Autore: William Ernest Bowman
Pubblicato da Corbaccio - Settembre 2016
Pagine: 159 - Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Exploits
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Il resoconto esilarante della scalata alla vetta più alta del mondo, il K.O., della più strana squadra di alpinisti mai vista; tra mille disavventure, il racconto della spedizione più spassosa di tutti i tempi!
Nell’immaginario Yogistan svetta imponente il picco del K.O., alto ben 40.000 piedi (circa 12.200 m) mai conquistato. Sotto la guida del capospedizione “Legaccio”, una squadra di sette intrepidi alpinisti britannici tenta la difficile scalata. Troviamo il diplomatico e linguista Constant, scelto espressamente per le sue capacità relazionali ma incapace di farsi comprendere dai locali; il fotografo Shute che tenta invano di immortalare l’impresa; l’esploratore esperto di radio e ricognizioni Jungle, incapace di trovare l’orientamento e dato per disperso più volte; il medico esperto di ossigeno Prone, perennemente in stato di prostrazione; lo scienziato Wish alla spasmodica ricerca di una qualche scoperta che lo faccia ammettere alla Royal Society e Burley, il responsabile dei vettovagliamenti decisamente poco portato per il gravoso compito.
Insieme alla variegata squadra, 3.000 portatori yogistani, intelligenti e scaltri, gli unici davvero in grado di superare gli ostacoli sul loro cammino grazie ai cospicui incentivi in denaro; tra loro Chao Chao, Chao Pury’o, NehSuhn e il famigerato cuoco Pong. Compito dell’ingenuo ma determinato Legaccio è mantenere unito questo gruppo di sbadati e quanto mai approssimativi scalatori attraverso difficoltà per lo più causate da loro stessi.
Il progetto prende il via dopo tre mesi di frenetici preparativi e già dalle prime battute ci si scontra con difficoltà a dir poco improbabili: i portatori che si presentano per l’ingaggio non sono 3.000 ma 30.000, questo perché la parola in yogistano per dire tre è identica a quella per dire trenta, salvo una specie di grugnito nel mezzo, ed era ovviamente impossibile esprimere il grugnito per telegramma.
Dopo aver nutrito e pagato i portatori che minacciavano di saccheggiare il treno, finalmente la spedizione può partire con in 3.000 prescelti. Attraverso gole, vallate, letti di fiumi dove non mancano gli incontri con la fauna locale come il capro espiatorio, la noia barbosa e i cani bastonati, arrivano, dopo trenta giorni, sulla cima del Rankling La, di fronte al massiccio del K.O. Da lì, 20.000 piedi sopra un ghiacciaio, approntano il prima campo base.
Il racconto dell’ascesa è caratterizzato da una comicità devastante: la squadra si oltrepassa a vicenda senza accorgersene, arrancando in circolo, a causa della bussola che puntava sempre a nord. Gli alpinisti cercano di comunicare tra loro attraverso la radio. Senza capirsi e dando vita a conversazioni assurde, finiscono a uno a uno dentro crepacci sollazzandosi con lo champagne, perdendo intere giornate nell’intento di riprendersi dagli sforzi fatti, avvicinandosi e allontanandosi continuamente dalla meta.
Il buon Legaccio, sempre positivo ma del tutto ignaro di ciò che gli accade intorno, incoraggia i compagni e grazie alla sua sollecitudine scopriamo poco alla volta la vita privata dei sei uomini, con le loro storie di mancati fidanzamenti, dubbi amletici, strane carriere e aspirazioni. Il finale, sicuramente non scontato, è perfettamente lineare con il racconto e non può che strapparci altri sorrisi.
L’umorismo che pervade La conquista del K.O. rende il libro irresistibile: mai eccessivo o banale ma contenuto, una satira incisiva in puro stile inglese. La lettura è scorrevole, leggera, coinvolgente, anche grazie all’espediente narrativo utilizzato da William Ernest Bowman: far parlare in prima persona il capospedizione. Il personaggio di Legaccio è una figura insostituibile, sia a livello narrativo che di trama: tutti gli errori e le difficoltà causate da questa compagnia di incompetenti e mal coordinati sono sempre da lui scusati o attenuati dagli sforzi che vede loro compiere o dalla natura avversa o ancora da particolari circostanze a loro estranee e questo, da comico, diventa quasi commovente.
Con questo campionario completo di “antieroi” Bowman ci regala una parodia imperdibile e unica nel suo genere.
Approfondimento
Negli anni ‘50 vennero scalati per la prima volta quasi tutti gli 8.000 e a tre anni dalla conquista dell’Everest uno sconosciuto ingegnere inglese, tale William Bowman, scrive The ascend of Rum Doodle (La scalata dello scarabocchio strambo), con l’evidente intento di prendersi gioco dei serissimi resoconti di tali spedizioni. Questa satira dissacrante è stata da subito accolta con grande entusiasmo, tanto che è considerato a tutti gli effetti un libro di culto, un classico delle letteratura di montagna.
Scritto in uno stile semplice, auto-ironico, porta il lettore tra i picchi innevati immergendolo da una parte nell’atmosfera suggestiva dell’ambiente e dall’altra nelle situazioni surreali della compagnia, tra discussioni interminabili, allegre nottate a base di alcolici e canzoni improvvisate, strane osservazioni scientifiche e tutta una lunga serie di paradossi regalando al lettore ore di spensierato piacere.
Sabrina Bizzarra Rambelli