
Autore: Jarett Kobek
Pubblicato da Fazi - Agosto 2020
Pagine: 500 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Le meraviglie
ISBN: 9788893255899

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Tra sesso, droga e sregolatezza, due amici percorrono la strada che li porterà a trovare il loro vero talento e a emergere tra i fumi dell’anonimato in un mondo che vedono con occhi disillusi e critici.

Iniziai un’autobiografia romanzata e poco velata dei nostri undici anni a New York…la maggior parte dei capitoli sarebbero state biopsie di eventi e di persone. Avevamo conosciuto personaggi bizzarri e avevamo vissuto nel posto giusto al momento giusto.
Settembre 1986. Dopo la morte dei suoi genitori Baby decide di trasferirsi a New York e di dimenticarsi del suo paesino nel Wisconsin dove non riesce ad esprimere la sua vera personalità. Vuole liberarsi di tutto: della casa, dei suoi fratelli, del suo passato, anche del suo nome; vuole lasciare che la sua mente e il corpo che è costretta a portarsi dietro possano percorrere tutte le strade che più solleticano i suoi sensi.
New York l’accoglie con la sua moltitudine di persone, un caleidoscopio di macchie multicolori, indifferenti l’una all’altra, che si muovono ognuna col suo ritmo, dando vita a un quadro unto di depravazione, nefandezza, menefreghismo che sniffa già dal primo momento che i suoi piedi toccano il suolo sacro della metropoli più variegata del pianeta.
Oh, New York, io amavo la tua gente. Erano tutti così belli. Molti di loro erano orribili, davvero osceni, con denti schifosi, ma anche i brutti erano bellissimi! Oh, ero in paradiso.
Nonostante vaghi, rapito per le strade variopinte della città, assaporando con gli occhi lo squallore che gli si para davanti, si rende conto che per appartenere alla Grande Mela innanzitutto ha bisogno di un posto dove stare. Ha un numero di telefono in mano. Pigia sui tasti con la speranza di trovare una sistemazione almeno temporanea in attesa di riuscire a muoversi con più spigliatezza nella città, ma bastano poche ore per capire che aria tira tra le quattro mura fatiscenti dove il suo contatto telefonico, completamente fatto, a malapena si accorge di lui. Dopo essere stato derubato del suo zaino viene soccorso da una ragazza più o meno della sua età, che gli da un alloggio e che diventerà la sua migliore amica, l’unica vera in realtà. Adeline, questo è il nome della giovane, si trova a New York per sfuggire alla sua famiglia, ricca da far schifo, ma che lei a malapena sopporta. Accoglie Baby da subito, forse perché gli ricorda suo fratello Emil, suicidatosi tempo prima.
In compagnia di Adeline Baby comincerà a muovere i primi passi insicuri in quel mondo che pare fatto su misura per lui. Finalmente non deve più nascondere la sua omosessualità, finalmente può vivere la sua vita come più gli aggrada.
Tornai verso casa …distrutto dalla terribile sensazione di libertà, di liberazione assoluta e sregolata. Non quelle stronzate dei principi fondativi dell’America, ma una libertà più primitiva, la libertà di vivere oltre i margini.
Approfondimento
Per me leggere Oggi è già domani è stato parecchio complicato perché più di una volta ho dovuto fare i conti con la mia coscienza che si disgustava davanti alla maggior parte delle scene descritte. Quella rappresentata è una società costituita da persone prive di ogni criterio: assassini, spacciatori, tossici, alcolizzati, uomini e donne a cui l’unica cosa che interessa e strafarsi e fare sesso col primo che capita.
Quello che più mi ha intristito è che ciò che ruota intorno alla storia personale dei due ragazzi non è del tutto frutto della fantasia di Jarett Kobek. Incuriosita dall’enorme mole di nomi e vicende, sono andata a spulciare su Google, e mi si è aperto davanti un mondo che forse avrei preferito ignorare. Devo dire che sono rimasta colpita più da Kobek che dalla trama, dal suo passare con nonchalance dalla letteratura, al cinema, alla musica, ai fatti di cronaca.
I personaggi che Kobek dipinge, i protagonisti del romanzo, inizialmente sconvolgono con il loro autodistruggersi. Pare quasi che siano insensibili a tutto ciò che non soddisfi il loro piacere. Man mano che la storia va avanti si capisce che questo loro modo di fare deriva dal non reggere “il troppo” che hanno dentro che preferiscono mascherare da nulla pur di non doverlo affrontare. Però non sono degli automi; la loro umanità emerge concretizzandosi nei sentimenti che provano l’uno per l’altra, nella tenerezza e nelle attenzioni che riservano al piccolo Emil, figlio di Adeline, che vogliono preservare da tutto questo annichilimento a dimostrazione che, anche se da nessuna parte viene asserito, loro sono i primi a credere in qualcosa di diverso da tutta la decadenza che hanno attorno.
Jarett Kobek è sicuramente uno degli scrittori più graffianti che mi sia mai capitato di leggere. Ed è per il suo stile, per la sua cultura enciclopedica che non riesco a dare un voto insufficiente a questo romanzo nonostante tutto ciò di cui parla mi faccia ribollire il sangue nelle vene.
Aira Ria