io abbia letto sinora. Un libro pieno di pro e contro. La storia, se teniamo conto dell’anno in cui è stato scritto 1969, è geniale. La figura dell’erotomane tragicomico in lotta con la sua identità religiosa e personale è un capolavoro di come una persona possa rendersi infelice da solo.
In pratica Alex non ha bisogno di nessun aiuto. Si punisce, si consola, si mortifica e si tira su di morale da solo. Un perfetto esempio del “bastare a se stessi”.
Leggendo non si può fare a meno di incappare ogni tre parole in un esplicito riferimento sessuale. Certamente nel ‘69 sarà stato uno scandalo pazzesco, ma nel 2022 dopo le prime 150 pagine di parolacce e volgarità gratuite un po’ ci si annoia. Diciamolo francamente: Roth era un genio, ma dopo il ‘50, se si tratta di temi in evoluzione nei propri romanzi, si rischia di essere un po’ ripetitivi. In sintesi quello che un tempo faceva scandalo ora non lo è più.
In realtà questo è un bene. Probabilmente all’epoca ci si è focalizzati più sulla parte “hard” del libro e non sulla sua essenza. Alex Portnoy vive un’esistenza grigia altalenante tra il sesso sfrenato e la lotta estenuante per negare la sua identità: dalla religione, all’empatia, ai legami familiari, ogni cosa che possa “riportarlo” a casa. Allora mi fa simpatia quest’uomo, solo, perché non crede esista nessuno come lui, si vergogna di sé stesso Portnoy e si maledice. Ma forse Alex si è solo smarrito: persino il suo medico non si accorge di lui.
Lamento di Portnoy è un’ occasione per leggere un grande scrittore, ma soprattutto per andare in fondo alla paura, il disagio, i conflitti e le punizioni che viviamo e che ci infliggiamo, condite con ironia, a volte comiche a volte tenere a volte penose, che ci fanno essere più solidali con noi stessi, che ci rammentano che spesso quello che proviamo non è un male isolato e che ci vorrebbe più coraggio per condividere con altri il timore di essere “sbagliati” in qualche modo. Roth ci scrive che: la religione e le tradizioni, le regole e i divieti non possono impedire che le persone crescano e cambino diventando non quello che gli altri si aspettano ma quello che sono dentro.
Antonella Flavio