
Autore: Lucrezia Lerro
Pubblicato da La nave di Teseo - Giugno 2019
Pagine: 184 - Genere: Narrativa Italiana
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Oceani

📗 Acquista scontato su ibs.it
📙 Amazon (spedizione gratuita)
📗 eBook su ibs.it
📙 Versione Kindle
Roma, 4 dicembre 1951. Un militare è stato ucciso da cinque colpi di pistola, il suo nome è Luigi Linzio. La colpevole È Francesca Rilo, moglie dello zio del giovane. Le cause sono ancora da accertare.

Una storia raccontata a doppio filo: da una parte Luigi Linzio, morto giovane a causa della zia, e dall’altra parte sua nipote Leda (figlia del fratello di Luigi), che sembra non essersi mai ripresa dalla morte dello zio e cerca in tutti i modi di fare luce sulle reali motivazioni di questo omicidio.
Un viaggio a ritroso nel tempo e nelle memorie di Luigi e di Leda, come lei stessa testimonia nel libro: “in silenzio ho imparato a cercarti, tra fotografie, microfilm, fascicoli”. Un viaggio che la porta ad analizzare quasi ossessivamente e duramente non solo il suo passato (lettura data anche dalla condizione di povertà in cui era costretta a vivere) ma anche quello dello zio, che si era spostato al Nord per cercare una nuova vita, forse più redditizia e spensierata.
Tutto il libro inoltre è permeato da un continuo tentativo da parte di Leda di richiamare la figura dello zio attraverso alcune somiglianze che nota tra loro, come l’infanzia infelice o il tentativo di creare una vita altrove, lontano da una famiglia che faceva dello sgarbo e delle urla la propria quotidianità. Un filo rosso sembra unirli lungo tutta la ricerca, condizionando l’umore di Leda.
Più lontano di così è un viaggio negli archivi, nei documenti, nei luoghi del delitto e nella vita delle persone collegate a quel fatto e che dopo anni si ritrovano a dover rispondere alle domande di una nipote che non ha accettato la verità portata avanti dalla famiglia, sopratutto la parte che abitava al Nord.
Approfondimento
“Le lacrime e la disperazione non mancano mai nella quotidianità di chi ha avuto un’infanzia infelice”: queste parole esprimono al meglio la situazione emotiva della protagonista, incastrata in una spirale di depressione, dolore e sofferenza che appesantisce l’intero e lo rende a tratti difficile da apprezzare nelle sue mille sfaccettature.
Tuttavia la scelta dell’autrice di creare due linee narrative parallele richiamando in prima persona lo zio defunto di Leda permette di comprendere al meglio il legame molto forte che condividono, inoltre la comparsa sempre più frequente di lettere o aneddoti di Luigi ci permette di sentirci più vicini e coinvolti nella ricerca archivistica, e non solo lontani osservatori quasi disinteressati. Una ricerca che comporta scoperte spesso non piacevoli legate non solo all’omicidio (come un rapporto medico autoptico crudo e dettagliato circa le condizioni del corpo dopo la sparatoria) ma anche a quello che è successo dopo, molte persone infatti hanno semplicemente rimosso l’accaduto dalla loro mente.
Più lontano di così nasconde anche una non tanto velata critica alla famiglia di Luigi, colpevole non solo della povertà sempre lamentata nel libro ma anche di segreti profondi che hanno portato alla distruzione dei legami familiari e alla morte di un membro forse scomodo e considerato fulcro di tutti i loro problemi. Lo scopo della protagonista diventa quello di ripulire questa eredità pesante che in un certo senso l’ha sempre segnata ma vuole anche dimostrare la sua rivincita personale e professionale ottenuta dando importanza ai libri e allo studio.
Alice Chiesurin