Autore: Nikolaj Vasil'evič Gogol'
Pubblicato da Einaudi - Maggio 2007
Pagine: 528 - Genere: Classici
Formato disponibile: Brossura
Collana: Einaudi tascabili. Classici
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Il racconto delle avventure di un piccolo possidente di nome Pavel Ivanovic Cicikov, che vaga per la provincia russa in cerca di servi della gleba per arricchirsi.
La formula magica de Le anime morte si nutre di enfatica ilarità, cui segue, cruda, una consapevole quanto penetrante inquietudine: siamo al cospetto di un libro incompiuto, dato alle fiamme dallo stesso Nikolaj Vasil’evič Gogol’, che spesso, specie nella prima parte, sembra divertirsi, e in questo suo gioco strizza in continuazione l’occhiolino al lettore, coinvolgendolo in modo sublime. Però via via che si procede in questo viaggio, il libro acquista spessore e testimonia la stessa sfiducia dell’autore, che si è pur sempre deliberatamente lasciato andare molto, troppo presto, insieme alle sue opere.
Questo viaggio nella Santa Russia parte dalla descrizione di una certa aristocrazia terriera russa, che si lascia soggiogare da uno sconosciuto dalle buone maniere cui tutti aprono le porte delle proprie case. Una delle “fotografie” più forti e divertenti del libro è costituita dalla festa del governatore, con le dame di provincia che quasi si accapigliano per contendersi colui che viene inteso come un’affascinante milionario, in realtà uomo senza lode né infamia, ne brutto né bello, né grasso né magro, di cui non si poteva dire che fosse troppo vecchio ma nemmeno troppo giovane, ma vero traffichino alla ricerca di facili ricchezze, uno che bara con le regole e le leggi dell’epoca, che persegue ciò che oggi chiamiamo salto sociale, ciò che di per se destabilizza, ha il sapore del pericolo, della vera rivoluzione. Uno che non sta alle regole del gioco, e per questo in certi momenti ispira anche simpatia, specie se al gioco vince sempre il banco con carte segnate.
Il viaggio di questo eroe negativo, Cicikov, non è altro che un itinerario in uno spaccato desolante, ed è forse anche un viaggio nel senso stesso della vita, di quello che si fa, che ciascuno di noi fa ogni giorno, al cospetto di un “mondo”, quello descritto da Gogol’ (un “mondo” che non ci pare molto lontano da quello attuale), che sembra in balia di un unico grande valore, il Dio denaro, o meglio il despota dell’affermazione sociale, all’epoca incarnato dal numero di contadini in dote a ciascun proprietario terriero.
Il grande pregio di Le anime morte, occorre dirlo subito, è che le sue tematiche potrebbero essere ribaltate pari pari ai nostri tempi: il pensiero corre, ad esempio, al contesto di dilagante corruzione che alimenta i rapporti umani ed economici, il predominio di un tessuto di regole che vanno oltre le leggi, alle regole stabilite dalla cricca dominante, dove l’ingiustizia la fa da padrona. In questo scenario lo sforzo compiuto dall’autore è quello di chiedersi quale possa essere il senso da dare al proprio agire, per chi è dentro questo vortice che porta affanno per avere di più, per afferrare una posizione sociale, per vivere meglio, per stare un gradino più sopra. Ai nostri giorni non si comprano anime, né vive né morte, ma l’interrogativo a cui non si può rifuggire è identico. Quali sono i valori a cui improntiamo la nostra esistenza? Gogol’ sembra persino mettere nel piatto alcune risposte, lasciandoci però inviluppati a tu per tu con il nostro bagaglio personale di sensazioni e di esperienze.
Nel suo viaggio stratagemma alla ricerca delle anime morte, Cicikov ha modo di deridere e disprezzare il parassitismo dei proprietari terrieri, che distruggono anziché costruire, l’immobilismo di coloro che non sanno dare corpo, concretamente, alle cose che fanno (dar frutto alla terra). Sembra prendersela con un percorso pedagogico inappropriato e in molti casi fuorviante, con i cattivi maestri della amata Russia, con la minaccia incarnata dai bisogni e valori occidentali (simboleggiati dagli usi e costumi della città, di San Pietroburgo) che avanzano inesorabili (e la Francia è avvertita sempre come la culla dell’effimero e del perverso, da questo punto di vista). Sembra scagliarsi contro la forma più ingannevole di parassitismo, ossia il ripiego sull’inclinazione letteraria, quale simulacro di una vita di fatto inconsistente, quella di coloro che hanno in mente la scrittura di una grande opera ma che poi restano, in un perenne immobilismo, alle prime pagine (Tenteknicov), coloro che persi nella propria passività abbandonano anche l’impegnativo percorso dei sentimenti.
In questo contesto emergono anche alcuni punti fermi, come la figura di Kostanzoglo, il proprietario terriero che sa dar frutto alle proprie terre, che ci si impegna con passione, che trova in quello che fa una reale realizzazione dl proprio essere, anche a prescindere dal nudo e crudo ritorno economico, personaggio che si erge per la sua fierezza con una forza ed una caratura quasi inumane, fino a mal digerire la compagnia dell’incapace (Chlobuev) per più di qualche minuto.
Approfondimento
Il nostro Cicikov è un eroe scorretto, è falso e ingannatore, ricorre allo stratagemma e alle buone maniere per farsi largo e per conseguire il proprio obiettivo, e qui si pone una domanda basilare, ossia, fino a che punto sia contestabile il suo agire, in un mondo iniquo, imperlato di classi impermeabili, in cui l’ingiustizia, allora come adesso, la fa da padrona, è legge. Ma una legge così fragile, fatta di rapporti e di bassezze tra adepti, che tutto il sistema sembra andare in corto circuito per una semplice falla aperta da uno sconosciuto accolto unanimemente come uno della cerchia e forse ancor più, un milionario.
Un sistema, quello descritto da Gogol‘, che ci sembra molto affine a quello dei nostri giorni, poiché il mondo sembra girare sempre allo stesso modo, cambiando solo la forma e poco la sostanza del senso delle cose. Il libro o quello che del libro si è potuto ricostruire, si chiude, così, senza offrire una precisa risposta, ed è anche questo per assurdo uno dei piani di modernità dell’opera, poiché a questo dilemma l’umanità intera probabilmente ancora molto ha da lavorare. Il nostro eroe ci saluta su una soglia di estatica incertezza, pur essendosi fatta largo una delle soluzioni possibili, adombrate dall’autore, ossia la via religiosa per la redenzione (via professata dal potente Murazov). Una via che Cicikov non crediamo prenderà mai, affannato com’è, non appena ottenuta la scarcerazione, al pensiero dei propri averi e del proprio agognato frac con stoffa fumo e fiamme di Navarrino.
Antonio Mastroberti