
Autore: Hungry City, Philip Reeve
Pubblicato da Mondadori - 2013
Pagine: 326 - Genere: Fantasy
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Chrysalide

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In un mondo post-apocalittico, le città sono enormi marchingegni volanti che si nutrono di città più piccole. Per un caso il giovane Tom riesce a salvare la vita al capo della Corporazioni degli Storici, al prezzo di precipitare giù dalla città.

Oggi si sa, i distopici vanno di moda, come i vampiri prima e gli erotici poi. The Hungry City di Philip Reeve è un libro che non è riuscito a suscitare particolari stati d’animo mentre lo leggevo, né a coinvolgermi al 100%. La storia si svolge in un futuro post-apocalittico (fin troppo classico), più precisamente dopo una guerra lampo di proporzioni atomiche che ha stravolto l’intero globo. Da allora i superstiti vivono in città semoventi. Nel nostro caso i protagonisti vivono a Londra, una delle più grandi unità “Trazioniste” così si chiamano nel libro, che per sopravvivere a “mangia” città più piccole.
Già questo mi aveva convinto poco, poi facendo delle ricerche ho scoperto che questo libro risale al 2004. Il primo esordio si chiamava “Macchine Mortali” adesso ripresentato come “The Hungry City” naturalmente per sfruttare la scia del successo di Hunger Games, libro che ha riacceso la passione per questo tipo di letteratura, come Twilight dette via al boom dei vampiri in versione adolescente. Per entrare nello specifico, la storia parla di Tom, un orfano delle classi meno abbienti che vuole diventare uno storico. Il suo idolo, neanche a dirlo, è Valentine, lo storico più rinomato e apprezzato di tutta Londra. Durante un tentativo di omicidio proprio verso quest’ultimo, Tom riuscirà a salvarlo, ma il risultato sarà quello di essere spinto giù dalla città assieme a Hester, l’artefice del tentato omicidio, il cui volto è sfigurato.
Dopo essere volati giù da Londra, i due si ritroveranno in un ambiente ostile, il terreno è fangoso ed è difficile sopravvivere, ma la cosa che rode l’animo del giovane orfano è un’idea che lentamente prende sempre più piede nella sua testa: e se fosse stato Valentine a spingerlo giù? Ma soprattutto, perché? Non posso dirvi di più se questo breve excursus sulla trama vi ha incuriosito. Ma quello che mi turba è il “salto generazionale” e lo spostamento del “potenziale di target” pensato da Mondadori; mi spiego meglio: quando uscì dieci anni fa, il libro fu ritenuto valido per un target di bambini pre-adolescenti, ovvero quella fascia d’ètà compresa fa i 9 e i 12 anni. Oggi viene “rivenduto” agli young adult. Il caso si presta a svariate interpretazioni: prima i bambini erano sopravvalutati, magari oggi gli adolescenti sono sopravvalutati e necessitano di una letteratura più soft (cosa che mi terrorizza avvalorando le tesi che la cultura del libro va perdendosi sempre più fra i giovanissimi)
A mio avviso ci vorrebbe più attenzione alle campagne di sensibilizzazione verso la cultura in generale, puntando ovviamente su prodotti di qualità letteraria che escano dai soliti schemi. Il problema è che le fiction a stampo stupido/adolescenziale vendono davvero bene, perfino una realtà giovane come la Icaro ha avuto modo di sperimentarlo nel campo del lavoro.