Pubblicato da Marsilio - Febbraio 2019
Pagine: 240 - Genere: Politica
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: I Nodi
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Matteo Renzi, a tre anni dalla storica sconfitta del Referendum Costituzionale, alla luce degli ultimi risultati elettorali e della confusione e debolezza della sinistra italiana, traccia un bilancio e proietta la sua analisi verso il futuro; indicando una via possibile per ripartire - forse -.
Un’altra strada ha due sfighe.
La prima è colpa del curatore di questo blog, che sordidamente me l’ha appioppato in coppia con un libro su Andreotti – che sarebbe come dire, guarda ho due biografie da recensire, una di Gadda l’altra di Fabio Volo, me le fai entrambe?
– Sadico –
La seconda è che s’incastra in una serie di libri revanscisti della – ahimè – pseudosinistra italiana che tornano a capo coperto di cenere ad ammettere gli errori e a pontificare su ciò che sarebbe auspicabile fare o non fare per ripartire dalle proprie sconfitte.
Sa di piccolo, sa di già sentito.
Se a Calenda davo per sbaglio il beneficio del dubbio, anche se penso che la sinistra non possa mai nella vita ripartire da un ex stipendiato di Ferrari e Confindustria – scusatemi, datemi un momento di nostalgia comunista – a Matteo Renzi fatico davvero dal profondo del mio cuore a dare ancora credito. Più leggo le sue parole, più sento un tono, una superbia, una rabbia viziosa che proprio né il cuore né il buongusto riescono a tollerare.
Buon dio, che mai ci sarà scritto in questo libro?
Niente di sinistra. Niente di innovativo.
Fin dal principio. Quando in apertura viene messa una citazione di Michael Jordan. (Non la vedete la mia espressione in questo momento, ma è simile a quella di Mastroianni in apertura di otto e mezzo, quando lo sceneggiatore gli rende conto dei suoi appunti).
Dalla premessa
A quarantaquattro anni sono già un ex. Ex di molte cose. Ho un curriculum fitto di incarichi inattesi, inimmaginabili anche nei sogni più belli di un giovane liceale fiorentino. Nessuno mi porterà via tutto quello che in questi dieci anni abbiamo fatto, dalle sfide vinte nella mia città all’esperienza dell’esecutivo, premier più giovane e governo tra i più longevi dell’esperienza repubblicana.
Dal proseguo delle premesse
Certo, abbiamo perso una battaglia storica che mirava a semplificare le istituzioni e renderle più moderne. Se fossero passate quelle riforme, oggi l’Italia sarebbe più forte: lo sanno tutti, lo ammettono tutti.
Dal suo giudizio sulla sinistra
Una certa sinistra, all’interno e all’esterno del mio partito, non ha mai accettato i risultati delle primarie che per ben due volte mi hanno visto vincitore e non ha mai digerito neanche l’esperienza di governo riformista che ha segnato l’Italia nel quadriennio 2014-2018.
Eccetera eccetera eccetera.
Potrei andare avanti per pagine e pagine, ma per il mio senso di decenza mi impongo di fermarmi qui. Perché il resto è un attacco agli altri e una difesa a se stesso attraverso una falsa modestia e una falsa umiltà costantemente smentite da un mai sopito sentimento di rivalsa. Come si dice, sotto la cenere ancora brucia la fiamma – e questa fiamma è priva di ogni volontà di autocritica.
Ma, come si suol dire, su questo libro ho da dire anche cose negative.
Tralasciamo lo stile volutamente POP, e la scelta di piazzare per ogni capitolo una citazione a caso, presa, incollata e deflagrata come una doppietta di versetti messianici alla Nostradamus, che dovrebbero insieme chiarire e amplificare il messaggio da lì a poco espresso.
Tipo, per dire:
“È la paura che ci rende pazzi” – Papa Francesco
Eh… vabbè…
Ma andiamo ancor più al nocciuolo, togliamo lo stile fabiovolistico dell’amico che ti racconta di quella volta che; togliamo le citazioni in stile fabiovolistico dell’amico che non te la condivide sul tuo profilo, ma ti tagga sulla sua foto perché i mi piace li vuole lui…
Quando Renzi fa analisi sociopolitiche, fondamentalmente, non solo sbaglia, ma di nuovo dimostra quanto la sua sinistra viva altrove, lontana dal paese reale.
Il successo di Trump è figlio dell’unione tra il sentimento della nostalgia e una sua cugina cattiva: la paura.
Tralasciamo il senso che alla nostalgia viene appioppato in questa frase, concentriamoci sul senso dell’intera analisi. Renzi ancora dimentica – come ha fatto il suo partito, in Italia e nel mondo – quelli che Federico Rampini ha definito “i penultimi”, ovvero la classe medio-bassa della cittadinanza, i maschi, bianchi, sulla soglia dell’indigenza, che però non sono una minoranza e non hanno alcuna disgrazia da far compatire in televisione se non la loro vita normale e senza futuro.
Quelli che hanno votato Trump (la rust bell) e che hanno votato lega.
Quelli che negli anni settanta avrebbero votato se non comunista almeno a sinistra.
Renzi, so che gli elettori della lega non le stanno simpatici, ma sono pur sempre cittadini della nazione che lei vorrebbe governare, e bollarli come ignoranti e preda di paure insensate imboccatagli dai populisti è in toto ciò che la sinistra non solo non dovrebbe dire, ma non dovrebbe neanche pensare.
E via discorrendo. Siamo di fronte a un volume impregnato di cose che la sinistra non dovrebbe fare.
E allora.
Per parafrasare Bonolis, che detesto per quanto si sprechi nel trash, e che alla Leopolda ha fatto una bella battuta, consegnando a Renzi un poncho degli Intillimani e dicendogli “almeno avrai qualcosa di sinistra”…
Ebbene
Renzi,
la prego
Provi almeno a dire qualcosa di sinistra una volta tanto.
Approfondimento
Ah, devo approfondire? Vi approfondisco con un amaro, amarissimo monologo teatrale di Giorgio Gaber. Un monologo bellissimo e triste, dura dieci minuti, si intitola “Qualcuno era comunista”.
Ascoltatelo e capirete il mio sconforto.
Ah, e questo libro dite? Si intitola “Un’altra strada”, e invece è sempre la solita. Perché un monologo del 1992 ancor oggi fa lo stesso effetto d’allora.
Luca Viti