Autore: Sarah Stewart Johnson
Pubblicato da Sperling & Kupfer - Febbraio 2021
Pagine: 320 - Genere: Autobiografico, Fantascienza, Saggi
Formato disponibile: Copertina Rigida, eBook
Collana: Varia
ISBN: 9788820070007
ASIN: B08V893Q63
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Pochi secoli fa Marte era solo un minuscolo punto di luce sopra le nostre teste, poco più di un'idea; negli ultimi cinquant'anni gli uomini ne hanno setacciato la superficie e il sottosuolo attraverso telescopi, sonde, satelliti, lander e rover spaziali, una corsa all'esplorazione senza precedenti. Perché proprio Marte? Perché un pianeta dove non piove da due miliardi di anni, dove non esistono fiumi, laghi e oceani, la cui superficie desertica è rotta da spaccature profonde come abissi, ricoperta da una sabbia finissima che si solleva in vasti mulinelli nella sottile atmosfera color bronzo? In un tempo che non appartiene alla memoria dell'uomo Marte somigliava molto di più alla Terra, poi, tra i tre miliardi e mezzo e quattro miliardi di anni fa, i loro destini hanno imboccato strade diverse. È forse questa la chiave dell'attrazione che il pianeta rosso ha esercitato sulle menti e le fantasie degli uomini.
Se poi si possa probabilmente stimare nella Luna o in altro pianeta esser viventi e vegetabili diversi, non solo dai terrestri, ma lontanissimi da ogni nostra immaginazione, io per me, né lo affermerò, né lo negherò, ma lascerò che più di me sapienti determinino sopra ciò.
Il titolo del libro, Marte. L’ultima frontiera, ci introduce subito in quello che sarà l’argomento principale e fondamentale trattato all’interno delle pagine del testo, cioè la storia, le ricerche e le scoperte susseguitesi negli anni, sullo studio di Marte, su quel pianeta che, da sempre, forse più di tutti gli altri nell’universo, ha attratto generazioni e generazioni di curiosi, studiosi e scienziati.
L’interrogarsi su cosa c’è oltre la terra, se siamo davvero solo noi a popolare l’universo, se esistono altre forme di vita aveva già, nel corso del 1600, interessato Galileo Galilei che, con il suo telescopio, aveva esplorato ogni angolo e centimetro del cielo. Ma se Galileo aveva aperto la strada verso nuove scoperte, non da meno fece Schiaparelli, astronomo e ingegnere italiano che, nella seconda metà del XIX secolo, osservando Marte, aveva notato delle formazioni rettilinee, i cosiddetti “canali”, che indurranno a far nascere l’ipotesi che la superficie di Marte fosse stata, forse in epoca remota, solcata da corsi d’acqua naturale.
Con il passare degli anni, con l’avvento di nuove tecnologie, i metodi, gli strumenti e le macchine per indagare il pianeta rosso, migliorarono e aumentarono in maniera esponenziale. Ma perché proprio Marte? Perché Marte aveva sempre affascinato curiosi e studiosi?
Si voleva scoprire quanto più possibile su questo pianeta, un pianeta che per molte cose, era simile alla Terra. Marte è quello che un tempo era stata la terra, conoscere Marte è un po’ come scoprire e riscoprire il nostro passato, studiare il pianeta rosso è come fare un salto indietro nel tempo, immaginare come potesse essere stata la Terra, milioni e milioni di anni fa, prima che i due pianeti si evolvessero in modo diverso. Molti deserti terrestri hanno una conformazione morfologica simile a quella di Marte e proprio in quei luoghi, all’interno del libro, si eseguiranno esperimenti, si raccoglieranno reperti di rocce e di sedimenti per studiarli e analizzarli in laboratorio.
Proprio allo studio di questi materiali si dedicherà, per parte della sua vita, Sarah Stewart Johnson, autrice e protagonista del libro. Alla storia, alle scoperte e alle varie spedizioni su Marte, si alternano spesso degli excursus sulla storia e sulla vita personale dell’autrice, planetologa, che fin da piccola, aveva sviluppato una grande passione, trasmessa dal padre, per tutto ciò che riguardava il cielo, le stelle, l’universo, lo spazio. La sua vita era sempre stata una continua ricerca ed esplorazione, cercare delle risposte, avventurarsi verso l’ignoto, con tutti i rischi che ne derivavano.
Tra le pagine di Marte. L’ultima frontiera, ci imbattiamo in descrizioni e in veri e propri mini racconti sulla vita e sulle avventure che interessarono alcune sonde spaziali, sulle loro fasi di ideazione, di creazione, di monitoraggio e di atterraggio ma comprendiamo anche l’ansia, la preoccupazione e l’eccitazione scaturita in chi vi aveva riposto studio, fatica, lavoro e ricerche.
Mariner 3 e 4, Viking, Phoenix, Opportunity e Curiosity, sono solo alcune delle sonde citate, molte fallirono, molte portarono a smentite e confutazioni ma molte diedero risultati davvero inattesi e sorprendenti.
Osservare dalla terra ciò che c’era su Marte era qualcosa di meraviglioso, qualcosa di straordinario, vedere per primi, attraverso le fotografie scattate, quello che prima di loro molti scienziati avevano solo potuto ipotizzare o immaginare, era un privilegio per pochi, un’esperienza sovrumana che dava sì risposte ma soprattutto stimolava a nuove domande e nuove ricerche.
Approfondimento
Se non esistessero i fiori, riusciresti a immaginarli […] in altre zone dell’universo è facile da realizzare, esiste tutto ciò che io non riesco ancora a immaginare.
Questi pochi versi della canzone dei Bluvertigo (Altre forme di vita – 1997), chiariscono molto bene quello che è il focus del libro della Johnson, il tema principale su cui è basato tutto, cioè la continua ricerca, la ricerca incessante di qualcosa che è al di fuori di noi, la ricerca dell’ignoto, la ricerca e la scoperta di qualcosa che va oltre la nostra mente, oltre l’inimmaginabile, oltre il visibile all’occhio umano, il desiderio di scoprire e di credere che oltre noi, oltre quello che noi possiamo vedere o immaginare, c’è altro.
Attraverso gli studi del passato, grazie alle ricerche dei predecessori, la scienza continua incessantemente il suo lavoro, cerca di porsi domande e vuole dare delle risposte, vuole superare i limiti umani. Se è vero che noi esseri umani utilizziamo solo una piccola parte del nostro cervello, se con l’immaginazione riusciamo a ipotizzare diverse realtà, è con lo studio, con la scienza e con gli strumenti e le risorse adeguate che possiamo superare i limiti, quei limiti imposti dalla società, dalla religione, dalle istituzioni, dai tempi; “Fatti non foste a vivere come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza” , scriveva Dante nel canto XXVI dell’Inferno, riferendosi ad Ulisse e al suo voler esplorare il mondo, alla sua decisione di non ritornare ad Itaca ma di continuare il suo viaggio per mare, di spingersi oltre l’ignoto, di varcare e superare le colonne d’Ercole, il limite estremo del mondo fin ad allora conosciuto. Il suo desiderio, così come quello di tanti, è di cercare sempre nuove risposte, arricchire le proprie conoscenze, spingersi sempre un po’ più in là, scoprire nuove teorie, nuovi luoghi e perché no, nuovi mondi, riversare nell’altro, nell’inesplorato, nell’ignoto nuove possibilità, nuove aspettative e nuove speranze, la speranza, forse, di qualcosa di migliore dove potersi rifugiare.
Simona Signoriello