Autore: Francesca Magni
Pubblicato da Bompiani - Maggio 2022
Pagine: 240 - Genere: Autobiografico
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Narratori italiani
ISBN: 9788830105966
ASIN: B09ZF2VZWR
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Francesca Magni raccoglie i frammenti di un’esperienza comune a tanti di noi – veder “tornare bambini” coloro che ci hanno messi al mondo, accettare di non avere le forze per assisterli – e costruisce un racconto fatto di tentativi, smarrimenti, affioramenti improvvisi di una memoria che non si arrende al silenzio ma cerca ostinatamente la salvezza della condivisione. Di fronte a un padre presente ma ormai lontanissimo, queste pagine cantano l’inconoscibilità radicale e insieme la profonda intimità che ci unisce ai nostri genitori, perché “non possiamo essere niente, se prima non abbiamo certezza d’essere figli”.
“E comunque, papà, una cosa la so. Siamo stati vicini senza saperci stringere davvero, perciò ora ti scrivo, o dovrei dire ti riscrivo. Ma è tardi ormai, anche il mio dolore è in ritardo. La tuamiastoria è come quei cieli che promettono una pioggia torrenziale e alla fine fan solo poche gocce, grosse e distanziate, una qua una là, senza bagnare niente.
E se alzi gli occhi, le nubi sono già più in là.”
Non possiamo essere niente, se prima non abbiamo certezza d’esser figli.
Un giorno, all’improvviso, nel buio della notte accade qualcosa capace di sconvolge la vita di un’intera famiglia, che si trova a doversi confrontare con una malattia che distrugge e unisce allo stesso tempo, nel delicato periodo in cui dilaga una pandemia mondiale, quando le fragilità si fanno più forti e le certezze cominciano a vacillare. Una corsa contro il tempo per cercare di salvare il salvabile: una figlia e madre a sua volta, che con amore e coraggio prende la decisione di accogliere in casa un padre profondamente malato, corpo ancora integro e mente evanescente, imparando l’arte del prendersi cura nelle sue molteplici sfumature. Dover chiedere aiuto nella gestione paterna a persone venute da lontano, accettare compromessi con sé stessa, trovare nuovi modi di comunicazione che vanno oltre le parole, cuore a cuore, convivere con i vuoti di memoria, l’insonnia e le coreografiche abitudini del mattino, mettere in lista d’attesa il padre per una casa di riposo per anziani. Frammenti di straordinaria quotidianità, che testimoniano l’evoluzione del complesso rapporto tra genitori e figli: un legame profondo e indissolubile, che non si può scegliere ma è destinato a durare per l’eternità, anche se talvolta il destino può essere imprevedibile e giocare a invertire i ruoli…
Questa è la storia di un padre e di una figlia, che parte dalla fine per arrivare all’inizio, perché la vita si vive andando avanti, ma si comprende solo se si ha il coraggio di voltarsi indietro.
Approfondimento
C’è qualcosa di peggio? Peggio del cervello che perde i neuroni e si sbriciola privandoti di quello che sapevi fare meglio, privandoti delle abilità minime necessarie alla vita, dell’autonomia, della dignità.
Qualcosa di peggio dell’averti qui che sei tu e non sei più tu, come un fico rimasto sull’albero e succhiato dagli uccelli. C’è qualcosa di peggio di quello svuotarti lentamente?
Il padre, un tempo chirurgo affermato, grande appassionato di motori e di stornelli goliardici in rima, personaggio eclettico e dall’indole creativa, diviene improvvisamente uno sconosciuto agli occhi della figlia.
L’Alzheimer cancella la sua memoria, elimina i volti e le persone, dissolve progressivamente i ricordi e conduce il genitore in una dimensione quasi surreale, oscura e misteriosa come può essere la notte, tema ricorrente e metafora implicita della morte, che assume un’accezione diversa in ognuna delle tre parti che compongono il romanzo Non so la notte.
In un’alternanza di momenti sereni e momenti cupi, tristi e dolorosi, dettati dalla malattia che non sembra concedere tregua, Francesca Magni ci accompagna alla scoperta di cosa significhi veramente essere figli, in quel contesto anomalo dato dalla pandemia e dalle molteplici misure per il contenimento del contagio, tra protocolli sanitari, norme da rispettare e mascherine, che celano sorrisi e aumentano le distanze fra le persone.
Un contesto estremamente attuale, dominato dal Covid-19, che ha costretto ognuno di noi a fare i conti con sé stesso, modificando profondamente abitudini di vita e rapporti sociali.
Sono cresciuta con una certezza: se qualcosa si fosse rotto, tu lo avresti riparato.
Oggetti, elettrodomestici, motori, automobili, corpi.
Francesca Magni mette insieme i frammenti del giorno che le ha cambiato per sempre la vita, ricostruendo il rapporto con il padre attraverso una successione di ricordi, istantanee e suggestioni, che le consentono di confrontarsi con quella sorta di “obsolescenza programmata” che accomuna le vite di ciascuno di noi, con grande tenacia e determinazione, perché la forza, come l’amore, è direttamente proporzionale ai problemi da affrontare, alle sfide che ogni giorno la vita ci presenta al risveglio.
Un padre e una figlia, diversi ma complementari: lui la medicina, lei la narrazione.
Scienza contro letteratura: discipline che si integrano a vicenda, prendendosi rispettivamente cura del corpo e della mente. Combinazioni magistrali che si incastrano alla perfezione, dando vita all’essere umano.
Ma cosa significa veramente prendersi cura?
E rifletto su questo verbo riflessivo che necessita dell’aggiunta di un “di chi”.
Meraviglie della lingua, che infila in un’espressione così essenziale un universo di movimenti in due direzioni: la cura da me a te, che prendo su di me. Me ne faccio carico e poi quella ritorna: elementare e inesorabile.
Se mi prendo cura di qualcuno, quella cura anche me.
Il prendersi cura rappresenta il perno su cui è incentrato Non so la notte, che si manifesta principalmente nel rapporto tra genitori e figli: un gesto dall’inizio alla fine, che talvolta può procedere anche a ritroso sulla linea del tempo. Un’eco d’amore che resta impigliata nel cuore, anche di fronte a una malattia totalizzante, a un padre assente e agli ostacoli più improbabili della vita.
Esistono diversi modi di prendersi cura dell’altro: baci, abbracci, carezze, gesti affettuosi e parole capaci di arrivare diritte al cuore, perché per prendersi veramente cura di una persona che amiamo bisogna essere in grado di sentirla sulla propria pelle, poco importa se questa non ci riconosce più, se è distante oppure persa nel vuoto…
Una forma di comunicazione più intima personale, una lingua che si esprime attraverso il linguaggio dell’empatia e della speciale complicità che nasce tra esseri simili.
E allora, una malattia come l’Alzheimer può divenire il punto d’incontro tra il genitore e la figlia, che per qualche strana ragione del destino si sono allontanati l’uno dall’altra. Prendersi cura del padre, accudirlo e stargli accanto in questo momento cruciale della sua vita significa, per la figlia, avere una nuova occasione di recuperare il rapporto con lui, rinsaldando quella frattura che aveva incrinato il loro legame.
Non so la notte è un romanzo insolito, che colpisce per la struttura innovativa e per l’incredibile leggerezza con cui affronta un argomento delicato come può essere il rapporto tra genitori e figli, parlando indirettamente sia di vita che di morte, naturale transizione di ogni essere vivente e meta essenziale del viaggio della vita.
L’autrice utilizza di frequente metafore e arditi parallelismi, che contribuiscono a creare una scrittura quasi ermetica, restituendo un racconto fatto di immagini e sensazioni fortemente evocative.
Il lessico variegato ben si adatta ai differenti contesti descritti, con spunti di approfondimento che si susseguono per tutta la narrazione e ci invitano ad “andare oltre”.
Un romanzo toccante e commovente come un abbraccio.
Un racconto di una dolcezza disarmante, che incanta e sconvolge insieme, lasciandoci in sospeso a riflettere su quel complesso rapporto tra figli e genitori che, qualche volta, finiscono per tornare bambini, inspiegabilmente.
E l’esperienza personale di Francesca Magni rende questo libro ancora più vivo e autentico.
Genitori e figli, più uniti che mai anche nella malattia.
Anna Tavernini