Autore: Karine Tuil
Pubblicato da Frassinelli - Settembre 2015
Pagine: 350 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Copertina Rigida
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Samuel, Samir e Nina. Un triangolo fatto di storie e di vite che si intrecciano le une con le altre, abbracciandosi e gettandosi sul fondo di un baratro costellato di menzogne, falsità, sotterfugi. E tutto per cosa? Per riuscire a sopravvivere con la giusta maschera in una società che chiede a gran voce.
Sono voluto andare fino in fondo, quindi ho rispedito il mio curriculum a una decina di studi legali con il mio nome scritto in alto a sinistra: SAM TAHAR. Avevo tolto soltanto due lettere inutili, non tradivo nessuno, ci ho provato. E la sai una cosa? Dopo una settimana sono stato convocato a tre colloqui di lavoro.
Quanto conta il proprio passato? Molto, è ciò che stabilisce ciò che sarà il proprio futuro.
Samir Tahar lo sa bene: una piccola menzogna, due semplici lettere tolte da un nome che gli sarebbe costato caro. Le sue origini arabe sarebbero state scoperte. Ci ha provato Sam, e non ha potuto far altro che constatare che la società in cui viviamo desidera solo trovare il perfetto capro espiatorio per gettare fuori la paura di scorgere il marcio, che esiste ed è come un parassita, pronto a lasciarsi ospitare nelle anime dei più malleabili.
Sam ha costruito la sua vita sulla menzogna per rincorrere l’ambizione di sfondare nel campo legale: è un avvocato con moglie e figli, la sua famiglia, ebrea, lo crede appartenente allo stesso credo, non sa di quella doppia vita che lo porta a cercare continuamente la carne giovane, fresca e profumata di ragazze a malapena maggiorenni che adora conquistare. Può provare amore una persona così triste? Sì, per Nina, l’unica donna della sua vita, ma non sua moglie. Vent’anni prima lei ha fatto la sua scelta: o Sam o Sam. Ha scelto Sam, quello vero, quello a cui Samir si è ispirato per costruire la sua vita immaginaria. Samuel Baron, amico fraterno, aspirante scrittore, figlio di una colta famiglia ebrea, è lo stampo di una vita che Samir non ha vissuto, ma della quale si è appropriato. E le bugie, alla fine, si scoprono sempre, talvolta non comportano grandi conseguenze, talvolta fanno cadere l’impalcatura di una facciata perfetta quanto effimera.
La storia offertaci da L’invenzione della vita di Karine Tuil ha molto da insegnare: rinunciare alla propria identità o scendere a compromessi per inseguire la famelica necessità comportata dell’ambizione, è quanto più di sbagliato si possa fare. Si inizia con l’avere tutto, ma si finisce col rimanere da soli, schivati e additati.
Qual è il problema de L’invenzione della vita? Il fatto che i personaggi descritti, praticamente solo tre, non abbiano assolutamente niente di positivo. Si finisce per odiarli, si finisce quasi per compiacersi delle loro sconfitte e dei loro dolori, perché sì, ognuno di loro se lo è meritato. Ottimo, invece, lo stile di scrittura impostato sul flusso di coscienza, permette di entrare alla perfezione nella mente dei personaggi in gioco e ambientarsi nella situazione. E forse è proprio questo il problema: non si desidera vivere in prima persona la vita di questi personaggi.
Approfondimento
La fede religiosa che ogni individuo abbraccia è una scelta sacrosanta e personale, che non ha bisogno di spiegazioni né giustificazioni, purché rimanga nei limiti della legalità e della libertà personale. Però mentire sulla propria fede, in un mondo come quello in cui ci troviamo a vivere, può avere risvolti negativi, specialmente se parliamo di Islam: Samir, arabo e musulmano, ha paura per primo della propria fede, perché si rende conto che l’America e la New York in cui ha deciso di fare fortuna, sono terrorizzate da chi la professa.
Nonostante siano passati gli anni, la tragedia delle Torri Gemelle è ancora viva e dolorante negli animi dei newyorkesi. E forse, proprio per questo motivo, quando si viene a scoprire che il fratellastro di Samir, tenuto nascosto a famigliari e amici, ha abbracciato la corrente islamica più estremista, il primo a rimetterci è proprio il facoltoso e benestante avvocato, proveniente da Parigi, che dichiara di essere ebreo da quando la Grande Mela lo ha accolto a braccia aperte. E le conseguenze sono terribili.