
Autore: Pajtim Statovci
Pubblicato da Frassinelli - Luglio 2016
Pagine: 256 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Copertina Rigida

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Una giovane donna nella Jugoslavia degli anni '80, un ragazzo finlandese omosessuale. Un boa domestico e un gatto parlante. Due storie che si intrecciano per dar vita ad un racconto sull’immigrazione e l’integrazione, la ricerca di se stessi e lotta ai pregiudizi.

Volevo credere che cedevo perché, in fondo, siamo soltanto animali. Non possiamo farci niente, è nei tratti fondamentali della nostra natura.
La storia, anzi le due storie che si intrecciano in L’ultimo parallelo dell’anima, trovano il loro inizio nella vita di Emine. Giovane donna musulmana che sposa un uomo che non ama ma che le viene imposto e che già il giorno del matrimonio le fa capire, con uno schiaffo, che ad aspettarla non ci sarà né affetto né rispetto ma solo infelicità e quella sensazione di appartenere a qualcuno, di esserne sua proprietà. L’uomo la vede un giorno e va a chiederne la mano ed Emine non ha alcuna voce in capitolo, soprattutto alla luce del fatto che la sua famiglia è povera mentre quella dell’uomo che la vuole è ricca. Un classico matrimonio combinato per interessi insomma. La donna prova a essere comunque una buona moglie e quando allo scoppio della guerra scappano e scelgono di andare in Finlandia, Emine è sicura che lì suo figlio potrà crescere come un ragazzo normale e non come un emarginato etichettato da emigrato e quindi da evitare. Ma anche questa è un’illusione, ed essere gay, oltre che immigrato, non fa altro che peggiorare le cose per il figlio: è praticamente una condanna alla solitudine e all’emarginazione. Quella profonda e dolorosa che può ucciderti dentro.
Nella Helsinki dei giorni nostri, Beqim, il figlio, ora uomo, per cui Emine sperava una vita migliore, vive costantemente a disagio, vive l’umiliazione, vive il senso di smarrimento che gli è cresciuto dentro. Vive la sua omosessualità in modo un po’ confuso e incerto. Alla fine della guerra di tanto in tanto si tornava in Kosovo, per poi tornare in Finlandia, perché nessuno di loro apparteneva più a quel mondo musulmano ormai. Con amaro dolore però era necessario ammettere che, in fondo, non appartenevano nemmeno alla Finlandia. Gli immigrati sono diversi lì.
Beqim ha paura dei serpenti, da piccolo i suoi peggiori incubi erano popolati di serpenti che lo attaccavano, ma adesso ne ha uno domestico. Ha anche un amico; un gatto parlante e beffardo che dopo una relazione bizzarra e surreale lo lascia di nuovo solo ad affrontare il distacco e il passato.
Ho tanto sperato che L’ultimo parallelo dell’anima mi prendesse, ma purtroppo non l’ha fatto fino in fondo. L’ho sperato perché io credo profondamente nell’integrazione e nell’uguaglianza. Credo nel diritto di ognuno di amare chi vuole e credo che siamo tutti umani, indipendentemente dal nostro nome o dal colore della nostra pelle o dalla nostra provenienza. Ci credo così tanto che ho racchiuso le mie convinzioni in un tatuaggio che sta sul mio braccio destro e di cui vado estremamente fiera. Quindi quando letto la trama ho pensato che fosse il libro adatto a me, ho pensato di essere in grado di apprezzarlo fino in fondo ma mi sono sbagliata.
L’ultimo parallelo dell’anima è un libro importante e impegnativo. Insegna molto e forma molto eppure qualcosa non mi ha convinta. Credo, oltre a qualcosa di generale che svolazzava tra le righe, che siano stati i dialoghi troppo diretti e frettolosi e la narrazione troppo cruda e priva di ogni “ghirigoro” ad avermi creato qualche difficoltà. Sia bene inteso, un libro non deve essere prolisso o perdersi in giochi letterari o giostre narrative per essere bello, ma questo tratta già un tema fin troppo duro e, per me, un po’ di “romanzo” tra le parole vere e forti sarebbero state meglio.
Nonostante questo però riesco comunque a capire, obiettivamente, che si tratta di un bel libro, di un’opera prima che merita un plauso. Di un ragazzo giovane che forse ha trovato la sua casa in questo tipo di narrazione o che forse come il protagonista del suo libro, la sua casa la sta ancora cercando.
Il serpente, incubo di quando era bambino, e il surreale gatto parlante sono evidenti metafore, sono rappresentazioni della personalità complessa del protagonista, quasi un superamento delle proprie paure, un trovarsi più a proprio agio in situazioni anormali (un gatto parlante e un boa domestico…). Mostrano la sensibilità e il talento dello scrittore ma a me purtroppo non lasciano molto.
Tuttavia ai lettori capaci di grande sensibilità e anche di grande curiosità consiglio L’ultimo parallelo dell’anima.
Questo è un romanzo che sicuramente è unico e si discosta dal mare di libri/fanfiction a cui le case editrici ci stanno abituando ultimamente. Un applauso a Frassinelli che ha raccolto la sfida e ha pubblicato un libro che è un vero libro. Cosa che non è così scontata di questi tempi.
Approfondimento
Appuntamento con come ti trasformo questo libro in una serie tv o in un film? Onestamente non ne ho idea. Credo che una serie tv non sarebbe l’ideale, ma un bel film di quelli meravigliosi creati da registi indipendenti e coraggiosi sì. Per quanto riguarda gli attori io riesco a immaginare solo un viso: Jordan James Gavaris. Sì è un greco naturalizzato canadese, niente a che vedere con la Jugoslavia o la Finlandia, ma chi guarda Orphan Black forse capirà la mia scelta.