Autore: Federica Bosco
Pubblicato da Mondadori - 2013
Pagine: 358 - Genere: Narrativa rosa
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Omnibus
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Cristina perde improvvisamente lavoro, casa e fidanzato. Non c'è altra soluzione se non tornare a vivere con mamma e papà (insieme da quarant'anni e mielosamente innamorati) Ce la farà la Cristina a riappropriarsi della sua vita?
Cristina è la trentaduenne più sfortunata dell’Universo. Tradita dal proprio fidanzato storico Lorenzo, finita in ospedale per aver ingurgitato una quantità eccessiva di valeriana e licenziata, nello stesso giorno, da Rossana, una vipera conduttrice televisiva di una trasmissione locale poco conosciuta, vede in se stessa la personificazione umana della sfiga. Ad aggravare le sue angosce per un’esistenza già troppo tormentata, arriva lui, il medico che tutte vorrebbero, l’uomo dai bicipiti scolpiti e il sorriso mozzafiato che con il suo carisma e la battuta sempre pronta sembra essere caduto da una nuvola di zucchero filato: Marco Montecchi. E per Cristina, sapere che il suo amore proibito è già felicemente accoppiato con una dottoressa dall’animo nobile e altruista di nome Stefania, è l’ennesima freccia che le trafigge il cuore portandola a detestare la sua vita. Se ci aggiungiamo due genitori che si chiamano tra loro “Cip” e “Ciccetta” come fossero ancora in fase adolescenziale, un fratello gemello che sembra essere uscito da un giornalino di “Focus” e una migliore amica, Carlotta, insegnante di yoga e specializzata nella ricerca di segnali nell’universo, allora per Cristina la vita non è solo un tormento, ma una vera e propria lotta per la sopravvivenza.
Per questo, con l’animo gonfio di falso altruismo e gli occhi pieni di amore non corrisposto, Cristina vive giorno per giorno una vita che sembra ignorarla per poi sghignazzare rumorosamente alle sue spalle. Un chiaro esempio è l’imbarazzante trasmissione televisiva intitolata “Un giorno da…” al quale è costretta a partecipare sotto l’insistenza di Rossana, dove finge di impersonare un mestiere a lei totalmente estraneo per intrattenere il pubblico o, ancora, la conoscenza di Alberto, intimo amico di Marco e Stefania, la cui personalità farebbe perdere perfino la voglia di giocare ad un bambino. Digrignare i denti e accettare la realtà che la deride è, per Cristina, l’ordine del giorno mentre sperare di essere felice e vivere l’amore dei suoi sogni un’utopia irrealizzabile. Troppo impegnata a complicarsi la vita e formulare domande che rimangono senza risposta, Cristina ignora i messaggi che l’universo cerca disperatamente di inviarle, avvicinandola sempre di più ad MM, ricoprendola di fama e popolarità e soprattutto aiutandola a raggiungere l’obiettivo più importante: essere se stessa.
Federica Bosco con Non tutti gli uomini vengono per nuocere non fa altro che mostrarci la Cristina che è in ognuno di noi: la donna che ha studiato tutta la vita per vedere i suoi sforzi vanificati a causa dell’insano sistema italiano, tradita da un fidanzato egoista per poi scoprirsi sempre più spaventata e intimorita dall’amore, consapevole di essere circondata da poche persone fidate da cui ricercare continuamente consigli, cosciente di non riuscire a guidare, la propria vita, autonomamente. Sorprendente nell’ambito letterario per aver pubblicato una serie di successi, da Mi piaci da morire, Cercasi amore disperatamente a S.O.S Amore premio selezione Bancarella, al più recente Un Amore di Angelo (pubblicati dalla Newton Compton), esordisce anche con la Mondadori nel 2012 pubblicando Pazze di me, della cui versione cinematografica, per la regia di Fausto Brizzi, è co-sceneggiatrice.
Parlando in prima persona è impossibile non immedesimarsi nella protagonista e, se vogliamo, non innamorarci di Marco Montecchi, il principe azzurro che tutte sogniamo di avere nella nostra vita ma rimane lì, perso chissà in quale strada dei nostri pensieri, quasi sempre senza tom tom per raggiungere la destinazione del nostro castello. Leggendo l’ultimo rigo di questa storia ho avuto l’impressione di abbandonare, con questo libro, una amica. Imparando a pensare come Cristina, ridendo con lei delle sue battute e delle sue figuracce, sono rimasta piacevolmente sorpresa dallo stile narrativo dell’autrice che autorizza i personaggi a sentirsi liberi da qualsiasi schema, rendendoli, in definita, l’espressione più concreta della realtà che ci circonda senza esagerazioni o banalità tipiche dei romanzi poco sentiti e fomentati di niente. Cristina, capitolo dopo capitolo, cambia se stessa adattando le proprie speranze alla concretezza della realtà che ha avuto modo di sperimentare, abbandona i pensieri frivoli e tipici dell’insicurezza per abbracciare un futuro più consistente, dominato se non dalla felicità, almeno dalla sicurezza della propria persona. E’ forse ammettendo le nostre debolezze che riusciamo a costruire la nostra sicurezza? Cristina non ha mai risposte, agisce e affronta la vita aspettando una ricompensa che non le è dovuta ma, alla fine, arriva.
Eleonora Mandese