Autore: Marco Vichi
Pubblicato da Guanda - Giugno 2021
Pagine: 368 - Genere: Noir, Narrativa Italiana
Formato disponibile: Copertina Rigida, eBook
Collana: Narratori della Fenice
ISBN: 9788823526839
ASIN: B094P1CVFZ
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Siamo a Firenze, nel marzo del 1970, la Pasqua è vicina e pochi giorni separano il commissario Bordelli dal compiere sessant’anni e dall’andare in pensione.
“Be’, se davvero per quegli ultimi nove giorni non accadeva nulla… Ci avrebbe messo la firma, non voleva rischiare di lasciarsi alle spalle un caso non risolto.”
Ma una giovane e bellissima ragazza viene trovata morta nel bosco. L’ultimo caso del commissario Bordelli ha il ritmo di un countdown e il mistero di un cadavere del quale nessuno pare conoscere l’identità.
Un nuovo caso per il commissario Bordelli, l’ultimo.
A soli nove giorni dalla pensione, quando Bordelli sta già pensando a cosa mettere negli scatoloni, a cosa raggruppare come ricordo di una carriera e cosa lasciare invece lì, sulla scrivania, il cadavere di una giovane donna viene trovato vicino al fiume. Di lei non si conosce nulla, nemmeno l’identità; l’unica cosa che emerge è che la morte è avvenuta per droga e che, forse, la ragazza avrebbe potuto essere salvata.
I colpevoli dovevano essere puniti, non era possibile che la facessero franca. Sentì il bisogno di dirlo a voce alta.
«Vi troverò e vi farò condannare.» Era il suo ultimo caso, questa volta davvero. Voleva chiudere la sua carriera nel modo giusto, per non avere rimorsi.»
E, ovviamente, il commissario non può permettersi di abbandonare il campo senza prima risolvere un caso sulla carta impossibile (ricordiamoci che siamo nel 1970, coi mezzi del 1970), ma che vedrà qualche spiraglio grazie a una serie di casi fortuiti, e porterà alla luce una scomoda verità
«E lei, padre, crede nel demonio?»
«Credo che in quanto a crudeltà, il diavolo in confronto all’uomo sia un novellino»
L’indagine del commissario Bordelli, sembra essere più che altro un pretesto per raccontarci gli ultimi giorni di lavoro del commissario: i suoi pensieri, il suo continuo ritorno ai ricordi. I suoi rapporti con le comparse del romanzo: dalla fidanzata (o quasi) Eleonora, alla quale Vichi regala il dono dell’ironia (oltre che della bellezza, dato che le donne qua paiono essere tutte belle e, soprattutto, quella bellezza è necessario che venga sottolineata a “ogni angolo”…)
Il commissario era contento che piangesse, e non perché le belle ragazze quando piangono sono ancora più belle.
Al bel personaggio di Rosa, l’ex prostituta ora amica di Bordelli, appariscente e schietta nel suo essere l’adorabile bambina che puntava i piedi, anche solo per scegliere il film da andare a vedere o il ristorante dove cenare (ristoranti e cibo hanno un ruolo importante e, forse, non solo di “addobbo” all’interno del romanzo di Vichi, come in molti dei gialli italiani degli ultimi anni).
Alla Confraternita del Chianti, quel gruppetto composto dagli uomini del mondo di Bordelli, ognuno con le sue caratteristiche ben evidenti e ben delineate, che si ritrova per cucinare, mangiare e cimentarsi in una sorta di Decameron, dove ognuno racconta una storia e alla fine tutti brindano a suon di Chianti, appunto. Pretesto questo per inserire nel romanzo una serie di brevi racconti, spesso riferiti al periodo della guerra, alcuni dei quali con una sorta di morale.
Nel mentre il commissario continua a ripeterci la sua fretta di risolvere il caso, continua a spiattellarci la sua data di scadenza, ma quella fretta si intuisce poco da fatti. Una certa lentezza nello svolgersi delle indagini e il continuo perdersi sulla strada dei ricordi o dei pensieri per il futuro imminente sembrano sempre prendere il sopravvento sul proseguo dell’indagine stessa.
Ragazze smarrite pare non trovare una vera direzione. È certo un noir, dato che abbiamo un mistero, un cadavere, un qualcosa da scoprire: ma le piste i testimoni sembrano solo un’occasione per raccontarci dei personaggi, per completare la fauna del romanzo stesso. Ragazze smarrite parla di un uomo, Bordeli, che legge romanzi e parla di poesia (la poesia qua ritorna spessissimo: dall’avventore al bar, dalla madre del commissario e da un personaggio del quale non posso parlarvi per non fare spoiler), un uomo alle prese con un capitolo della vita che si sta chiudendo (e quindi con uno nuovo che si aprirà): e forse questa è la parte migliore, anche se il continuo ripetersi di alcuni pensieri e considerazioni lo rende a tratti pesante e inutile.
La prima passeggiata da sessantenne, la prima pasta al pomodoro da pensionato…
Ragazze smarrite è un romanzo che ci fa vedere una certa figura di donna, quella che forse in quegli anni (inizio anni Settanta) cominciava a rivendicare un ruolo, ma che si trovava anche a dover fare i conti con un mondo non ancora pronto ad accogliere la sua richiesta.
Forse era anche colpa di come era organizzato il mondo, che da sempre offriva così poco alle giovani donne piene di vita… e quando la povertà andava a braccetto con la bellezza, l’alternativa alla schiavitù del lavoro duro poteva essere la schiavitù ai piaceri e ai vizi dei maschi. Eh sì, nonostante la ribellione dei giovani, dovevano cambiare ancora molte cose. E il cammino era lento, lentissimo. Era scoraggiante. E quando ci scappava una ragazza morta, era tutto ancora più triste…
Vichi, a mio avviso, ricorre a troppi “spiegoni” (da lettrice preferisco sempre che ciò che succede mi venga fatto vedere e che non vengano sottolineati dettagli o movimenti sterili per il proseguo della storia) e a dialoghi che in alcuni tratti appaiono inutili e che si sarebbero potuti evitare con una o due frasi descrittive. Oltre ad alcune locuzioni banali e scontate che in un romanzo non vorrei mai trovare.
Probabilmente questo è un libro che, pur essendo conclusivo e a sé stante, dovrebbe leggere chi ha già letto le precedenti avventure di Bordelli per ritrovare personaggi già noti e per trovare l’epilogo di un personaggio amato.
Approfondimento
Io non ho letto i precedenti nove romanzi che hanno come protagonista il commissario Bordelli, ma posso dire che a lui non sono riuscita ad affezionarmi. Come non sono riuscita a farmi coinvolgere da un’indagine che pare andare avanti a colpi di fortuna più che a vere scoperte.